Parrocchia B.V. Maria del SS. Rosario

San Ferdinando di Puglia (BT)

  
  
  

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      DOMENICA 2 GIUGNO 2019

     


    ASCENSIONE DEL SIGNORE GESU'


     

    GESÙ DISSE AI SUOI DISCEPOLI:«ECCO IO MANDO SU DI VOI COLUI CHE IL PADRE MI HA PROMESSO...»LUCA 24,49

    02062019Dal Vangelo secondo Luca (24,46-53)

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

    Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

     

    il parroco scrive

    Il vangelo di questa domenica ci riporta alle ultime battute del Vangelo secondo Luca, brano che prepara il cammino della Chiesa raccontato negli Atti degli Apostoli. Cammino di uomini e donne che, con il cuore colmo di Spirito, annunciano la gioia del Vangelo. Cristo ascende, sale al cielo, si reca lì dov’è il Padre. Non possiamo continuare a vivere una vita con lo sguardo basso, rivolto al nostro “ombelico”… l’ascensione apre a noi prospettive nuove, ci dice che il Cristo apre a noi la strada per il cielo, lì dove ha preparato una dimora per noi.

    “Di questo voi siete testimoni”. Ciascuno di noi è invitato in questa domenica a ricordarsi che la vita dev’essere testimonianza, che siamo invitati a vivere ogni giorno la presenza di Dio in mezzo a noi. Siamo testimoni, dice Gesù, testimoni di una vita nuova che ci è donata nella sua passione e risurrezione, testimoni della misericordia vissuta. Proviamo a chiederci: la nostra vita, le nostre scelte, il modo di vivere e custodire le relazioni sono veramente testimonianza della nostra fede?

    Ed ecco che i discepoli tornano a Gerusalemme, tornano nel cenacolo, nel tempio, tornano nella città che ha visto condannare il Maestro, dove la persecuzione minaccia la vita di quanti professano il nome di Gesù… tornano nella città per vivere la loro fede nel quotidiano con gioia e lode. Ed è qui che il Signore invia loro “colui che il Padre mio ha promesso”. Gesù che ascende al cielo non ci lascia soli, ci dona il suo Spirito, ci riveste dall’alto con una vita ricca della sua benedizione perché possiamo benedire la nostra vita e imparare a farne una vita da discepoli, capace di gratitudine

    p. Luigi Murra

     

     

     

      

    "PIÙ COMUNITÀ"

    Messaggio dell’Arcivescovo
    in occasione della 53ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

     

    02062019 2Carissimi, domenica 2 giugno celebreremo la solennità dell’Ascensione del Signore, uno degli eventi più rilevanti della nostra fede scaturito nel solco aperto dalla Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Tantissimo abbiamo da riflettere, meditare e, ancor prima, da pregare dinanzi a Colui che ascende. Comprensibilmente, qui non è possibile richiamare tutti i tesori di verità contenuti in questa solennità. Ma non deve passare inosservato che Gesù, il Vivente, il Risorto, tornando al Padre, indica come la nostra esistenza non si esaurisce nella dimensione terrena; siamo infatti proiettati inevitabilmente in un altro ordine di grandezza, quello dell’eternità, nella quale la nostra vita trova in Dio la sua compiutezza e perfezione. E, forse, l’invito a ‘volare in ‘Alto’ insito nell’Ascensione ad avere portato la Chiesa a collocare in questa solennità la celebrazione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, di cui, domenica 2 giugno, vivremo la 53^ edizione, sul tema “‘Siamo membra gli uni degli altri’ (Ef 4, 25). Dalle social network communities alla comunità umana” . Faccio a tutti l’invito a leggere il messaggio di Papa Francesco: egli, con linguaggio chiaro e incisivo, dipana la riflessione su internet, sui punti di forza della rete ma anche sugli aspetti di criticità che essa porta con se quando è usata male. E’ un messaggio quello del Papa con una parola per tutti! Per noi ministri ordinati, per i fedeli e, tra questi, in particolare ai giovani, che, per una questione anagrafica, sono nati nell’era di internet. Se da un lato internet offre la possibilità di comunicare più velocemente e con più utenti, dall’altro non dobbiamo smarrire il senso e il significato della comunicazione umana, che non può ridursi solo a quella circolante nelle ‘communities’, ma che trova il suo valore autentico in un rapporto vitale e nella concretezza dell’incontro all’insegna del dialogo e dell’ascolto reciproco. E’ strano, ma nel contempo significativo, come nell’epoca dei social e delle reti digitali, tanti sono i segnali di solitudine. Forse si espande più il tempo impiegato nell’uso di tali strumenti, mentre si ridimensiona quello profuso nello ‘stare accanto’, nel ‘dimorare con’: “La rete – afferma Papa Francesco – è un’occasione per promuovere l’incontro con gli altri, ma può anche potenziare il nostro autoisolamento, come una ragnatela capace di intrappolare. Sono i ragazzi ad essere più esposti all’illusione che il social web possa appagarli sul piano relazionale, fino al fenomeno pericoloso dei giovani ‘eremiti sociali’ che rischiano di estraniarsi completamente dalla società. Questa dinamica drammatica manifesta un grave strappo nel tessuto relazionale della società, una lacerazione che non possiamo ignorare”. Di qui la necessità di incentivare la sensibilizzazione e la formazione in questo ambito, allo scopo di tenere sempre vivo il senso della comunità e, per rimanere nel grande insegnamento paolino, sentirci sempre “membra gli uni degli altri”, avendo come orizzonte con cui misurarsi e confrontarsi la “comunione di amore tra le Persone divine. Dio non è Solitudine, ma Comunione; è amore, e perciò comunicazione, perché l’amore comunica, anzi comunica se stesso per incontrare l’altro”. Vorrei rivolgermi agli operatori delle comunicazioni sociali del territorio diocesano. Vi porgo dapprima il mio grazie per il servizio che svolgete, un servizio di informazione e formazione di qualità. Conosco anche le difficoltà che incontrate per via della esiguità delle risorse economiche di cui disponete! Permettetemi di rivolgervi l’invito ad incentivare la narrazione delle storie “buone e belle” che forse, nella maggiore parte dei casi, si esprimono nel nascondimento, così da dare maggiore impulso a quella che, pochi giorni fa, alcuni esperti hanno chiamato “la compassione della comunicazione”, cioè, secondo la grande lezione del buon samaritano della parabola, quella comunicazione che riesce a calarsi nella condizione degli uomini e delle donne, soprattutto degli indigenti! Su tutti voi invoco la benedizione di Cristo Risorto!

     

     
    strada facendo n 315 asc C 02 06 19
     
     
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    TRA I VICHINGHI PER RISOLVERE IL MISTERO DI WUNDER!

    Nell’antico regno Vichingo tra i ghiacci perenni e i meravigliosi fiordi della penisola scandinava si erge imponente il Villaggio di Wunder, la più bella tra le città del Nord! Ma qualcosa di spaventoso e inaspettato si abbatte sul Villaggio. Il “Libro Infinito” lo ha predetto: Morket, il buio che tutto avvolge, divorerà la bellezza del mondo. Con la sua forza oscura, Morket ha convinto gli gnomi, i draghi, le valchirie e tutti gli esseri magici a schierarsi con lui e a inghiottire il villaggio. Il re Kork e i capi dei clan tentano di opporsi al buio che avanza, ma le catastrofi continuano. Il popolo decide di lasciare Wunder, per fuggire prima che Morket divori anche loro. L’unica a non credere alla profezia è la cocciuta figlia del re, Asla, che non intende assolutamente abbandonare Wunder. Secondo lei, i recenti disastri nascondono un mistero più grande, un mistero che si intreccia con la vita di tutti gli abitanti. Asla, assieme al fratello Lomu e Kimi scoprono così di far parte della “Compagnia dei Cercatori” che avrà il compito di investigare per svelare il vero volto di Morket. Lungo sentieri in mezzo a boschi brulicanti di esserini, i tre ragazzi svolgeranno attenti esami e interrogatori; scaleranno muri di supposizioni, risolveranno i vari enigmi raccolti nel cammino e uniranno i pezzi del mistero. Nel percorso alla ricerca della bellezza perduta, capiranno l’importanza di mettersi al servizio della gente di Wunder, e come sia possibile ricostruire la bellezza ormai perduta.

     

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    IL TEMA FORMATIVO, per i genitori

    Il GrEst 2019 mette al centro del progetto educativo il tema della bellezza del servizio. Il tema, proposto dal sussidio “Wunder – Misteri Nordici” edito da Oragiovane, prende spunto dal titolo della 34^ Giornata Mondiale dei Giovani (GMG) che è stata celebrata a Panama nel gennaio 2019:

    Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38).

    Dal tema proposto dal papa, vogliamo trarre in particolare lo spunto per riflettere sul significato di “serva” e dunque di “servizio”. Ma in particolare, del “servizio” si intende mettere in luce ciò che lo caratterizza e lo genera: una “bellezza” che attrae e che a sua volta muove all’azione.

    Le 4 tappe del percorso educativo e formativo del sussidio estivo 2019 sono sintetizzate da 4 verbi scelti per ritmare il percorso dello sviluppo narrativo della storia che verrà raccontata e drammatizzata per i bambini: Ricevere, Ricercare, Scoprire, Rifare.

    Ecco dunque l’articolazione di 4 Temi settimanali con le relative finalità:

    BELLO… DA RICEVERE
    Ricordare e accogliere le cose e le esperienze belle della vita.

    BELLO… DA RICERCARE
    Mettersi alla ricerca di ciò che bello oltre le apparenze.

    BELLO… DA SCOPRIRE
    Riconoscere che la bellezza ha a che fare con la decisione libera di servire e di prendersi cura responsabilmente di ciò che siamo e di ciò che incontriamo.

    BELLO… DA RIFARE
    Attivarsi per rendere più bello il mondo attraverso il servizio di ciascuno.

     

     

    La bellezza educherà il mondo
    Papa Francesco

     

    storia

     

  • foto mare spiaggia"Abbiate fiducia che il popolo santo di Dio ha il polso per individuare le strade giuste. Accompagnate con larghezza la crescita di una corresponsabilità laicale; riconoscete spazi di pensiero, di progettazione e di azione alle donne e ai giovani: con le loro intuizioni e il loro aiuto riuscirete a non attardarvi ancora su una pastorale di conservazione – di fatto generica, dispersiva, frammentata e poco influente – per assumere, invece, una pastorale che faccia perno sull'essenziale. Come sintetizza, con la profondità dei semplici, Santa Teresa di Gesù Bambino: "Amarlo e farlo amare". Sia il nocciolo anche degli Orientamenti per l'annuncio e la catechesi che affronterete in queste giornate".

    (Papa Francesco ai vescovi italiani - 19/05/2014)


    Il testo Incontriamo Gesù, redatto dalla Commissione Episcopale per la dottrina della fede l'annuncio e la catechesi e sancito dal voto della 66a Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (Roma, 19-22 maggio 2014), è il frutto del lungo cammino svolto per delineare gli Orientamenti per l'annuncio e la catechesi in Italia. [...] Incontriamo Gesù è un documento che vuole orientare la pastorale catechistica per quanto le compete aiutandola a ridefinire i suoi compiti all'interno dell'azione evangelizzatrice della Chiesa, intesa come orizzonte e processo. Non si tratta dunque di un testo che voglia descrivere tutta la pastorale: esso si concentra specificamente sull'annuncio e la catechesi ovviamente anche nei loro rapporti con l'insieme delle azioni pastorali.



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    DAL 22 GIUGNO

    ALLE ORE 20.15:

    RECITA DELLA CORONCINA

    AL PREZIOSISSIMO SANGUE

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     DOMENICA 11 GIUGNO 2017 


    DOMENICA DELLA SS. TRINTA'


    «DIO HA TANTO AMATO IL MONDO DA DARE IL FIGLIO, UNIGENITO...» Giovanni 3,16

    11062017Dal Vangelo secondo Giovanni (3,16-18)

    n quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

    Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

    Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio».




    il parroco

    Giovanni, l'evangelista, raffigurato con il simbolo dell'aquila, che vola alto, con il breve brano della domenica ci porta nel cuore del Mistero di Dio: la Santissima Trinità. Anche noi, come Nicodemo, ci facciamo domande impegnative nel tentativo di ottenere risposte, che possano soddisfare la nostra curiosità di conoscenza sulle cose che contano e tra queste: chi è Dio. Gesù va oltre la curiosità di una conoscenza umana, rivela a Nicodemo e ad ogni uomo, il mistero primo e fondamentale. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna". Allora chi è Dio? E' amore, prima e ultima parola. Il colloquio notturno con Nicodemo apre anche i nostri cuori. Tutto il Vangelo è luce che guida l'uomo desideroso e assetato di verità, in continua ricerca di trovare risposte che non solo soddisfano l'intelligenza, ma soprattutto il cuore. La novità, unica e assoluta, è l'amore di cui parla Gesù, è Trinitario: Padre, Figlio e Spirito Santo. Per giungere, non a capire, ma a sperimentare questo amore, è necessario, nascere di nuovo. Non sono i libri, lo studio, la ricerca che hanno il loro valore e importanza, ma l'azione dello Spirito Santo, accolto con docilità che ci conduce nel cuore del mistero di Dio. È l'esperienza dei santi, dei piccoli, dei poveri, dei mistici che gustano e raccontano la gioia di essere avvolti, trasformati, consumati da questo fuoco d'amore. La vita del cristiano è solo questo. Ora nel tempo, tra luci e ombre, e poi nel gaudio eterno della visione e contemplazione di Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo. Nel segno del Croce, sia nella liturgia, come nel privato, lo possiamo pregustare. Riscopriamolo, perché, come ci ricorda san Paolo: "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito santo siano con tutti voi".

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)






    I MISTERI DOLOROSI CON S. ANTONIO


    11062017 1 

    I. L'agonia di Gesù nell'orto degli ulivi.

    Nella creazione del mondo il Signore non ha faticato, perché «ha fatto tutte le cose che ha voluto» (Sal 134,6); ma nel ri-crearlo faticò tanto che «il suo sudore divenne come gocce di sangue che scorrevano in terra» (Lc 22,44). Se provò così grande sofferenza nella preghiera, quanta - credi - dovette provarne nella crocifissione? Il Signore quindi faticò e così ci strappò dalle mani del diavolo. Invece noi, peccando mortalmente, ricadiamo nelle mani del diavolo e per quanto sta in noi rendiamo vana la fatica del Signore.


    II. La flagellazione di Gesù alla colonna

    Affinché il  flagello della morte eterna e la potenza del diavolo non ci colpisse, il Dio di tutti, il Figlio di Dio, fu legato alla colonna come malfattore, e spietatamente flagellato, tanto da sprizzare sangue da ogni parte del corpo. Ma, ahimè, Ponzio Pilato flagella ancora e di nuovo Gesù Cristo [in colui che] con la sua bocca blasfema e con il martello della lingua colpisce e flagella Cristo nelle sue membra: allontanatosi dalla presenza del Signore di uno dice che è superbo, dell'altro che è goloso e, per apparire lui stesso innocente, giudica gli altri colpevoli, e così maschera la sua cattiveria infamando tanti altri.


    III. L'incoronazione di spine di Gesù

    Dice il re Davide: «Danzerò, davanti al Signore e mi abbasserò ancor più di quanto ho fatto oggi, e mi farò umile, spregevole ai miei occhi» (2Re 6,22). E di questa «danza» parla la Sapienza del Padre nel libro dei Proverbi: «Mi deliziavo tutti i giorni, danzando davanti a Dio, giocando sul globo terrestre, trovando le mie delizie tra i figli degli uomini» (Pro 8,30-31).Il Figlio, il buon Gesù, danzava davanti al Padre quando veniva tradito dal discepolo, quando legato alla colonna veniva flagellato, quando veniva schernito da Erode,  coronato di spine, colpito con schiaffi e pugni e lordato di sputi; quando il suo volto velato veniva percosso con la canna e gli veniva strappata la barba. Danzava anche quando, portando la sua croce, uscì verso il calvario, dove venne crocifisso dai soldati, deriso dai capi dei sacerdoti, abbeverato di fiele e di aceto e il suo fianco fu trapassato dalla lancia. Ecco in che modo la Sapienza di Dio danzò e si rese spregevole sopra il globo terrestre. Ecco quali delizie trovò tra i figli degli uomini! A questa danza si unisce, per quanto gli è possibile, colui che è veramente umile, colui che quanto più si rende spregevole ai propri occhi, tanto più diventa sublime davanti agli occhi di Dio.


    IV. Gesù è caricato della Croce

    Gesù fu paziente sotto i flagelli, gli schiaffi, gli sputi; disse infatti per bocca di Isaia: "Ho reso la mia faccia come pietra durissima" (Is 50,7). La pietra, se viene percossa, non reagisce né si lamenta contro chi la percuote. Così Cristo: "Oltraggiato, non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta (1Pt 2,23). Fu poi "obbediente fino alla morte, e alla morte di croce" (Fil 2,8)...  Presumete di poter salire per altra via al riposo della luce, alla gloria della beatitudine celeste, invece che per la scala dell'umiltà, della povertà e della passione del Signore? Convincetevi che non è possibile! Ecco la parola del Signore: "Chi vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24).


    V. La crocifissione e la morte di Gesù

    Gesù viene crocifisso nudo tra i ladroni, viene abbeverato di fiele e aceto, viene insultato e bestemmiato dai passanti. In una parola: La vita muore per i morti. O occhi del nostro Diletto chiusi nella morte! O volto, nel quale gli angeli bramano fissare lo sguardo, chino ed esangue! O labbra, favo di miele stillante parole di vita eterna, divenute livide! O capo, tremendo agli angeli, che pende reclinato! Quelle mani, al cui tocco scomparve la lebbra, fu restituita la vista perduta, fuggì il demonio, si moltiplicò il pane: quelle mani sono trafitte dai chiodi, sono bagnate di sangue! Carissimi fratelli, raccogliamo tutte queste sofferenze e portiamole nel cuore, per poter risorgere con Gesù il terzo giorno.



    strada  facendo n 236 trinità A 11-06-17

       

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     DOMENICA 4 GIUGNO 2017 


    DOMENICA DI PENTECOSTE



    GESÙ SOFFIÒ E DISSE LORO: «RICEVETE LO SPIRITO SANTO...»Giovanni 20,22

    Dal Vangelo secondo Giovanni (20, 19-23)

    04062017La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».




    il parroco

    È la domenica di Pentecoste, 50 giorni dalla Pasqua del Signore. Una domenica di grande festa, di fuoco! Il vangelo ci narra quanto è avvenuto la sera della Pasqua. Da una parte, la paura dei discepoli che si difendono, sbarrando le porte di casa, dall'altra, una forza di pace che vince ogni resistenza e apre le porte di casa e soprattutto quelle dei cuori. E' la forza dell'amore, capace di vincere ogni resistenza. Il risorto porta con sé i segni della passione nelle mani e nel fianco, ma offre un dono inaspettato: la pace, che tocca i loro cuori. Si fa spazio allora la fiducia, tornano a guardare il loro maestro con gli occhi illuminati da una luce nuova, quella pasquale. È solo il primo dono, perché ne seguirà un altro, ancora più importante. Con il suo soffio: "Ricevete lo Spirito Santo". Il dono dei doni. Nella creazione, il primo soffio trasformò un pugno di argilla in uomo, ora, i discepoli in apostoli di amore, di perdono. "A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati". Pace e perdono sono le colonne fondanti della nuova umanità, la chiesa. Tutto questo per l'azione dello Spirito che è stato diffuso nei nostri cuori. Anche noi abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, è in noi, ma è stato dimenticato, è rimasto nascosto tra le tante cose ingombranti, quasi dimenticato. Da qui freddezza e tiepidezza di una vita cristiana avvolta nell'indifferenza e nell'apatia. I discepoli, dal cenacolo, escono trasformati, pronti a portare quella pace e nel perdono che hanno ricevuto. La Pentecoste è sempre attuale, necessaria e urgente. La liturgia ci fa pregare: "Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce". Una luce che si fa vita, riposo, conforto, forza, bellezza, docilità, santità. Riscopriamo in noi il dono dello Spirito Santo per vivere la gioia del Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)




    04062017 2


    laPREGHIERAdi Roberto Laurita

    Spirito Santo, soffio di Dio,
    tu puoi trasformare le nostre lande solitarie,
    i nostri deserti devastati dall'egoismo,
    le nostre regioni lacerate
    dal sopruso, dall'odio, dalla vendetta,
    dalla brutalità cieca del terrorismo,
    in una terra di giustizia e di pace,
    rigenerata dall'amore e dalla solidarietà.
    Spirito Santo, soffio di Dio,
    tu ci aiuti ad abbattere i muri
    costruiti per separare i popoli
    nel nome del sospetto,
    dell'ostilità e del privilegio
    e ci dai la forza di lanciare ponti
    per ridurre le distanze che impediscono
    la comprensione, la stima,
    il dialogo, la collaborazione.
    Spirito Santo, soffio di Dio,
    tu dai inizio ad un'epoca nuova,
    abitata dal vangelo di Gesù,
    guarita dall'individualismo,
    risanata da ogni sentimento cattivo,
    ravvivata dalla tua fantasia,
    che ispira iniziative nuove
    di riconciliazione e di misericordia.
    Spirito Santo, soffio di Dio,
    tu sciogli la durezza dei nostri cuori
    e ci fai ritrovare la strada
    della mitezza e della semplicità,
    tu rendi limpido il nostro sguardo
    e ci permetti di trattare ogni uomo
    non da estraneo, ma da fratello,
    non da concorrente, ma da collaboratore.





    «NON VI LASCERÒ ORFANI» (Gv 14,18).

    Papa Francesco, omelia 15 maggio 2016

    04062017 3La missione di Gesù, culminata nel dono dello Spirito Santo, aveva questo scopo essenziale: riallacciare la nostra relazione con il Padre, rovinata dal peccato; toglierci dalla condizione di orfani e restituirci a quella di figli.

    L'apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani di Roma, dice: «Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: "Abbà! Padre!"» (Rm 8,14-15). Ecco la relazione riallacciata: la paternità di Dio si riattiva in noi grazie all'opera redentrice di Cristo e al dono dello Spirito Santo.

    Lo Spirito è dato dal Padre e ci conduce al Padre. Tutta l'opera della salvezza è un'opera di ri-generazione, nella quale la paternità di Dio, mediante il dono del Figlio e dello Spirito, ci libera dall'orfanezza in cui siamo caduti. Anche nel nostro tempo si riscontrano diversi segni di questa nostra condizione di orfani: quella solitudine interiore che sentiamo anche in mezzo alla folla e che a volte può diventare tristezza esistenziale; quella presunta autonomia da Dio, che si accompagna ad una certa nostalgia della sua vicinanza; quel diffuso analfabetismo spirituale per cui ci ritroviamo incapaci di pregare; quella difficoltà a sentire vera e reale la vita eterna, come pienezza di comunione che germoglia qui e sboccia oltre la morte; quella fatica a riconoscere l'altro come fratello, in quanto figlio dello stesso Padre; e altri segni simili.

    A tutto questo si oppone la condizione di figli, che è la nostra vocazione originaria, è ciò per cui siamo fatti, il nostro più profondo "DNA", che però è stato rovinato e per essere ripristinato ha richiesto il sacrificio del Figlio Unigenito. Dall'immenso dono d'amore che è la morte di Gesù sulla croce, è scaturita per tutta l'umanità, come un'immensa cascata di grazia, l'effusione dello Spirito Santo. Chi si immerge con fede in questo mistero di rigenerazione rinasce alla pienezza della vita filiale.

    «Non vi lascerò orfani». Oggi, festa di Pentecoste, queste parole di Gesù ci fanno pensare anche alla presenza materna di Maria nel Cenacolo. La Madre di Gesù è in mezzo alla comunità dei discepoli radunata in preghiera: è memoria vivente del Figlio e invocazione vivente dello Spirito Santo. E' la Madre della Chiesa. Alla sua intercessione affidiamo in modo particolare tutti i cristiani, le famiglie e le comunità che in questo momento hanno più bisogno della forza dello Spirito Paraclito, Difensore e Consolatore, Spirito di verità, di libertà e di pace.

    Lo Spirito, come afferma ancora san Paolo, fa sì che noi apparteniamo a Cristo: «Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene» (Rm 8,9). E consolidando la nostra relazione di appartenenza al Signore Gesù, lo Spirito ci fa entrare in una nuova dinamica di fraternità. Mediante il Fratello universale, che è Gesù, possiamo relazionarci agli altri in modo nuovo, non più come orfani, ma come figli dello stesso Padre buono e misericordioso. E questo cambia tutto! Possiamo guardarci come fratelli, e le nostre differenze non fanno che moltiplicare la gioia e la meraviglia di appartenere a quest'unica paternità e fraternità.




    strada  facendo n 235 pentecoste A 04-06-17

       

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    DOMENICA 29 GIUGNO 2014


    Salmo 33

    Il Signore mi ha liberato da ogni paura.

    Benedirò il Signore in ogni tempo,
    sulla mia bocca sempre la sua lode.
    Io mi glorio nel Signore:
    i poveri ascoltino e si rallegrino.

    Magnificate con me il Signore,
    esaltiamo insieme il suo nome.
    Ho cercato il Signore: mi ha risposto
    e da ogni mia paura mi ha liberato.

    Guardate a lui e sarete raggianti,
    i vostri volti non dovranno arrossire.
    Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
    lo salva da tutte le sue angosce.

    L'angelo del Signore si accampa
    attorno a quelli che lo temono, e li libera.
    Gustate e vedete com'è buono il Signore;
    beato l'uomo che in lui si rifugia.
     

    Benedirò il Signore in ogni tempo, sempre nella mia bocca la sua lode. Lo dice Cristo, lo dica anche il cristiano; perché il cristiano è nel corpo di Cristo, e per questo Cristo si è fatto uomo, affinché il cristiano possa essere un angelo che dice: Benedirò il Signore. Quando benedirò il Signore? Quando ti ha reso un beneficio? quando abbondano i beni del secolo? quando c'è abbondanza di frumento, di olio, di vino, di oro, di argento, di schiavi, di greggi, e questa mortale salute si mantiene intatta e incorrotta, e crescono tutte le cose che nascono, niente è prematuramente sottratto dalla morte, la felicità sovrabbonda nella casa, ogni bene ti scorre intorno, allora benedirai il Signore? No; ma in ogni tempo. Dunque anche allora, quando questi beni, secondo le circostanze e i castighi del Signore Dio nostro, sono sconvolti, ci sono tolti, nascono in minor numero, vengono meno appena nati. Tutto questo infatti accade, e ne segue la penuria, il bisogno, la fatica, il dolore e la tentazione. Ma tu che hai cantato: Benedirò il Signore in ogni tempo, sempre nella mia bocca la sua lode, benedicilo quando ti dà questi beni; e benedicilo quando te li toglie. Perché Egli dà ed Egli toglie; ma non toglie se stesso a chi lo benedice.

    Ma chi è che benedice il Signore in ogni tempo, se non chi è umile di cuore? È l'umiltà stessa che il Signore ci ha insegnato nel suo corpo e nel suo sangue; perché, nell'affidarci il suo corpo ed il suo sangue, ci affida la sua umiltà.

    Sii dunque umile se vuoi benedire il Signore in ogni tempo, e che sulla tua bocca sia sempre la sua lode. Perché Giobbe non soltanto benedisse il Signore quando abbondava di tutti quei beni, per i quali leggiamo che era ricco e felice, ossia per i greggi, i servi, la casa, felice per i figli ed ogni altra ricchezza. In un solo momento ogni cosa gli fu tolta, ed egli adempì ciò che sta scritto in questo salmo, dicendo: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come al Signore è piaciuto, così è stato fatto; sia benedetto il nome del Signore (Gb 1, 21). Ecco che hai l'esempio di chi benedice il Signore in ogni tempo.

    Ma perché l'uomo benedice il Signore in ogni tempo? Perché è umile. Che significa essere umili? Non volere esser lodati per sé. Chi vuole essere lodato per sé, è superbo.

    s. Agostino, Esposizioni sui Salmi (33 II), passim

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    DOMENICA 22 GIUGNO 2014


    Salmo 147

    Loda il Signore, Gerusalemme.

    Celebra il Signore, Gerusalemme,
    loda il tuo Dio, Sion,
    perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
    in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

    Egli mette pace nei tuoi confini
    e ti sazia con fiore di frumento.
    Manda sulla terra il suo messaggio:
    la sua parola corre veloce.

    Annuncia a Giacobbe la sua parola,
    i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
    Così non ha fatto con nessun'altra nazione,
    non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.
     

    "Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati (Mt 5, 6.). Come saranno sa-ziati? Approdando là dov'è la pace. Pertanto il salmo dopo aver detto: Egli ha posto la pace nei tuoi con-fini, siccome in quella patria ci sarà sazietà di tutto e nulla mancherà, immediatamente soggiunge: E ti sazia con pingue frumento.

    Fratelli, la pace di cui parliamo non è ancora assoluta in tutti noi, o meglio in ciascuno di noi. E mi par di capire che il vostro spirito provi gusto ad ascoltare ancora; tuttavia finiremo il salmo solo se non ci saranno resistenze e ribellioni da parte del corpo.

    Dice a quella Gerusalemme: Egli ha posto la pace nei tuoi confini, e ti sazia con pingue frumento.

    Passano la fame e la sete della giustizia e succede la sazietà. E quale pingue frumento avremo lassù se non quel pane che dal cielo scese a noi (Cf. Gv 6, 41)? Il quale, se durante il pellegrinaggio ci pasce così, come non ci sazierà quando saremo nella patria?

    Ora ci parlerà dell'esilio, compiuto il quale giungeremo a quella Gerusalemme dove, una volta rafforza-te le spranghe delle nostre porte, loderemo in coro il Signore, loderemo il Signore Dio nostro, noi Ge-rusalemme, noi Sion. In effetti, colui che lassù ci sazierà con pingue frumento cosa fa adesso mentre siamo pellegrini? Quel che proseguendo dice il [salmo]: Egli invia la sua parola alla terra. Ecco, noi sia-mo sulla terra e triboliamo: siamo stanchi, infermicci, pigri e freddi. In che maniera ci saremmo potuti elevare a quella pinguedine di frumento che ci sazia, se egli non avesse inviato la sua parola alla terra che ci appesantisce, alla terra che ostacola il nostro ritorno? Mandò la sua parola: nemmeno nel de-serto ci ha abbandonati; ha fatto piovere la manna dal cielo. Egli invia la sua parola alla terra, e la sua parola venne sulla terra".

    s. Agostino, Esposizioni sui Salmi, passim.

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    GESU' DISSE A NICODEMO: "DIO HA TANTO AMATO IL MONDO..." Gv 3,16

    gesu a nicodemoDal Vangelo secondo Giovanni (20,19-23)

    In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:

    «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

    Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

    Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio».




    il parroco

    angeli a mensaAl risveglio di ogni mattino ci segniamo con la croce e confessiamo la nostra fede con queste semplici parole: "Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo". In questa domenica, seguendo il cammino liturgico, siamo ricondotti alla sorgente della nostra vita cristiana. L'evangelista Giovanni all'inizio del racconto del suo vangelo ci dice: "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato". Nel vangelo odierno i pochi versetti costituiscono il cuore del dialogo tra Gesù e Nicodemo. Questi è un dottore della legge e come ogni uomo è alla ricerca di Dio, il suo cuore è inquieto e "di notte" nel tu per tu con Gesù, riceve una risposta non filosofica, ma di amore. Anche noi, come Nicodemo, vorremmo che Dio fosse secondo i nostri ragionamenti, ma il mistero di Dio va oltre i pensieri e le filosofie umane. Quale rivelazione Gesù fa del mistero di Dio nel colloquio con Nicodemo? Rivela l'amore di Dio che manda il Figlio per salvare, non per condannare il mondo e chi crede a questo amore è salvato. Per comprendere non solo con la mente, ma con il cuore le parole di Gesù a Nicodemo, bisogna rinascere di nuovo! La nostra intelligenza si vuole fare sempre unico metro di giudizio verso ogni cosa e pretende di mettersi al di sopra di Dio. Lasciarsi sorprendere da una presenza d'amore per esserne coinvolti è la via più naturale e semplice per superare i limitati ragionamenti umani su tante realtà umane e soprattutto sul mistero di Dio. E' l'avventura meravigliosa di tanti, di ogni età, che senza grandi studi, vivono questo rapporto personale con Dio, con gioia da santa invidia. A conferma ci sono le storie di tanti convertiti, di ieri e di oggi che dopo aver investigato, studiato o addirittura negata la presenza di Dio nel mondo, nell'uomo sono giunti a conversione e hanno trovato ciò che il loro cuore cercava. Tra questi, S. Agostino, che dopo un travagliato cammino, così esprime la sua gioia: "Troppo tardi ti ho amato, o bellezza sempre antica e sempre nuova, troppo tardi!". In tutta la Bibbia la rivelazione di Dio è sempre legata all'amore e amore personale: "Io sono il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, io sono il tuo Dio". Un Dio che non rimane nascosto nei cieli, solitario, ma Padre fonte d'amore, che manda il Figlio nella nostra umanità e lo Spirito, bacio d'amore. Come arrivare a questo incontro d'amore? La via del silenzio, dei piedi nudi, dell'adorazione, della fede, dell'ascolto, come si esprime una preghiera indiana:

    "Siediti ai bordi dell'aurora,
    per te sorgerà il sole.
    Siediti ai bordi della notte,
    per te scintilleranno le stelle.
    Siediti ai bordi del torrente,
    per te canterà l'usignolo.
    Siediti ai bordi del silenzio,
    Dio ti parlerà".

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    37ª CONVOCAZIONE
    RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO
    CON PAPA FRANCESCO

    rns

    testimonianze

    "Vive Jesus el Senor" un canto antico del rinnovamento che Papa Francesco ha cantato con noi, questo canto mi ha emozionato perché mi ha riportato a 20 anni indietro, agli inizi del mio cammino nel rinnovamento in questa parrocchia.

    La presenza di Papa Francesco ha gratificato me e a quanti hanno creduto ad un risveglio della Chiesa attraverso l'azione dello Spirito Santo.

    Dopo 40 anni è ancora l'inizio come dice il nostro presidente Salvatore Martinez: "il già ma non ancora"

    La Chiesa tutta deve gridare: vieni, vieni Santo Spirito e sarà una nuova Pentecoste.

    Il Papa ci ha esortato a non ingabbiare lo Spirito Santo ma con franchezza annunciare che Gesù è il Signore, e così con il suo mandato siamo pronti anche quest'anno a portare questo annuncio per le strade del nostro paese.

    GESU' E' IL SIGNORE ALLELUIA!!!!!!

    Lina Vurchio


    Dopo 12 anni il Signore mi ha permesso di vivere questo evento speciale del "CONGRESSO NAZIONALE RNS" con il nostro Papa Francesco, nostro perché è di tutti, e nella semplicità ama pregare come noi, con le mani alzate, arrese all'amore di Dio.

    Con semplicità ha chiesto a tutti noi, circa 52.000 presenze e ai responsabili dei 55 paesi di tutto il mondo, di pregare per Lui, e noi abbiamo invocato lo Spirito Santo perché, come nel primo cenacolo con Maria e i Discepoli, scendesse su di noi, su Papa Francesco e tutta la Chiesa di Dio.

    Il Papa ci ha chiesto di uscire dalle nostre chiese e di annunciare a tutti il vangelo.

    Grazie Signore per avermi fatto dono di questo evento.

    Patrizia Disalvo

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    "MENTRE ERANO CHIUSE LE PORTE... VENNE GESU' " Mt 28,19

    venne gesu porte chiuseDal Vangelo secondo Giovanni (20,19-23)

    In La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». ».



    il parroco

    E' la Pentecoste! Trascorsi 50 giorni dalla Pasqua il Vangelo ci fa rivivere la presenza di Gesù risorto tra i discepoli nel Cenacolo, mostrando le mani e il fianco, offrendo doni preziosi: "Pace a voi! Ricevete lo Spirito Santo". Quanto avvenuto in quella sera ai discepoli, avviene anche a noi riuniti, oggi riuniti nel nostro Cenacolo. La Pace che riceviamo è Gesù nella nostra vita, è Lui lo Shalom di Dio, la pienezza di ogni dono, tra questi una grande gioia: il perdono dei peccati. Ciò che è proprio di Dio viene donato ai discepoli, alla Chiesa. E' lo Spirito che mantiene vivo il mandato di Gesù: "Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". Così nasce la chiesa nella missione specifica di perdonare i peccati, sempre attuale, necessaria e urgente. Anche noi abbiamo ricevuto il fuoco dello Spirito Santo nel Battesimo. Forse è rimasto sotto la cenere, per ravvivarlo, invochiamolo con umiltà, con fiducia, con insistenza come ci guida la sequenza della liturgia:

    "Vieni, Santo Spirito,
    manda a noi dal cielo
    un raggio della tua luce...
    Dona ai tuoi fedeli,
    che solo in te confidano
    i tuoi santi doni.
    Dona virtù e premio,
    dona morte santa,
    dona gioia eterna".

    Dalla presenza dello Spirito nei nostri cuori nascerà ogni desiderio, impegno di testimoniare la gioia del Vangelo.

    Ringraziamo la famiglia Carretta per il suo contributo al Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    PACE A VOI

    Siamo i genitori di Savino che ha fatto la prima comunione e siamo stati invitati a dire il nostro pensiero sul Vangelo di questa domenica. Ci sentiamo emozionati a farlo, ma ci proviamo.

    Leggendo il Vangelo di Giovanni ci colpisce la gioia dei discepoli nel vedere Gesù che li saluta: "Pace a voi". Ci viene in mente quando anche nella nostra famiglia c'è la pace perché c'è l'amore e ci accorgiamo che è Gesù che ci dona la pace. Al contrario nei momenti di difficoltà, di incomprensione è perché ci siamo allontanati dal Signore. Nel Vangelo ci sono piaciute anche le parole di Gesù che invia i discepoli a portare il Vangelo, così come anche noi siamo chiamati a portarlo. In questo anno lo abbiamo scoperto nel cammino di comunione, ed ora vogliamo cercare di farlo, grazie al dono dello Spirito santo.

    Maria e Paolo Carretta


    vignetta123 



    E come d'IN-CANTO ecco cantanti, comici e ballerini nella nostra villa Comunale

    UNO SPETTACOLO ALL'INSEGNA DEL FAIR-PLAY

    Un piccolo riassunto della nostra avventura conclusa lunedì 2 Giugno

    come dincanto 2

    Al giorno d'oggi i vari media ci bombardano con talent e concorsi canori...ormai la parola agonismo è sulle bocche di tutti...è diventato una moda. Perché, allora, a livello parrocchiale non scegliere di puntare sulla "cultura" del divertimento non agonistico e del fair-play? Perché non creare un piccolo spettacolo, dedicato ai più piccoli frequentatori della nostra comunità? Perché non organizzare qualcosa di nuovo per festeggiare un anno di catechismo trascorso insieme? È con queste domande che in una domenica di febbraio si è partiti con l'avventura che si è conclusa con la serata di lunedì 2 Giugno nell'anfiteatro della nostra villa Comunale. Dopo qualche settimana di organizzazione, sono state aperte le iscrizioni, rivolte a giovani frequentatori del catechismo di tutte le età. L'unico obiettivo: mettersi in gioco cantando, ballando o divertendo il pubblico con scenette comiche e Divertirsi! Le adesioni sono state numerose sin da subito e l'entusiasmo dei piccoli ha coinvolto noi, giovani animatori, che siamo stati contenti di seguire e preparare i vari ragazzi nelle varie discipline nelle settimane a seguire.

    La serata di Lunedì si è aperta con l'entrata di tutti i partecipanti, sul palco, con le note della canzone "Will you be there (Sarai lì)" di Michael Jackson; una canzone che parla della costante presenza di Dio e del suo sostegno continuo in ogni momento della nostra vita. A seguire l'inno di Mameli; doveroso, vista la ricorrenza della festa della Repubblica e prima di aprire lo spazio al divertimento dei nostri bambini, non poteva mancare il simpatico saluto del nostro caro parroco.

    Ed è cosi che vari cantanti, ballerini e attori che si sono succeduti sul palco. Nonostante le attrezzature amatoriali e la nostra scarsa esperienza in questo tipo di manifestazioni, alla fine è venuta fuori una bella serata. Il nostro obiettivo, infatti, non era quello di creare uno spettacolo d'alto livello, ma di far divertire i ragazzi e divertirci con loro, ed in questo, sembra che ci siamo riusciti. A metà serata, i nostri "Ospiti d'Onore" sono stati i "Black Hole", Band formata da 5 ragazzi del nostro paese.

    Ad ogni ragazzo, dopo l'esibizione è stato fatto scegliere un numero che è servito per l'estrazione finale di 2 lettori Mp3.

    Un grazie particolare va da parte nostra ad Antonella Musci e Luana Falcetta che hanno seguito i nostri giovani ballerini che si sono cimentati in Hip Hop, Pizzica, e nei balli della nuova disciplina "Zumba Fitness" ma anche alle catechiste, ormai per tutti noi "zie Tonia ed Enza", che ci hanno seguito ed incoraggiati nell'organizzazione e nella buona riuscita della serata. Il loro sostegno è stato per noi importante per credere nelle nostre capacità e per metterle a frutto nel migliore dei modi.

    Un grazie anche a genitori ed ai bambini che hanno creduto nel nostro piccolo progetto e con il buon proposito di migliorarci di anno in anno, GRAZIE A TUTTI e Buone Vacanze!!

    Ci vediamo a settembre con un nuovo felice anno INSIEME!I

    I giovani animatori

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  • In Attesa della Pentecoste
    Novena allo Spirito Santo

    in attesa pentecoste

    Vieni, o Spirito creatore, visita le nostre menti, riempi della tua grazia i cuori che hai creato.
     
    O dolce consolatore, dono del Padre altissimo, acqua viva, fuoco, amore, santo crisma dell'anima.
     
    Dito della mano di Dio, promesso dal Salvatore, irradia i tuoi sette doni, suscita in noi la parola.
     
    Sii luce all'intelletto, fiamma ardente nel cuore; sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore.
     
    Difendici dal nemico, reca in dono la pace, la tua guida invincibile ci preservi dal male.
     
    Luce d'eterna sapienza, svelaci il grande mistero di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo Amore.
     
    Sia gloria a Dio Padre, al Figlio, che è risorto dai morti e allo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.

    Amen.
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    DOMENICA 30 GIUGNO 2013


    SEI TU, SIGNORE, L'UNICO MIO BENE.

    proteggimi o dioIl salmo 15 rivela la fiducia, intensamente personale, che scaturisce da un'esperienza profonda, intima di Dio. Dio stesso è il Maestro, Colui che consiglia, guida, senza bisogno di mediatori umani. Dio procede alla ripartizione perché egli stesso è la "porzione toccata in sorte".

    La certezza di appartenerne a Dio e non 'alla polvere' segnala un punto altissimo: nessuno, neppure la morte potrà separare il credente dal centro del proprio cuore, dal perno della propria esistenza. È un salmo colmo di stabilità nel signore, che termina però con la prospettiva di un cammino: vivere significa avanzare, pellegrinare verso un'ulteriore positività descritta come vita, gioia, dolcezza, come contemplazione del volto stesso di Dio.

    (da Servizio della Parola, 447)


    Salmo 15

    Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
    Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
    Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
    nelle tue mani è la mia vita.
     
    Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
    anche di notte il mio animo mi istruisce.
    Io pongo sempre davanti a me il Signore,
    sta alla mia destra, non potrò vacillare.
     
    Per questo gioisce il mio cuore
    ed esulta la mia anima;
    anche il mio corpo riposa al sicuro,
    perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
    né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
     
    Mi indicherai il sentiero della vita,
    gioia piena alla tua presenza,
    dolcezza senza fine alla tua destra.


    Abbiamo l'opportunità di meditare, dopo averlo ascoltato e fatto diventare preghiera, un Salmo di forte tensione spirituale. Nonostante le difficoltà testuali, che l'originale ebraico rivela soprattutto nei primi versetti, il Salmo 15 è un luminoso cantico dal respiro mistico, come suggerisce già la professione di fede posta in apertura: «Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene» (v. 2). Dio è, quindi, visto come l'unico bene e perciò l'orante sceglie di collocarsi nell'ambito della comunità di tutti coloro che sono fedeli al Signore: «Per i santi, che sono sulla terra, uomini nobili, è tutto il mio amore» (v. 3). Per questo il Salmista rigetta radicalmente la tentazione dell'idolatria coi suoi riti sanguinari e con le sue invocazioni blasfeme (cfr v. 4).

    È una scelta di campo netta e decisiva, che sembra echeggiare quella del Salmo 72, un altro canto di fiducia in Dio, conquistata attraverso una forte e sofferta opzione morale: «Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra... Il mio bene è stare vicino a Dio: nel Signore Dio ho posto il mio rifugio» (Sal 72,25.28).

    2. Il nostro Salmo sviluppa due temi che sono espressi attraverso tre simboli. Innanzitutto il simbolo dell'«eredità», termine che regge i versetti 5-6: si parla, infatti, di «eredità, calice, sorte». Questi vocaboli erano usati per descrivere il dono della terra promessa al popolo di Israele. Ora, noi sappiamo che l'unica tribù che non aveva ricevuto una porzione di terra era quella dei Leviti, perché il Signore stesso costituiva la loro eredità. Il Salmista dichiara appunto: «Il Signore è mia parte di eredità... è magnifica la mia eredità» (Sal 15,5.6). Egli suscita, quindi, l'impressione di essere un sacerdote che proclama la gioia di essere totalmente dedito al servizio di Dio.

    Sant'Agostino commenta: «Il Salmista non dice: O Dio, dammi un'eredità! Che mi darai mai come eredità? Dice invece: tutto ciò che tu puoi darmi fuori di te è vile. Sii tu stesso la mia eredità. Sei tu che io amo... Sperare Dio da Dio, essere colmato di Dio da Dio. Egli ti basta, fuori di lui niente ti può bastare» (Sermone 334,3: PL 38,1469).

    3. Il secondo tema è quello della comunione perfetta e continua col Signore. Il Salmista esprime la ferma speranza di essere preservato dalla morte per poter rimanere nell'intimità di Dio, la quale non è più possibile nella morte (cfr Sal 6,6; 87,6). Le sue espressioni, tuttavia, non mettono nessun limite a questa preservazione; anzi, possono venire intese nella linea di una vittoria sulla morte che assicura l'intimità eterna con Dio.

    Due sono i simboli usati dall'orante. È innanzitutto il corpo ad essere evocato: gli esegeti ci dicono che nell'originale ebraico (cfr Sal 15,7-10) si parla di «reni», simbolo delle passioni e dell'interiorità più nascosta, di «destra», segno di forza, di «cuore», sede della coscienza, persino di «fegato», che esprime l'emotività, di «carne», che indica l'esistenza fragile dell'uomo, e infine di «soffio di vita».

    È, quindi, la rappresentazione dell'«essere intero» della persona, che non è assorbito e annientato nella corruzione del sepolcro (cfr v. 10), ma viene mantenuto nella vita piena e felice con Dio.

    4. Ecco, allora, il secondo simbolo del Salmo 15, quello della «via»: «Mi indicherai il sentiero della vita» (v. 11). È la strada che conduce alla «gioia piena nella presenza» divina, alla «dolcezza senza fine alla destra» del Signore. Queste parole si adattano perfettamente ad una interpretazione che allarga la prospettiva alla speranza della comunione con Dio, oltre la morte, nella vita eterna.

    È facile intuire a questo punto come il Salmo sia stato assunto dal Nuovo Testamento in ordine alla risurrezione di Cristo. San Pietro nel suo discorso di Pentecoste cita appunto la seconda parte dell'inno con una luminosa applicazione pasquale e cristologica: «Dio ha risuscitato Gesù di Nazareth, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere» (At 2,24).

    San Paolo si riferisce al Salmo 15 nell'annunzio della Pasqua di Cristo durante il suo discorso nella sinagoga di Antiochia di Pisidia. In questa luce anche noi lo proclamiamo: «Non permetterai che il tuo santo subisca la corruzione. Ora Davide, dopo aver eseguito il volere di Dio nella sua generazione, morì e fu unito ai suoi padri e subì la corruzione. Ma colui che Dio ha risuscitato, - ossia Gesù Cristo -, non ha subito la corruzione» (At 13,35-37).

    Beato Giovanni Paolo II
    Udienza generale, 28 luglio 2004


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    DOMENICA 23 GIUGNO 2013


    HA SETE DI TE, SIGNORE, L'ANIMA MIA

    salmo 62L'uso di coordinate temporali (alba-notte) e sensoriali rendono il salmo 62 incalzante. Tra l'alba e la notte si stende un tempo dedicato alla ricerca di Dio. Il desiderio di Dio è espresso attraverso delle immagini molto forti: terra deserta, assetata ed affamata. L'incontro con Dio nel santuario, spazio dell'esperienza con Lui, è descritto come la partecipazione ad un banchetto di festa in cui saziarsi al di là di ogni attesa. Come tutta la persona del salmista partecipa alla ricerca, così tutto il suo corpo è coinvolto nell'incontro: labbra, mani, voce, anima. La gola ha sete di Dio; la carne 'spasima' per lui, gli occhi vedono il tempio e contemplano la gloria di Dio.

    (da Servizio della Parola, 447).


    Salmo 62

    O Dio, tu sei il mio Dio,

    dall'aurora io ti cerco,

    ha sete di te l'anima mia,

    desidera te la mia carne

    in terra arida, assetata, senz'acqua.

    Così nel santuario ti ho contemplato,

    guardando la tua potenza e la tua gloria.

    Poiché il tuo amore vale più della vita,

    le mie labbra canteranno la tua lode.

    Così ti benedirò per tutta la vita:

    nel tuo nome alzerò le mie mani.

    Come saziato dai cibi migliori,

    con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.

    Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,

    esulto di gioia all'ombra delle tue ali.

    A te si stringe l'anima mia:

    la tua destra mi sostiene.

     

    Il Salmo 62, sul quale oggi ci fermiamo a riflettere, è il Salmo dell'amore mistico, che celebra l'adesione totale a Dio, partendo da un anelito quasi fisico e raggiungendo la sua pienezza in un abbraccio intimo e perenne. La preghiera si fa desiderio, sete e fame, perché coinvolge anima e corpo.

    Come scrive santa Teresa d'Avila, "la sete esprime il desiderio di una cosa, ma un desiderio talmente intenso che noi moriamo se ne restiamo privi" (Cammino di perfezione, c. XXI). Del Salmo la liturgia ci propone le prime due strofe che sono appunto incentrate sui simboli della sete e della fame, mentre la terza strofa fa balenare un orizzonte oscuro, quello del giudizio divino sul male, in contrasto con la luminosità e la dolcezza del resto del Salmo.

    Iniziamo, allora, la nostra meditazione col primo canto, quello della sete di Dio (cfr vv. 2-4). È l'alba, il sole sta sorgendo nel cielo terso della Terra Santa e l'orante comincia la sua giornata recandosi al tempio per cercare la luce di Dio. Egli ha bisogno di quell'incontro col Signore in modo quasi istintivo, si direbbe "fisico". Come la terra arida è morta, finché non è irrigata dalla pioggia, e come nelle screpolature del terreno essa sembra una bocca assetata e riarsa, così il fedele anela a Dio per essere riempito di Lui e per potere così esistere in comunione con Lui.

    Il profeta Geremia aveva già proclamato: il Signore è "sorgente d'acqua viva", e aveva rimproverato il popolo per aver costruito "cisterne screpolate, che non tengono l'acqua" (2,13). Gesù stesso esclamerà ad alta voce: "Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me" (Gv 7,37-38). Nel pieno meriggio di un giorno assolato e silenzioso, promette alla donna samaritana: "Chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna" (Gv 4,14).

    La preghiera del Salmo 62 s'intreccia, per questo tema, col canto di un altro stupendo Salmo, il 41: "Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio. L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente" (vv. 2-3). Ora, nella lingua dell'Antico Testamento, l'ebraico, "l'anima" è espressa con il termine nefesh, che in alcuni testi designa la "gola" e in molti altri si allarga ad indicare l'essere intero della persona. Colto in queste dimensioni, il vocabolo aiuta a comprendere quanto sia essenziale e profondo il bisogno di Dio; senza di lui vien meno il respiro e la stessa vita. Per questo il Salmista giunge a mettere in secondo piano la stessa esistenza fisica, qualora venga a mancare l'unione con Dio: "La tua grazia vale più della vita" (Sal 62,4). Anche nel Salmo 72 si ripeterà al Signore: "Fuori di te nulla bramo sulla terra. Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre... Il mio bene è stare vicino a Dio" (vv. 25-28).


    Beato Giovanni Paolo II

    Udienza generale, 25 aprile 2001

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    DOMENICA 16 GIUGNO 2013


    TOGLI, SIGNORE, LA MIA COLPA E IL MIO PECCATO

    preghieraIl salmo 31 è una preghiera penitenziale retrospettiva. Il salmista ripercorre il proprio cammino umano – la scoperta del proprio peccato e la confessione delle proprie colpe – nella luce rassicurante del perdono di Dio. Come persona ricostruita, trasparente, libera nel suo rapporto con Dio, egli offre la propria testimonianza a coloro che con ostinazione – come cavalli e muli (9) – non credono nella possibilità del perdono. Il salmista è pieno di gioia, beatitudine, esultanza, giubilo. Il suo canto non sgorga dalla certezza della propria forza, ma dal riconoscere la misericordia di Dio in azione nella propria esistenza: come un rifugio lo protegge e come grembo accogliente lo avvolge per generarlo ad una vita nuova. (da Servizio della Parola, 447).


    Salmo 31

    Beato l'uomo a cui è tolta la colpa

    e coperto il peccato.

    Beato l'uomo a cui Dio non imputa il delitto

    e nel cui spirito non è inganno.

    Ti ho fatto conoscere il mio peccato,

    non ho coperto la mia colpa.

    Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»

    e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

    Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall'angoscia,

    mi circondi di canti di liberazione.

    Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!

    Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!

     

    "Beati coloro le cui iniquità sono state rimesse, e i cui peccati sono stati celati. Beato l'uomo al quale il Signore non ha imputato peccato, né è inganno sulla sua bocca. Già comincia il salmo, e comincia la comprensione. La comprensione, o intelligenza, consiste in questo: sapere che non devi vantarti dei tuoi meriti, né presumere di poter peccare impunemente. Questo è infatti il titolo del salmo: di David, dell'intelligenza. Questo salmo si chiama dell'intelligenza. Per prima cosa l'intelligenza ti fa riconoscere peccatore. In seguito, quando avrai cominciato a operare il bene con la fede e per mezzo dell'amore, ti fa attribuire il merito non alle tue forze, ma alla grazia di Dio. Così non vi sarà inganno nel tuo cuore, cioè nella tua bocca interiore; né avrai una cosa sulle labbra e un'altra nel pensiero. Non sarai di quei Farisei dei quali è stato detto: siete simili a sepolcri imbiancati; al di fuori sembrate giusti agli uomini, ma di dentro siete pieni di inganno e di iniquità (Mt 23, 27). Chi, mentre è ingiusto, pretende di essere giusto, non è forse un ingannatore? Costui non è quel Natanaele, di cui dice il Signore: ecco un vero Israelita, in cui non è inganno. Perché non c'era inganno in quel Natanaele? Quando eri - dice il Signore - sotto l'albero di fico ti ho visto (Gv, 1, 47 48). Era sotto l'albero di fico, cioè nella condizione carnale. Se era nella condizione carnale, in quanto era soggetto al peccato propagatosi [con la stirpe umana], era sotto quell'albero di fico del quale in un altro salmo si esclama gemendo: ecco sono stato concepito nella iniquità (Sal 50, 7). Ma lo ha visto Colui che è venuto con la grazia. Che vuol dire: lo ha visto? Ha avuto misericordia di lui. Il Signore pertanto loda quest'uomo senza inganno in modo da lodare in lui la sua grazia. Quando eri sotto l'albero di fico ti ho visto. Che cosa c'è di grande nelle parole ti ho visto, se non capisci in qual modo sono dette? Che cosa c'è di grande nel vedere un uomo sotto l'albero del fico? Se Cristo non avesse visto il genere umano sotto questo fico, o saremmo del tutto inariditi, oppure sarebbero state trovate in noi soltanto le foglie, non il frutto, come è avvenuto per i Farisei nei quali era inganno perché si giustificavano solo a parole mentre nei fatti erano malvagi. Infatti, quando Cristo vide questo genere di albero di fico, lo maledisse, e quello inaridì. Vedo, disse, solo le foglie, cioè solo le parole, e dov'è il frutto? Si inaridisca (Mt 21, 19), aggiunge, affinché non abbia neppure le foglie. Perché gli toglie anche le parole? Perché un albero secco non può avere neanche le foglie. Così dunque erano i Giudei; i Farisei erano quell'albero; avevano le parole, ma non avevano i fatti, e perciò si sono meritati l'aridità per decreto del Signore. Ci veda dunque Cristo sotto l'albero del fico; veda nella nostra carne anche il frutto delle buone opere, affinché non diventiamo anche noi disseccati per la sua maledizione. E poiché tutto è attribuito alla sua grazia, non ai nostri meriti, beati coloro le cui iniquità sono state rimesse e i cui peccati sono stati celati; non beati coloro nei quali non sono stati trovati i peccati, ma coloro i cui peccati sono stati celati. I peccati sono stati coperti, celati, aboliti. Se Dio copre i nostri peccati, non vuole vederli; se non vuole vederli, non vuole prenderne nota, se non vuole prenderne nota, non vuole punire; se non vuole punire, non vuole riconoscere i colpevoli, ma preferisce perdonarci. Beati coloro le cui iniquità sono state rimesse e i cui peccati sono stati celati. Ma non intendete queste parole, i peccati sono stati coperti, nel senso che essi vi siano ancora e vivano. Perché ha detto che i peccati sono stati celati? Perché non sono visti. Ma cosa significa per Dio vedere i peccati, se non punirli? Perché tu sappia che per Iddio vedere i peccati significa punirli, che cosa si dice a Lui? Distogli la tua faccia dai miei peccati (Sal 50, 11). Non veda dunque i tuoi peccati, per vedere te. Ed in qual modo ti deve vedere? Alla maniera di Natanaele, cui è detto: quando eri sotto l'albero di fico, ti ho visto. L'ombra del fico non fu un ostacolo per gli occhi della misericordia di Dio.

    Sant'Agostino - Esposizione sul Salmo 31

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    DOMENICA 1° LUGLIO 2012


    salmos86Il Salmo 29 è un canto di ringraziamento. In esso ricorre continuamente, sotto diverse forme, l’antitesi morte-vita (malattia-guarigione, cadere-rialzarsi, tristezza-gioia). Il salmo è una esplosione di riconoscenza al Signore per un grave pericolo scampato. Il salmista si sente spinto alla lode e insieme alla meditazione: la collera del Signore dura un istante, la sua bontà invece per tutta la vita: la sera il pianto, ma il mattino ecco la gioia. Segue un esame di coscienza: nella prosperità donatagli dal Signore, il salmista aveva finito per sentirsi sicuro di sé, ma era bastato che il signore nascondesse il suo volto per un momento per fagli sperimentare tutta la sua piccolezza e impotenza. Da qui, in una ritrovata umiltà, era scaturita la preghiera, e il Signore, fedele nell’amore, aveva mutato il suo lamento in danza. (Da Servizio della Parola n° 437)


    Salmo 29

     Salmo. Canto per la dedicazione del tempio. Di Davide


    Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,

    non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.

    Signore, mio Dio,

    a te ho gridato e mi hai guarito.

    Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,

    mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

    Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,

    della sua santità celebrate il ricordo,

    perché la sua collera dura un istante, 

    la sua bontà per tutta la vita.

    Alla sera ospite è il pianto

    e al mattino la gioia.

    Ho detto, nella mia sicurezza: 

    “Mai potrò vacillare!”.

    Nella tua bontà, o Signore,

    mi avevi posto sul mio monte sicuro; 

    il tuo volto hai nascosto

    e lo spavento mi ha preso.

    A te grido, Signore,

    al Signore chiedo pietà:

    “Quale guadagno dalla mia morte, 

    dalla mia discesa nella fossa?

    Potrà ringraziarti la polvere

    e proclamare la tua fedeltà?

    Ascolta, Signore, abbi pietà di me, 

    Signore, vieni in mio aiuto!”.

    Hai mutato il mio lamento in danza, 

    mi hai tolto l'abito di sacco,

    mi hai rivestito di gioia,

    perché ti canti il mio cuore, senza tacere; 

    Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.



    SALMO29In senso letterale, questo salmo pare che fosse composto per la circostanza in cui Salomone innalzò il famosissimo tempio, che fosse modulato sul salterio...

    Inneggiate a Dio, o fedeli suoi [Sal 30 (29),5]. Non inneggerà veramente al Signore chi pronuncerà solo con la bocca le parole del salmo; ma quanti esprimono le salmodie con cuore puro; e quanti sono santi, mantenendosi giusti verso Dio, sono capaci di cantare lodi a Dio seguendo armonicamente i ritmi spirituali. Quanti nascondono inganno e falsità nel loro cuore? Costoro credono di cantare, ma in verità non cantano...

    Purificate i cuori affinché fruttifichiate in spirito e possiate divenire santi e cantare al Signore con intelligenza.

    Basilio di Cesarea

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    DOMENICA 24 GIUGNO 2012

    nativity battista







    Il Signore scruta e conosce ogni cosa


    salmo138Il sal 138 è un salmo sapienziale che esprime uno dei motivi più importanti della spiritualità ebraica: il senso della presenza di Dio, l’affermazione della sua conoscenza che tutto penetra. Il salmista si sente avvolto dalla presenza di Dio: «alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano» (v.5). ace se l’orante volesse fuggire lontano o nascondersi nel buio della notte, dio non lo lascerebbe mai: infatti, per Dio «la notte è luminosa come il giorno». Il salmista si sente avvolto dalla «conoscenza» di Dio, dal suo amore eterno; i progetti di dio lo commuovono, ed egli ne ammira la grandezza, anche se non li comprende pienamente. Egli avverte che è stato Dio a crearlo, intessendolo nel grembo di sua madre. L’uomo è davvero un prodigio e l’orante ne è pienamente consapevole. Alla fine il salmista è quasi preso dallo sgomento: sarà in grado di rispondere all’amore di Dio? Potrà essergli fedele? Di qui l’invocazione finale: «scrutami, o Dio, provami e conosci i miei pensieri; guidami per una via di eternità» (vv. 23-24). 
    (da Servizio della Parola n° 437)


    Salmo 138

     Al maestro del coro. Di Davide. Salmo

    Signore, tu mi scruti e mi conosci, 

    tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, 

    intendi da lontano i miei pensieri, 

    osservi il mio cammino e il mio riposo, 

    ti sono note tutte le mie vie.

    La mia parola non è ancora sulla lingua 

    ed ecco, Signore, già la conosci tutta.

    Alle spalle e di fronte mi circondi 

    e poni su di me la tua mano.

    Meravigliosa per me la tua conoscenza, 

    troppo alta, per me inaccessibile.

    Dove andare lontano dal tuo spirito? 

    Dove fuggire dalla tua presenza?

    Se salgo in cielo, là tu sei; 

    se scendo negli inferi, eccoti.

    Se prendo le ali dell'aurora 

    per abitare all'estremità del mare, 

    anche là mi guida la tua mano 

    e mi afferra la tua destra.

    Se dico: "Almeno le tenebre mi avvolgano 

    e la luce intorno a me sia notte", 

    nemmeno le tenebre per te sono tenebre 

    e la notte è luminosa come il giorno; 

    per te le tenebre sono come luce.

    Sei tu che hai formato i miei reni 

    e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.

    Io ti rendo grazie: 

    hai fatto di me una meraviglia stupenda; 

    meravigliose sono le tue opere, 

    le riconosce pienamente l'anima mia.

    Non ti erano nascoste le mie ossa 

    quando venivo formato nel segreto, 

    ricamato nelle profondità della terra.

    Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; 

    erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati 

    quando ancora non ne esisteva uno.

    Quanto profondi per me i tuoi pensieri, 

    quanto grande il loro numero, o Dio!

    Se volessi contarli, sono più della sabbia. 

    Mi risveglio e sono ancora con te.

    Se tu, Dio, uccidessi i malvagi! 

    Allontanatevi da me, uomini sanguinari!

    Essi parlano contro di te con inganno, 

    contro di te si alzano invano.

    Quanto odio, Signore, quelli che ti odiano! 

    Quanto detesto quelli che si oppongono a te!

    Li odio con odio implacabile, 

    li considero miei nemici.

    Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore, 

    provami e conosci i miei pensieri; 

    vedi se percorro una via di dolore 

    e guidami per una via di eternità.



    ....Il vigore delle immagini e delle espressioni ha come scopo la celebrazione del Creatore: «Se tanta è la grandezza delle opere create - afferma Teodoreto di Ciro, scrittore cristiano del V secolo - quanto grande dev’essere il loro Creatore!» (
    Discorsi sulla Provvidenza, 4:Collana di Testi Patristici, LXXV, Roma 1988, p. 115). La meditazione del Salmista punta soprattutto a penetrare nel mistero del Dio trascendente, eppure a noi vicino. La sostanza del messaggio che egli ci offre è lineare: Dio sa tutto ed è presente accanto alla sua creatura, che a Lui non può sottrarsi. La sua non è però una presenza incombente e ispettiva; certo, il suo è anche uno sguardo severo nei confronti del male davanti al quale non è indifferente. Tuttavia l’elemento fondamentale è quello di una presenza salvifica, capace di abbracciare tutto l’essere e tutta la storia. È in pratica lo scenario spirituale a cui san Paolo, parlando all’Areopago di Atene, allude attraverso il ricorso alla citazione di un poeta greco: «In Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28)….

    bambini - bambino nel grembo materno imagelargeGli occhi amorevoli di Dio si rivolgono all’essere umano, considerato nel suo inizio pieno e completo. Egli è ancora «informe» nell’utero materno: il vocabolo ebraico usato è stato inteso da qualche studioso della Bibbia come rimando all’«embrione», descritto in quel termine come una piccola realtà ovale, arrotolata, ma sulla quale si pone già lo sguardo benevolo e amoroso degli occhi di Dio . … Estremamente potente è, nel nostro Salmo, l’idea che Dio di quell’embrione ancora «informe» veda già tutto il futuro: nel libro della vita del Signore già sono scritti i giorni che quella creatura vivrà e colmerà di opere durante la sua esistenza terrena. Torna così ad emergere la grandezza trascendente della conoscenza divina, che non abbraccia solo il passato e il presente dell’umanità, ma anche l’arco ancora nascosto del futuro. Ma appare anche la grandezza di questa piccola creatura umana non nata, formata dalle mani di Dio e circondata dal suo amore: un elogio biblico dell'essere umano dal primo momento della sua esistenza.


    Benedetto XI

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    DOMENICA 17 GIUGNO 2012

    salmo festa


    E' bello rendere grazie al Signore

    cedroQuest’inno di lode e di ringraziamento si cantava per esaltare al mattino la «bontà» di Dio e la sera la sua «fedeltà» (vv.2-4). L’ammirazione per le opere meravigliose del Signore si incentra sul destino che egli riserva ai giusti. Il rigoglioso e fecondo sviluppo della palma e del cedro del Libano, che frondeggiano e fruttificano nella casa di Dio (vv. 13-15), prova quanto egli sia «retto» con coloro che gli sono fedeli e che ripongono in lui la loro fiducia e speranza (v. 16). In Gesù, «germoglio» giusto e primizia del nuovo popolo fedele, si è realizzato il «regno di Dio», simbolizzato dal ramoscello che spunta, dal seme che cresce e fruttifica, dal granellino che produce un grande albero. Questo mistero, attualizzato oggi nella liturgia della Chiesa, suscita l’azione di grazie del nuovo popolo di Dio (da Servizio della Parola n° 437)



    Salmo 91

    È bello rendere grazie al Signore

    e cantare al tuo nome, o Altissimo,

    annunciare al mattino il tuo amore,

    la tua fedeltà lungo la notte.


    Il giusto fiorirà come palma,

    crescerà come cedro del Libano;

    piantati nella casa del Signore,

    fioriranno negli atri del nostro Dio.


    Nella vecchiaia daranno ancora frutti,

    saranno verdi e rigogliosi,

    per annunciare quanto è retto il Signore,

    mia roccia: in lui non c’è malvagità.



    Palm by nealwhite1262I padri della Chiesa

    “È bello confessare al Signore e inneggiare col salterio al tuo nome, Altissimo (v. 2). Non ha detto: è bello inneggiare col salterio e, dopo, confessare; ma nota la successione: è bello confessare ed è bello inneggiare col salterio. Fa' prima penitenza e cancella con le lacrime i tuoi peccati, e poi canta al Signore... Per annunziare al mattino la tua misericordia (v. 3) vuol dire questo: noi non possiamo confessare al Signore e conseguire la sua misericordia se nel nostro cuore non comincia a splendere una limpida luce. Se le tenebre non se ne sono andate e non si è fatto mattino, non possiamo conseguire la misericordia del Signore. Tu però annunzi al mattino la misericordia del Signore soltanto quando il sole di giustizia sia spuntato nel tuo cuore”.

    Origene



  • PRENDETE, QUESTO E' IL MIO CORPO

    Dal Vangelo secondoMarco(14,12-16.22-26 )

    prendete questo e il mio corpoIl primo giorno degli àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».

    Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».

    I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

    Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.



     

    “Fate questo in memoria di me” è quanto ha lasciato ai suoi discepoli nell’ultima cena e noi lo viviamo ogni domenica. Un gesto semplice, familiare, donare un pane, offrire un calice, ma che racchiude tutta la sua vita in un amore senza limiti. Quel pane è il suo corpo, quel vino è il suo sangue, che sulla croce troverà il compimento di amore per ogni uomo. Tutto questo la domenica, ma in questa domenica con una maggiore attenzione di fede, di coscienza espressa anche con la processione di Gesù Eucaristia per le vie della nostra città. Gesù si fa pellegrino, come con i discepoli di Emmaus per rincuorarci dalle nostre paure, dalla poca fede, per riconoscerlo nello spezzare il pane. Ma purtroppo la domenica per tanti non dice più nulla, è un giorno di tutto, ma priva dell’incontro con chi si fa “pane vivo”, e così restiamo affamati e assetati. L’esperienza Mondiale delleFamiglie di Milano, a cui ho avuto la gioia di partecipare, ha avuto il suo culmine nella celebrazione eucaristica presieduta da Benedetto XVI e quello che mi ha maggiormente colpito, oltre lo straripante entusiasmo degli 80 mila ragazzi a S. Siro, è stato il vedere, mamme e papà, che con i figli nella mano, in braccio, in carrozzella, insieme per vivere l’Eucaristia del Signore. Beata la famiglia che vive il giorno del Signore! Un grazie di cuore a Giovanna Cangiano per la sua pagina evangelica.

    P. Raffaele Angelo Tosto


    UNA STANZA PER GESU'

    Il Maestro dice: dov’è la stanza in cui mangerò la pasqua con i miei discepoli? Una stanza per Gesù.

    Giunto il tempo della pasqua Gesù mandò due discepoli in cerca di una stanza dove trascorrere questo momento e stare insieme ai suoi . La stanza trovata fu adatta per ospitarli, perché era ammobiliata e pronta per consumare la pasqua.

    Ancora oggi Gesù non cerca luoghi sfarzosi e appariscenti ma di comunione con le sue creature.

    La stanza che cerca è il cuore che sia ben disposto a riceverlo, che desideri la sua presenza e voglia avere una continua comunione con lui.

    Pensi che il tuo cuore sia il meno adatto a riceverlo perché lo hai trascurato, abbandonandoti al disordine e al peccato? Sappi, è il tuo cuore che Cristo è venuto a liberare e a purificare con il Suo sangue; invitalo ad entrare nella tua vita perché dimori con te per sempre!!!

    Signore Gesù poiché un giorno mi hai chiamata a fare pasqua con Te, ogni volta che Ti ricevo nell’Eucarestia io sono alla Tua mensa e cerco di presentarmi con un cuore purificato, perché da quella prima cena continui a donarti a tutti quelli che accettano il tuo invito.

    Sia benedetto in eterno e per sempre il Corpo e Sangue di Gesù. Amen.

    Giovanna Cangiano



    1° MEETING DELLE MADRINE OMD

    UNA GIORNATA CON.... MARIA

    meeting madrine omdLo scorso 2 giugno le Madrine dell’Ordine della Madre di Dio si sono ritrovate a Capurso, ridente cittadina della provincia di Bari, presso il Santuario della Madonna del Pozzo gestito dall’Ordine dei Frati Minori, per il primo incontro di formazione e di programmazione di un importante pilastro della vita dell’Ordine. Quasi in perfetto orario secondo il programma, sono giunte a Capurso le delegazioni delle Madrine delle Parrocchie di San Ferdinando di Puglia, Gallipoli, Napoli e Roma, calorosamente accolte dai frati del Santuario che hanno voluto relazionare prima dell’inizio dell’incontro ufficiale, circa la storia della Basilicadi Santa Maria del Pozzo,che per volontà diPapa Pio IX, venne elevata aBasilica minore e in seguito, per interessamento della famiglia reale di Napoli, iBorbone delle Due Sicilie, a Reale Basilica. Al suo interno si conserva ed è venerata l'iconabizantina della Madonna, ritrovata il30 agosto1770, da donDomenico Tanzella all'interno del pozzo sito nella contrada Piscino nella periferia campestre di Capurso. Il culto a Capurso dellaMadonna del Pozzo è tra le più importanti realtà diturismo religioso mariano del meridione.

    Numerosi anche i religiosi OMD presenti, coordinati da P. Luigi Piccolo relatore della catechesi sul tema:Donne testimoni del mistero per generare Dio nel mondo.A seguito della lettura del brano del Vangelo secondo Luca, ci è stato presentato il bellissimo dipinto del Pontormo che rappresentala visitazione, l’incontro di Maria con la cugina Elisabetta entrambe incinte.

    Nell’esaminare i dettagli, la prima cosa che p. Luigi, ha voluto evidenziare, la meraviglia degli sguardi delle due donne, l’abbraccio leggero e delicato di Maria nei confronti della cugina Elisabetta che nel salutarla sembra sollevarsi da terra nonostante la sua venerabile età, oltre al mantello di Maria meravigliosamente rappresentato gonfio di quella grazia ricevuta da Dio

    Al termine dell’incontro i presenti hanno partecipato alla S. Messa concelebrata dai Padri OMD ed al termine nonostante il caldo, si sono recati a piedi alla Cappella del Pozzo (edificata sul pozzo dove fu ritrovata l'icona della Vergine) e dove hanno potuto bere dell’acqua che sgorga dalle fontanelle del pozzo per poi pregare ed accompagnare col canto l’atto di sottoscrizione di una pergamena da consegnare al P. Generale.

    Una così ben organizzata iniziativa non poteva che concludersi con un momento di convivialità   per tutti i circa cento partecipanti presso un agriturismo, un momento di festa ed una buona occasione per riassaporare la sana cucina pugliese con i prodotti tipici locali. Al termine i saluti e i ringraziamenti sono stati accompagnati dal  taglio della torta da parte delle responsabili dei diversi gruppi.

  • terremoto

    È in atto una raccolta di materiale utile per quanti sono stati colpiti dal terremoto, da MIRABELLO (Ferrara) hanno chiesto particolarmente:

    • Pannolini di varie taglie e assorbenti donna
    • Spazzolini e dentifrici
    • Salviettine umidificate usa e getta
    • Asciugamani piccoli e grandi
    • Fazzoletti di carta
    • Candeggina
    • Zucchero in bustine
    • Tonno e alimenti in scatola, riso, latte a lunga scadenza, biscotti
    • Prodotti per l’igiene intima e sapone liquido
    • Spray zanzare

    Raccolta pressoCENTRO CULTURALE POLIVALENTE dalle ore 17.30 alle 20.30


  • ANDATE E FATE DISCEPOLI TUTTI I POPOLI

    Dal Vangelo secondoMatteo(28, 16-20)

    andate come discepoliIn quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.

    Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.

    Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».



     

    E’ la domenica della Santissima Trinità, l’essere di Dio inconoscibile all’uomo, rivelato da Gesù con la sua incarnazione, passione, morte e resurrezione. La pagina del Vangelo di questa domenica, l’ultima di Matteo, ci riporta all’ascensione di Gesù, al suo ritorno al Padre e, meraviglia, i discepoli “dubitarono” e il Signore li rende partecipi di un “potere” unico. Il potere non è forza, ma rivelazione d’amore e amore di un Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, e questo gli appartiene per natura, ora lo comunica ai discepoli nonostante tutti i loro dubbi. Ciò che vi detto, ora dovete predicarlo a tutti. Date la stessa vita di Dio   ad ogni uomo, rendendoli discepoli, facendo sperimentare questa comunione, rendendoli figli di Dio. Ve l’ho insegnato: “Quando pregate, dite: Padre nostro…”. “Vi manderò lo Spirito che vi guiderà alla Verità…”. Ora io vado al Padre e voi siete mandati a tutti per questo “Vangelo” d’amore e di vita di Dio in ogni uomo. Il Battesimo è l’immersione dell’uomo nella vita di Dio e di un Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo. E tu sei un figlio nell’abbraccio trinitario. Allora il mistero di Dio non si riduce ad un “mistero” di intelligenza, di studio, riservato a pochi, ma è dono di vita, di gioia, di amore. Si torna all’origine: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” e qual è l’immagine di Dio? E’ quella rivelata da Gesù: Padre, Figlio, Spirito Santo. Ogni giorno possiamo rinnovare questa nostra coscienza con il segno della Croce: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Un gesto semplice, familiare, ma che ci apre all’amore di Dio. Il Dio di Gesù Cristo, il Dio dei cristiani, il mio Dio che mi rende figlio e fratello di ogni uomo. La nostra gratitudine a Bombini Lucrezia per il suo apporto al vangelo di questa domenica.

    P. Raffaele Angelo Tosto


    SEGUIRE GESU'

    Tutti noi siamo discepoli di Gesù e dal momento in cui  ci viene rivolta la chiamata non solo sperimentiamo la salvezza a livello personale, ma dobbiamo portarla agli altri. Il dubbio e le paure costituiscono un freno che rallentano il nostro donarsi con prontezza e gratuità al prossimo. Anche i discepoli hanno lasciato tutto per seguire il Signore, eppure non riescono ad abbandonarsi completamente all’amore di Dio. Il Signore ci vuol far comprendere che lui ha il potere di farci comprendere quello che per noi è difficile e impossibile. Lui ci manda a fare discepoli osservando i suoi comandamenti. I primi però dobbiamo essere noi a conoscere e osservare. Questo sarà il modo più convincente di annunciare quanto abbiamo ricevuto.

    Bombini Lucrezia



    Da Youcat, Catechismo dei giovani (35-36)

    LA TRINITA'


    trinitaCrediamo ad un unico Dio o a tre dèi?

    Crediamo ad un unico Dio in tre persone (Trinità). «Dio non è solitudine, ma perfetta comunione» (Benedetto XVI, 22.05.2005).

    I cristiani non pregano tre diversi dei, ma un'unica entità che si dispiega in maniera triplice e resta comunque una. Che Dio sia trino lo apprendiamo da Gesù Cristo: egli, il Figlio, parla di suo Padre nel cielo («io e il Padre siamo una cosa sola», Gv 10,30); egli prega rivolto a lui e ci dona lo Spirito Santo, che e l'amore del Padre e del Figlio. Questo è il motivo per cui veniamo battezzati «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19).


    Si può spiegare razionalmente la natura unitrina di Dio?

    No. La natura unitrina di Dio è un mistero; conosciamo tale natura solo attraverso Gesù Cristo.

    Gli uomini non possono spiegare la natura unitrina di Dio coi mezzi della loro propria ragione; possono tuttavia riconoscere la ragionevolezza di questo mistero nel momento in cui accolgono la rivelazione di Dio in Gesù Cristo.

    Se Dio fosse solo e solitario, non potrebbe amare fin dall'eternità; grazie all'illuminazione di Gesù troviamo nell' Antico Testamento (ad es. Gen 1, 2; 18, 2; 2 San 23, 2), e addirittura in tutta la creazione, le tracce del natura trina di Dio.


    TRINITÀ (lat. Trinitas = triade): Dio è uno soltanto, ma è presente in tre persone. Il fatto che esistano i termini di Tri-unità e Trinità, dei quali il primo sottolinea l'unità, il secondo la distinzione presenti in Dio, è un richiamo al mistero in sondabile della Trinità.


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