Parrocchia B.V. Maria del SS. Rosario
dei Padri Leonardini dell'Ordine della Madre di Dio
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DOMENICA 23 SETTEMBRE 2018
GESÙ DOMANDAVA AI SUOI DISCEPOLI: «MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA?» MARCO 8,29
Dal Vangelo secondo Marco (9,30-37)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
La pagina di Marco ci presenta Gesù che cammina con i discepoli e annuncia, in modo riservato: “Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”. È la seconda volta che Gesù parla, esplicitamente e chiaramente, della sua Passione. La parola del Maestro non trova nessuna risposta, anche perché i discepoli hanno ben altro da pensare, i loro interessi si limitano a chi sia “più grande”. Il loro silenzio è carico di vergogna, si sentono scoperti nell’intimo. “Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande”. Prospettive completamente opposte: per Gesù è la via che porta alla Croce per giungere alla gloria della
Pasqua, alla pienezza della vita, per i discepoli è la corsa al primato, ad essere più grandi. E qui Gesù, da grande pedagogo, non solo non perde la pazienza o rimprovera, ma riporta tutti a farsi servi, ultimi: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Servo è la parola chiave di chi vuole essere discepolo. La corsa nella vita per servire, per accogliere i più deboli, i più poveri. E dalle parole al gesto di mettere al centro un bambino e abbracciarlo. Allora i bambini erano i più abbandonati, i più poveri e Gesù indica a tutti la via da seguire. Forse anche io, come i discepoli, resto nel silenzio di vergogna, perché corro per i primi posti.
Grazie a Mauro Lopizzo per il commento al Vangelo.
P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)
AL CENTRO
Alcuni giorni fa sono stato invitato nel suo studio da p. Raffaele, il quale mi ha comunicato, con il suo modo gioviale e garbato, che sarebbe stato felice se avessi fatto un commento sul vangelo secondo Marco. Non vi nascondo la mia meraviglia e comunque ho accettato e scopiazzando qua e la, ho scritto quello che segue:
Gesù prende con sé i discepoli e "cammina davanti a loro", come un pastore che guida le sue pecore, anche se questa volta appare come un amico che apre il suo cuore ai suoi amici più intimi. Perché questi amici non lo comprendono? La risposta è semplice: perché il loro cuore e la loro mente sono lontani dal cuore e dalla mente del Maestro; le loro ansie sono altre rispetto a quelle di Gesù, e il loro cuore batte per ben diverse preoccupazioni. Come possono capire stando così distanti?
Infine, perché comprendano bene quello che vuol dire, prende un bambino, lo abbraccia e lo mette in mezzo al gruppo dei discepoli. È un centro non solo fisico, ma di attenzione, di preoccupazione, di cuore. E ne spiega immediatamente il motivo: "Chi accoglie uno di questi bambini, accoglie me". L'affermazione è sconvolgente: nei piccoli, negli indifesi, dei deboli, nei poveri, nei malati, in coloro che la società rifiuta e allontana potete trovarmi. Tutto questo dovrebbe farci riflettere sulle nostre scelte quotidiane.
Mauro Lopizzo
Campi Scout
Come ogni anno, quest’estate le attività scout del gruppo San Ferdinando 1, attivo nella nostra parrocchia, si sono concluse con i campi estivi.
La peculiarità dello scautismo sta nel fatto che la proposta educativa viene fatta all’aria aperta, quindi non c’è scautismo senza uscite e senza campi.
Quest’anno le attività hanno visto coinvolte tutte le fasce d’età e quindi tutte le branche secondo le specificità di ognuna e così, il 22 luglio, dopo un’accurata preparazione una parte del gruppo è partita, destinazione Parco dei monti picentini sull’altopiano di Verteglia, nel comune di Montella.
I Lupetti, bambini dagli 8 agli 11 anni, accompagnati dal capo branco Leonardo e dai suoi aiuti Michele e Raffaele, hanno svolto le loro attività nei pressi del rifugio Verteglia pernottando in struttura e vivendo una settimana entusiasmante fatta di giochi, di storie e di condivisione, dove ogni bambino lontano dalle comode abitudini di casa e sotto la guida di capi preparati, ha vissuto autentiche gioie e momenti di crescita non riproducibili in nessun altro modo se non quello delle Vacanze di Branco.
Esploratori e Guide (ragazzi e ragazze dagli 11 ai 16 anni) sotto la giuda dei rispettivi capi riparto Giuseppe ed Angela ed i loro aiuti, e condotti spiritualmente dal nostro assistente p. Luigi Murra, hanno svolto separatamente maschi e femmine le loro attività all’ombra delle faggete di cui l’altopiano è ricco, in un contesto sicuramente essenziale: acqua fredda di sorgente, sole e pioggia, cucina sul fuoco e quanto la natura aveva da offrire.
La proposta educativa, che attraverso le attività di costruzione, i giochi, i momenti di preghiera e di riflessione personale, ha visto i ragazzi aggiungere tasselli importanti nella crescita, gareggiando e confrontandosi con gli altri, condividendo notti in tenda o sotto un cielo stellato attorno al fuoco, mattine umide piene di gioia, pranzi semplici cucinati con le loro mani e giornate scandite dalla preghiera come costante lode a Dio per quanto di bello ogni giorno ha saputo offrire.
In questo contesto le Scolte (ragazze dai 16 ai 23 anni), hanno vissuto il loro Campo di Servizio mettendo a disposizione le loro doti e capacità, sotto la guida della capo Fuoco Federica, la quale sintetizzava con momenti di riflessione la loro presenza viva, vera ed efficace al campo, sperimentando la gioia di utilizzare il proprio tempo e le proprie energie a vantaggio del sorriso delle più piccole.
Invece, per i Rover (ragazzi dai 16 ai 23 anni) l’attività estiva è stata il loro Campo Mobile svoltosi in Calabria nel parco nazionale della Sila. È stato un campo itinerante (zaino in spalla), che partiva da Camigliatello Silano dove si è fatto poi ritorno l’ultimo giorno dopo aver raggiunto la vetta del monte Botte Donato (1928 mslm).
In questo contesto di vita rude dove tutto è precario, i ragazzi accompagnati dal Capo clan Stefano e dal maestro dei novizi Raffaele, hanno potuto vivere l’essenzialità del cammino, la gioia della strada metafora della vita e la comunità, che quest’anno è stata al centro della tematica: “se la strada si fa dura tutti insieme è un’avventura”.
Tutte le attività svolte e brevemente descritte, hanno certamente lasciato una traccia nei cuori di ogni ragazzo e di noi capi; in fondo sono piccoli semi che attraverso lo scautismo vengono seminati.
Se tu che leggi ti stai chiedendo perché andiamo in montagna, beh, la risposta è semplice: perché il creato parla del Creatore e vivere a così stretto contatto con esso è il nostro modo per avvicinarci al mistero di Dio.
Certo, ad età diverse diversa è la sensibilità, ma il cuore non dimentica e, se da un lato la natura apparentemente ostile ci aiuta a riconoscere umilmente che anche noi siamo creature, dall’altro le gioie vissute al campo rimandano costantemente a Dio che ci vuole Felici.