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      DOMENICA 28 APRILE 2019 


     II DOMENICA DOPO PASQUA


     

    DISSE A TOMMASO. «METTI QUI IL TUO DITO E GUARDA LE MIE MANI...»GIOVANNI 20,27

    28042019Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-31)

    La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

    Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

    Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. 

     


     

    SF 310 pag 2

     


     
    A NOI GIOVA PIÙ L'INCREDULITÀ DI TOMMASO
    Dagli scritti di san Gregorio Magno
     
      
    28042019 2"Ma Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù" (Gv 20,24). Questo discepolo fu l'unico assente; al suo ritorno sentì ciò che era avvenuto, ma non volle credere a quel che aveva udito. Il Signore ritornò e presentò al discepolo incredulo il costato perché lo toccasse, mostrò le mani e, facendo vedere le cicatrici delle sue ferite, sanò la ferita della sua infedeltà. Cosa, fratelli carissimi, cosa notate in tutto ciò? Credete dovuto a un caso che quel discepolo fosse allora assente, e poi tornando udisse, e udendo dubitasse, e dubitando toccasse, e toccando credesse? Non a caso ciò avvenne, ma per divina disposizione. La divina clemenza mirabilmente stabilì che quel discepolo incredulo, mentre toccava le ferite nella carne del suo Maestro, sanasse a noi le ferite dell'infedeltà. A noi infatti giova più l'incredulità di Tommaso che non la fede dei discepoli credenti perché mentre egli, toccando con mano, ritorna alla fede, l'anima nostra, lasciando da parte ogni dubbio si consolida nella fede.
     
    Certo, il Signore permise che il discepolo dubitasse dopo la sua risurrezione, e tuttavia non lo abbandonò nel dubbio... Così il discepolo che dubita e tocca con mano, diventa testimone della vera risurrezione, come lo sposo della Madre (del Signore) era stato custode della perfettissima verginità.
     
    Tommaso toccò, ed esclamò: "Mio Signore e mio Dio! Gesú gli disse: Perché mi hai veduto, Tommaso, hai creduto". Quando l'apostolo Paolo dice: "La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono", parla chiaramente, perché la fede è prova di quelle cose che non si possono vedere. Infatti delle cose che si vedono non si ha fede, ma conoscenza naturale. Dal momento però che Tommaso vide e toccò, perché gli viene detto: "Perché mi hai veduto, hai creduto?" Ma altro vide, altro credette.
     
    Da un uomo mortale certo la divinità non può essere vista. Egli vide dunque l'uomo, e confessò che era Dio, dicendo: "Mio Signore e mio Dio"! Vedendo dunque credette, lui che considerando Gesù un vero uomo, ne proclamò la divinità che non aveva potuto vedere.
     
    Riempie di gioia ciò che segue: "Beati quelli che non hanno visto, e hanno creduto". Senza dubbio in queste parole siamo indicati in special modo noi che non lo abbiamo veduto nella carne ma lo riteniamo nell'anima. Siamo indicati noi, purché accompagniamo con le opere la nostra fede. Crede veramente colui che pratica con le opere quello che crede. Al contrario, per quelli che hanno la fede soltanto di nome, Paolo afferma: "Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti". E Giacomo aggiunge: "La fede senza le opere è morta".
     
     

     
    strada facendo n 310 II PSQ C 28 04 19
     
     
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      DOMENICA 14 APRILE 2019 


     DOMENICA DELLE PALME


     

    «BENEDETTO COLUI CHE VIENE, IL RE, NEL NOME DEL SIGNORE»LUCA 19,38

    14042019Dal Vangelo secondo Luca (19,28-40)

    In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno.

    Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: "Perché lo slegate?", risponderete così: "Il Signore ne ha bisogno"».

    Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».

    Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:

    «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore.
    Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».

     

     

     

     

    il parroco scrive

    Al grido di Osanna la liturgia di questa domenica ci introduce nella Settimana Santa, ci porta ad acclamare con gioia a Gesù, ad accoglierlo come “Colui che viene, il re, nel nome del Signore”. Entusiasmo che durerà poco, purtroppo, perché le stesse persone esultanti grideranno “crocifiggilo”.

    In questi giorni che diciamo “santi” è nato il cristianesimo, dallo scandalo e dalla follia della croce. In questa settimana si concentra tutto ciò che riguarda la nostra fede. È importante per ciascuno di noi accostarci a questa settimana lasciandoci rapire dalla contemplazione dell’Amore che si dona per noi e nella Pasqua ci ricorda che il nostro destino, che la nostra vita, già oggi, è quella di risorti.

    Forse cammineremo dietro la processione della Pietà o del Legno santo, canteremo la gioia dietro a Gesù risorto, ma ricordiamoci e custodiamo nel cuore che queste belle devozioni nascono dal Mistero celebrato nel Sacro Triduo pasquale. Non camminiamo dietro ad un’immagine, ma dietro il Cristo che si dona per noi. Allora il nostro camminare sarà annuncio di vita nuova e Vangelo. Con questo spirito accostiamoci ai sacramenti, rallegriamoci e godiamo della gioia della Pasqua.

    p. Luigi Murra

     

     strada facendo n 308 PALME C 14 04 19
    SF 308 agenda pasqua
     
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      DOMENICA 7 APRILE 2019 


     V DOMENICA DI QUARESIMA


     

    «VA’ E D’ORA IN POI NON PECCARE PIÙ»GIOVANNI 8,11

    Dal Vangelo secondo Giovanni(8,1-11)

    07042019In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.

    Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.

    Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.

    Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

     

     

     

     

     

    il parroco scrive

    «Tu che ne dici?». Quante volte abbiamo fatto questa domanda anche noi? Molte volte spinti dal desiderio di avere un consiglio, altre volte forse solo per rendere partecipe qualcuno di una situazione magari spettegolando, mentre altre volte, come capita a Gesù in questo vangelo, la domanda è posta per mettere l’altro in difficoltà. Sì, perché la domanda fatta a Gesù non riguarda realmente la storia e l’errore di una donna ma è un modo per far prendere posizione a Gesù, sperando di metterlo in difficoltà per incastralo. E cosa fa Gesù? “Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra”, compie quel gesto che Dio ha compiuto nel momento in cui sul monte Sinai, ha scritto le Tavole della Legge. Gesù invita tutti a guardare la Legge con occhi nuovi, ed ecco che all’insistenza di chi lo provoca il Maestro dice quella frase che tutti noi conosciamo bene: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra». Spesso purtroppo ci ergiamo a giudici dei fratelli, eppure nemmeno Gesù, che ben potrebbe perché è senza peccato, giudica quella donna perché lui è venuto a salvare e non a condannare. “Se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani”. Tutti vanno via riconoscendosi peccatori e portando via con se il loro peccato mentre la donna esce salvata. «Va’ e d’ora in poi non peccare più». Questa donna esce dal peccato con una richiesta che può apparire assurda, impossibile, ma chi incontra veramente Gesù esce rinnovato. Se prima il peccato finiva con la morte del peccatore, ora invece in Gesù, il peccato è tolto dal perdono, e si conclude con la salvezza del peccatore. E allora la domanda da porci potrebbe essere: «Tu che ne dici di cambiare vita?».

     
    SF 307 pag 2
     
    LA PUGLIA CON E PER L’EUROPA IN VISTA DELLE ELEZIONI
    Messaggio della Commissione regionale pugliese per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia, la pace e la custodia del creato. Molfetta, 30-03-2019
    07042019 2Tra qualche settimana anche i cittadini pugliesi saranno chiamati alle urne in occasione delle consultazioni che consentiranno al Parlamento europeo di rinnovarsi. Pensiamo che sia importante non perdere l’occasione di esprimersi a favore di un Europa solidale che possa mettere al centro dei propri programmi la persona umana riprospettando così ciò che i Padri fondatori vollero proporre alle popolazioni duramente provate da due guerre che si erano succedute a distanza ravvicinata. L’Unione Europea ha saputo garantire in questi ultimi decenni un tempo lungo di non belligeranza che oggi si corre il rischio di non valorizzare a sufficienza. È importante non dare per scontato un bene così prezioso come la pace dal momento che questa nasce dalla condivisione di un progetto ideale ambizioso: la costruzione di una COMUNITA’ di POPOLI nella quale nessuna nazione rinuncia alle proprie peculiarità, ma le mette a disposizione delle altre perché si cresca tutti insieme in un’armonia che non deve restare un’utopia. Come ricordato dal Santo Padre in occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati istitutivi della Comunità Economica Europea il 24 marzo del 2017, l’Europa non può essere ridotta ad «un insieme di regole da osservare, o un prontuario di protocolli e procedure da seguire» e soprattutto si rende necessario agire così che sia evitato «lo “scollamento affettivo” fra i cittadini e le Istituzioni europee, spesso percepite lontane e non attente alle diverse sensibilità che costituiscono l’Unione». Il caso della perdurante crisi migratoria con il rifiuto nell’assunzione di responsabilità da parte di molti Stati dell’Unione e la difficoltà da parte delle Istituzioni europee nel proporre soluzioni condivise e condivisibili è un grave sintomo di una pericolosa chiusura che può decretare la fine di un sodalizio che è nato facendo tesoro delle diversità che si incontrano. La gestione di un fenomeno di così ampie proporzioni non può essere demandata ai soli Stati che si affacciano sul Mediterraneo. Solo rimettendo al centro l’uomo con la sua dignità si potrà ridimensionare il pericolo di vedere messo in discussione un sogno che, seppur realizzato solo in parte, ha saputo offrire in questi decenni, importanti progressi a milioni di persone. Ci pare fondamentale ripartire dalla solidarietà che, come dice Papa Francesco «è anche il più efficace antidoto ai moderni populismi». È questa una speranza che si esplicita investendo in uno sviluppo che non è dato solo dal progresso nelle tecniche produttive: è richiesto un respiro più ampio e riguardante l’essere umano nella sua integralità. Per questo non si può prescindere dal riconoscimento della dignità del lavoro che in Puglia purtroppo, deve fare i conti con il caporalato e le agromafie, con il lavoro nero, demansionato, insicuro e sottopagato, con la fuga dei cervelli, l’assenza di opportunità lavorative e la difficoltà nella creazione di imprese, che impediscono la formazione di nuove famiglie. Inoltre, è necessario ricercare soluzioni equilibrate a proposito del drammatico conflitto tra produzione industriale e salvaguardia della salute e dell’ambiente. È importante garantire il rispetto della bellezza che ci circonda e valorizzare il patrimonio naturalistico per potenziare un turismo realmente sostenibile. La ricerca di combustibili fossili in mare rischia di offuscare quanto di meraviglioso ci è stato donato. Pensiamo sia necessario investire nell’educazione e nella ricerca scientifica che permettano, tra le altre cose, la conservazione di un patrimonio di straordinaria importanza come quello degli ulivi secolari pesantemente ridimensionato in questi ultimi anni dalla “xylella fastidiosa”. Per noi l’Europa può essere un presidio essenziale di solidarietà, di pace e di progresso e per questo il nostro auspicio è quello di vedere tanti cittadini pronti ad esprimere le loro preferenze verso coloro i quali si impegneranno a far crescere il nostro caro “vecchio continente” tenendo conto di queste priorità.

     
    strada facendo n 307 V QRS C 07 04 19 
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     DOMENICA 29 APRILE 2018 


     

    «IO SONO LA VITE VERA E IL PADRE MIO È L'AGRICOLTORE»Giovanni 15,1

    29042018Dal Vangelo secondo Giovanni(15,1-8)
    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
    Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
    Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

     

     

     

    il parroco

    La pagina di Giovanni, nella sua brevità, è una collana di perle, una più bella e preziosa dell’altra. Risuona ancora una volta l’identità di Gesù: “Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore”. Un’immagine a tutti familiari e ma ancora di più al popolo eletto che, nella voce dei profeti, si riconosceva, vigna del Signore, curata, amata, difesa, tanto da diventare motivo di canto verso l’amata. La parola di Gesù porta nei nostri cuori tanta luce che conferma o mette in crisi i rapporti, di noi tralci con la vite. “Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”. E’ l’arte del vignaiolo, e Gesù rivela che: “Il Padre mio è l’agricoltore”. Dall’immagine della vite, dobbiamo imparare a tagliare e potare per portare frutto, una vite abbandonata a se stessa si inselvatichisce e diventa infruttuosa. Così, anch’io se non accetto “il taglio” di tralci inutili e “la potatura” di altri, non potrò portare frutti. Tante volte scelgo il “far da sé”, rifiuto ogni intervento di mani esperte. La potatura avviene “se le mie parole rimangono in voi”. Ascoltare, custodire, vivere la Parola è l’unica via per restare uniti alla vite e portare frutti. “Chi rimane in me, e io in lui, porta molti frutti, perché senza di me non potete far nulla”. Tutti capiamo che un ramo non può vivere, staccato dalla pianta, quanto è difficile capirlo e viverlo nel quotidiano cristiano. Celebrare l’eucaristia è vivere la comunione con Gesù, vite vera e noi suoi tralci. Chiediamo al Signore di “rimanere con lui” e porteremo molti frutti.

    Grazie ai genitori di Lamonaca Erika, Grazia e Daniele, per il commento al Vangelo.

     

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)

     

     

    PRODURRE FRUTTO

    In questo vangelo Gesù si paragona ad una vite vera che porta frutto e Dio è il vignaiolo che ama la sua vite. Secondo questo passo del vangelo noi uomini, paragonati ai tralci della vite, se ci stacchiamo da Lui non possiamo produrre frutto né far nulla. Se noi non amiamo Gesù e ci distacchiamo da Lui, diventiamo dei tralci secchi, che non servono a nulla. Infatti, come il tralcio non può portare frutto da se stesso, se non rimane nella vite, così neanche noi, senza di Lui possiamo far nulla. Ma se amiamo Gesù e rimaniamo con Lui, Egli rimane in noi e possiamo produrre frutto, perché partecipiamo alla sua vita e alla pienezza della sua gioia. In questo è glorificato il Padre: che portiamo molto frutto e diventiamo discepoli, lo amiamo e ascoltiamo la sua Parola.

    Grazia e Daniele

     

     

     

      

     

    “TUTTI SIAMO CHIAMATI AD ESSERE SANTI ” Papa Francesco

    Servo di Dio MATTEO FARINA - www.matteofarina.com

     

    29042018 2Un ragazzo solare, umile, sorridente, disponibile verso gli altri e animato da una grande fede in Dio che ha segnato la sua fulgida esistenza nella semplicità e nell’essere testimone di Gesù Cristo. Il ricordo di Matteo Farina, nato ad Avellino il 19 settembre del 1990, ma vissuto a Brindisi è qualcosa d’incancellabile, soprattutto dopo la sua prematura scomparsa avvenuta il 24 aprile 2009, quasi 19enne, dopo aver affrontato con una incredibile forza d’animo e profonda spiritualità le atroci sofferenze causate da un tumore al cervello.
    Matteo si è sempre prodigato per il prossimo, impegnandosi quotidianamente contro le ingiustizie sociali ed economiche oppure contro i falsi miti che spesso distolgono i suoi coetanei dai veri valori della vita. Per tutti resta un ragazzo d’oro, con il suo entusiasmo contagioso, la sua inconfondibile voglia di vivere, di portare gioia e serenità, di essere, come amava definirsi, “un infiltrato di Dio tra i giovani”.
    Era una delle sue riflessioni più intense e significative: “Parlando di Dio ai miei amici, a tanti ragazzi – diceva – osservo chi mi sta intorno per entrare tra loro silenzioso come un virus e contagiarli con una malattia senza cura, l’Amore con la A maiuscola”. Matteo ha sempre vissuto a Brindisi, circondato dall’amore e dall’affetto dei genitori Paola e Miky e della sorella maggiore Erika. Una famiglia unita da una radicata fede cristiana. A 9 anni conosceva già bene il Vangelo. Dopo la prima confessione gli apparve in sogno Padre Pio che gli disse: “Se sei riuscito a capire che chi è senza peccato è felice devi farlo capire agli altri, in modo che questa felicità possano viverla anche loro”. Una rivelazione quasi promotrice di quello che poi sarebbe stato il suo cammino di fede.
    A scuola andava bene, prendeva bei voti dedicandosi anche alla sua grande passione, la musica. Cantava in una band ed era l’animatore delle feste tra amici. Alle superiori emerse la sua predilezione per l’informatica e la chimica.
    I primi sintomi della grave malattia affiorarono nel settembre del 2003 a causa di un tumore cerebrale. Si sottopose ad un primo intervento nel gennaio del 2005. Due anni dopo la seconda operazione, seguita da altre successive per la ricomparsa di recidive. Durante i diversi ricoveri in clinica ed in ospedale, quasi dimentico di se stesso, pregava per gli altri ammalati portando conforto e trasmettendo loro tutta la dolcezza dell’amore divino. Il calvario fatto di dolori fisici e tormenti non ha mai scalfito la sua gioia di vivere. La storia d’amore con Serena, che gli è stata vicino negli ultimi anni della sua vita, è il fiore più raro che sboccia anche nel terreno più arido.
    «Matteo non ha mai fatto pesare la sua malattia», dichiarò una volta la sua mamma Paola. «E’ lui che mi ha dato la forza di affrontare i momenti più duri. Mi diceva: “non ti preoccupare perché sai bene perché il Signore ci sceglie” La malattia come una prova da offrire a Dio. E’ lui che dava coraggio e infondeva serenità nei suoi familiari. Non si è mai sentito un malato. Ha continuato a studiare con ottimi risultati, a progettare un futuro con la sua fidanzata, a testimoniare con la vita e i suoi numerosi scritti una fede granitica e un abbandono totale alla volontà del Signore: “Accucciati umile nelle braccia di Dio e lasciati andare”». 
    È in corso il processo per la beatificazione.

     


     

     
    strada facendo n 271 V PSQ B 29 04 18
     
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     DOMENICA 15 APRILE 2018 


     

    «AVETE QUI QUALCHE COSA DA MANGIARE?». GLI OFFRONO PESCE ARROSTITO.Luca 24,41

    Dal Vangelo secondo Luca(24,35-48)
    15042018In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
    Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
    Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

     

     

     

    il parroco

    “Di questo voi siete testimoni”, è la missione che Gesù affida ai suoi, ma per giungere a un mandato, così chiaro e solenne, si richiede una fede certa, gioiosa nel Signore risorto, cosa che non è così scontata tra i discepoli. L’evento della croce, della sepoltura e della resurrezione, accompagnato dalla parola delle donne e confermato dalla stessa presenza del Signore, aveva riportato gli animi a sentimenti di gioia misti ancora a tanta paura. Il racconto dei discepoli di Emmaus, se da una parte li aveva confermati, dall’altra erano ancora sconvolti. Gioia e timore si uniscono lasciando gli animi ad altri pensieri, rifugiandosi in “fantasmi”. “Gesù in persona: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?...sono proprio io! Toccatemi e guardate”. Al vedere le ferite gloriose cresce la gioia, ma non la fede. Per questo, rivolge l’invito: ”Avete qui qualche cosa da mangiare?”. Così spezzando il pane e mangiando con loro, si conferma la certezza della presenza di Gesù, il Maestro, vivo e risorto. Anche noi lo riconosceremo nello spezzare il pane, ogni domenica, Lui non si ferma a “toccatemi e guardate”, ma prendete mangiate, questo è il mio Corpo, è il mio Sangue, dato per la salvezza di tutti. Accogliamo con umiltà, gioia e fede un dono così grande e personale, ci farà crescere nell’essere suoi testimoni.

    Grazie ai genitori di Denise Donofrio, Carmen e Francesco, per il commento al Vangelo.

     

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)

     

     

    ANCORA INCREDULI

    I due discepoli, ritornati da Emmaus, raccontarono come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. Gli altri, però, erano ancora increduli e rimanevano chiusi nel cenacolo e Gesù entrò e disse loro: “Pace a voi!”, chiedendo perché fossero turbati e increduli e disse: “Toccate e guardate i miei piedi, sono proprio io, non sono un fantasma”. Vista la loro incredulità disse loro: ”Avete qualcosa da mangiare?”. Mangiò con loro confermando, quanto la Scrittura aveva profetato: che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto.

    Carmen e Francesco

     


     

    facciamo il tagliando

     “Incantevole come l’amore” è un corso per sposi, per ripartire con slancio!

    E riscoprire la bellezza della vita nuziale!
    Un ‘esperienza “incantevole”, un’esperienza DA DIO!
    Conduce il dott. Domenico Armiento, psicologo-psicoterapeuta, esperto in dinamiche di coppia.

    Per informazioni: p. Luigi Murra
    Per iscrizioni: 3473238373 e 3923361715

     


     

    TI RACCONTO LA MIA ESPERIENZA 3...:

    ingannevole come lamore

     

    Ad ognuno di noi capita di trovarsi di fronte a delle scelte dove non crediamo di farcela. Però, a volte, è solo un limite che ci imponiamo è che non ci permette di essere realmente felici. Ingannevole come l'amore è stata un'opportunità, per noi, di crescere prendendo consapevolezza dei nostri limiti, imparando a conviverci senza condizionare le nostre scelte. Per questo abbiamo capito che le cose belle se le vuoi le deve conquistare!

    L'importante è stare attenti a ricercare sempre l'essenziale, tralasciando il superfluo e che nella vita per stare bene con gli altri, bisogna prima stare bene con se stessi!

    Giuseppe ed Angela

     


     

     

     

     

    “GAUDETE ET EXSULTATE”: LA SANTITÀ DELLA VITA QUOTIDIANA
    Paola Bignardi, www.agensir.it

     

    gaudete et exsultateÈ uscita in questi giorni la terza esortazione apostolica di Papa Francesco dal titolo “Gaudete et Exsultate”. Il filo rosso della gioia continua a rappresentare l’elemento che unifica il magistero del Papa che vuole cristiani gioiosi che mostrino di aver incontrato il Risorto e in lui il segreto di una vita pacificata, realizzata, piena.

    Quasi facendo eco al dettato conciliare sull’universale chiamata alla santità, la “Gaudete et Exsultate” indica nella santità l’orizzonte della esistenza del cristiano comune.

    La prima cosa che colpisce nel testo è la convinzione con cui si sostiene che la santità appartiene al “popolo di Dio paziente”, alle persone che hanno un’ordinaria vita quotidiana fatta delle cose semplici che sono la struttura dell’esistenza di tutti.

    Ci si dovrà abituare a riconoscere i santi della porta accanto: nei “genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere” (n. 7).

    Dunque una santità che non è per pochi eroi o per persone eccezionali, ma il modo ordinario di vivere l’ordinaria esistenza cristiana. Non vi è vita cristiana possibile al di fuori di questo quadro esigente e appassionante: c’è un solo modo di essere cristiani, quello che si colloca nella prospettiva della santità.

    La manifestazione della santità della vita quotidiana non va cercata nelle estasi o nei fenomeni straordinari che talvolta si associano ad essa, ma in coloro che fanno delle beatitudini la loro carta di identità e che vivono secondo quella “grande regola di comportamento” proposta nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo: la concreta misericordia verso il povero. Queste persone, che vivono “con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno” fanno vedere il volto del Signore (n. 63). Chi vive nel dono di sé perché vive secondo la parola di Gesù, è santo e sperimenta la vera beatitudine. Papa Francesco però mette in guardia dalla tentazione di considerare le beatitudini come belle parole poetiche: esse vanno controcorrente e delineano uno stile diverso da quello del mondo.

    La “grande regola di comportamento“ traduce in modo concreto le beatitudini, soprattutto quella della misericordia.

    L’esempio che viene riportato al n. 98 è molto concreto e mostra il discrimine tra l’essere cristiani e non esserlo. “Quando incontro una persona che dorme alle intemperie, in una notte fredda” (n. 98) posso considerarlo un imprevisto fastidioso o riconoscere in lui un essere umano come me infinitamente amato dal Padre: dal mio atteggiamento passa il confine tra l’essere cristiani e non esserlo!, perché, afferma Papa Francesco, “non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo”. Perché se la santità è il dono di sé come lo ha vissuto il Signore Gesù, non si potrà passare distratti e indifferenti accanto al fratello che soffre.

    Vivere la santità richiede di avere realizzato nella propria esistenza quell’unità per cui si passa dalla contemplazione del volto del Signore alla concretezza del gesto di carità, e dall’azione per l’altro al mistero del Risorto come a sua radice.

    L’Esortazione non è un piccolo trattato, ma vuole essere uno strumento per cercare le forme della santità per l’oggi.

    Le cinque caratteristiche che vengono proposte nel capitolo quarto indicano alcuni rischi e limiti della cultura di oggi: “L’ansietà nervosa e violenta che ci disperde e debilita; la negatività e la tristezza; l’accidia comoda, consumista ed egoista; l’individualismo, e tante forme di falsa spiritualità senza incontro con Dio che dominano nel mercato religioso attuale” (n. 111).

    Di fronte ad essi, occorrono fermezza e solidità interiore per resistere all’aggressività che è dentro di noi; la gioia e il senso dell’umorismo; la parresia, come coraggio apostolico e capacità di osare; la disponibilità a fare un cammino in comunità e infine la preghiera.

    Così il cristiano potrà sperimentare quella gioia che il mondo non gli potrà togliere.

     


     L'enciclica è possibile scaricarla GRATIS dal sito dell'Opus Dei:

    http://opusdei.org/it-it/article/gaudete-et-exsultate-ebook-gratuito/


     
    strada facendo n 269 III PSQ B 15 04 18
     
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     DOMENICA 8 APRILE 2018 


     

    ... MENTRE ERANO CHIUSE LE PORTE DEL LUOGO... VENNE GESÙ, STETTE IN MEZZO E DISSE LORO: «PACE A VOI!»Giovanni 20,19

    08042018Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-31)
    La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
    Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
    Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

     

     

     

    il parroco

    Il vangelo di Giovanni ci accompagna ad incontrare Gesù risorto nel Cenacolo, dove gli apostoli si erano rinchiusi per la paura che regnava nei loro cuori. Non è stato sufficiente, quanto avevano vissuto al mattino insieme alle donne davanti al sepolcro vuoto, la possibilità di fare la fine del maestro era così reale, che non restava che sprangare le porte del Cenacolo, aspettando che passasse la bufera. In questa situazione, Gesù, Lui, che ha ribaltato la grande pietra del sepolcro, entra a ”porte chiuse” per ricostruire i loro animi e lo fa con una abbondanza di doni pasquali. “Pace a voi”, non è un semplice augurio di circostanza, ma la sua stessa presenza, resa ancora più bella, più convincente nel rivedere il loro Maestro segnato dalle ferite, ma vittorioso. Si presenta con i suoi doni: la Pace, lo Spirito Santo per il perdono dei peccati, per raggiungere ogni uomo e riportarlo alla nuova creazione, dalla morte del peccato alla vita risorta. In questo tripudio di gioia è assente Tommaso “uno dei dodici”, chiuso nelle sue certezze che rifiuta ogni testimonianza, crede solo a se stesso, solo se mette “il dito” nelle sue piaghe. Gesù, otto giorni dopo, lo prende in parola e lo invita a mettere “il dito” nel suo costato. Solo allora si ricrede con una fede sincera: “Mio Signore e mio Dio!”. Tommaso è chiamato “Didimo” che vuol dire gemello. Io sono suo gemello, perché, sicuro di me, rifiuto la parola del Vangelo, della Chiesa e resto fuori dal Cenacolo. Chiediamo a Tommaso di recuperare la fede nel Risorto, con le sue parole: ”Mio Signore e mio Dio!”.

     

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)

     

     


     

    facciamo il tagliando

     “Incantevole come l’amore” è un corso per sposi, per ripartire con slancio!

    E riscoprire la bellezza della vita nuziale!
    Un ‘esperienza “incantevole”, un’esperienza DA DIO!
    Conduce il dott. Domenico Armiento, psicologo-psicoterapeuta, esperto in dinamiche di coppia.

    Per informazioni: p. Luigi Murra
    Per iscrizioni: 3473238373 e 3923361715

     


     

    TI RACCONTO LA MIA ESPERIENZA 2...:

    ingannevole come lamore

     

    Vivere. Questa parola mi ha sempre portato a ricercare, a riflettere sul senso vero delle cose che si pensano si dicono e si fanno e questi 33 anni di vita appena quasi trascorsi non li ho vissuti sempre appieno nonostante gli sforzi ed i tentativi fatti. In questo contesto esistenziale, è giunto da parte di padre Luigi un invito: “Vuoi partecipare a Ingannevole come L’Amore?”…non subito il mio rispondergli sì è stato mettermi davvero in gioco, ma sentivo che avrei fatto davvero bene ad accettare e partecipare e, pur non sapendo nel dettaglio cosa mi aspettava, ho scelto di esserci. È stata un’esperienza diversa, alla riscoperta di una gioia che abbiamo dentro e va tirata fuori, va vissuta, perché vale la pena vivere e vivere con gioia. Arrivare a questa consapevolezza è un grande traguardo, ma da soli a volte sembra essere qualcosa di irrealizzabile, grazie a questo corso attraverso indicazioni di persone esperte e la testimonianza di vita vissuta di altre, ho potuto toccare con mano che tutto è possibile e che essere felici è un sogno non rimandabile. Ho vissuto così un fine settimana intenso, fatto di grandi domande ed altrettante risposte, fatto di condivisione, di risate e momenti introspettivi, pieno di tante verità affrontate con il giusto peso, calibrando a puntino ironica ilarità e momenti carichi di tutta la serietà che certe tematiche richiedono; ho ricevuto strumenti utili a vagliare l’autenticità della mia vita, la qualità delle relazioni e dei rapporti che fanno parte della quotidianità e che sono in fin dei conti quello che ci fa stare bene.
    Ringrazio quanti con me hanno partecipato, chi ha insistito tanto affinché ci fossi anch’io e soprattutto Dio che non si stanca mai di essermi vicino dandomi sempre nuove, diverse e stravaganti opportunità per mettermi in gioco e vivere alla grande.

    Raffaele

     

    Ingannevole come l’amore, ci siamo arrivati quasi “costretti” e siamo tornati emozionati con la gioia che sprizzava da ogni poro e ringraziando chi ci aveva consigliato questo percorso e consigliandolo a tutti i nostri amici e parenti; è qualcosa che non si può descrivere ma solo vivere.
    Noi da questi tre giorni abbiamo compreso molto e vogliamo condividere con voi alcuni pensieri: come che la vita è il dono più grande che Dio ci ha fatto e sta a noi riempirla d’amore e pace e che la gioia non è solo di pochi fortunati ma tutti possiamo accoglierla nelle nostre vite!
    E la nostra più grande gioia sarà quella di coronare il nostro amore davanti a Dio con il matrimonio, guardandolo non più come una tappa d’arrivo o una “tomba” della coppia ma come un percorso da affrontare insieme nell’amore e nella gioia giorno dopo giorno.

    Chiara e Carmelo

     

     

    Vale la pena mettersi in gioco per amore? Si può amare davvero come Cristo ci ha mostrato? Un piccolo particolare del corso di ingannevole mi ha portato a riflettere e a mettermi in discussione: il logo. La foglia e il fuoco che rappresentano il roveto ardente che brucia e non consuma. L'amore che brucia ma lascia intatto, che nell'uscire da sé stesso ritrova sé stesso. Uscire dai miei schemi, imparare a mettermi in discussione è forse l'augurio e la speranza più grande che mi ha dato questa profonda e ricca esperienza.
    Provare per credere!

    Antonio


     
    SF 268
     
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  • 08042018 2

    Alleluia.
    Sono giunte le nozze dell’Agnello;
    la sua sposa è pronta,
    le hanno dato una veste
    di lino puro splendente
    (Ap 19, 7- 8)

     

    La Superiora e Comunità delle Monache Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento di Roma con dolore annunciano la morte di

    SR. MARIA CHIARA DELL’ASSUNZIONE
    (MARIA ASUNTA PAPAGNO)

    Avvenuta il 06/04/2018 all’età di 88 anni e 66 di vita religiosa

    La carità della loro preghiera renda piena la gioia dell’incontro svelato con Gesù, Sposo e Signore della nostra carissima  sorella, che con la sua edificante vita ci ha dato sempre luminosi esempi di virtù.

    “Sia lodato Gesù nel SS. Sacramento”

    Roma 06/04/2018

  • IN PREGHIERA CON MARIA PELLEGRINA

    preghiera maria pellegrina

    dal 10 Maggio:

    Coloro che desiderano accogliere la statua della Madonna nella propria casa per pregare il Rosario in famiglia, possono prenotarsi presso l'ufficio parrocchiale

  • SABATO 30 APRILE

    ore 20.00

    Sala della Comunità "Giovanni Paolo II" (Cripta) Chiesa Madre

    Presentazione del libro di p. Francesco Petrillo, Rettore Generale OMD


    MARIANIZZARE I DISCEPOLI DI CRISTO


    Interverrà con l'Autore:

    Mons. Domenico Marrone
    Vicario Episcopale per la zona pastorale ofantina,
    Direttore dell'ISSR di Trani.
  • Ufficio Diocesano Problemi sociali del lavoro, giustizia e pace, salvaguardia del creato

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  • MAGGIO CON MARIA

    maggio maria

    Tutte le mattine alle ore 8.00: preghiera con i bambini e consegna della statua da portare a casa per un giorno

  • gesu e risorto

    "E' la Pasqua del Signore!

    Auguri di santa gioia, è la nostra Pasqua! Con Maria di Magdala portiamoci al sepolcro e l'angelo annuncerà anche a noi: "Voi non abbiate paura ! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. E' risorto!". Sono le donne, le prime a vedere Gesù e a portare ai discepoli la sconvolgente e bella notizia, ma è soprattutto il Risorto in persona che, dopo le tenebre della croce e la notte del sepolcro, si mette in cammino per incontrare i discepoli nel Cenacolo, sulla via di Gerusalemme, di Emmaus. Ed oggi vuole incontrarti per confermare la tua fede, riportare la gioia del Vangelo nella tua vita.

    Nella visita pastorale alle famiglie ho avuto la gioia di pregare, di ascoltare, di benedire con la parola di Papa Francesco: "La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù". Manteniamo vivo il desiderio di incontrarlo, così è Pasqua! L'annuncio pasquale: "Cristo è risorto! È veramente risorto!" è l'augurio che di cuore vi porgono i sacerdoti del Rosario:

    P. Raffaele Angelo Tosto, P. Luigi Murra, P. Luigi Piccolo.

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      DOMENICA 30 APRILE 2017 


    3ª DOMENICA DI PASQUA

    gesu e risorto


    «RESTA CON NOI, PERCHÉ SI FA SERA...»Luca 24,29

    Dal Vangelo secondo Luca (24,13-35)

    30042017Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.

    Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto».

    Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

    Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.

    Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».

    Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.




    il parroco

    Il Risorto non si stanca di tornare tra i suoi per rivelarsi vivo, dopo gli eventi della croce e del sepolcro. Cosi, nel Cenacolo e al tramonto lungo la via che da Gerusalemme conduce a Emmaus. È l'evangelista Luca che ci rende partecipi dell'incontro bello, vivace, tra i due viandanti e Gesù. Quante volte avrà percorso gli undici km che distanziano le due località, ma questa volta ha una valenza particolare per lo stato d'animo di Cleopa e il suo compagno. Nel loro cuore regna sovrana la paura, la sfiducia, lo sgomento per quanto è accaduto a Gesù di Nazareth e non riescono a darsi pace. La Croce aveva tolto dal loro cuore ogni speranza in chi avevano messo tutta la loro vita. Strada facendo si affianca a loro uno Sconosciuto, ma si dimostra interessato al loro parlare, li ascolta, entra nel vivo, chiedendo: "Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?". Così si fa strada nel loro cuore e da "forestiero" fa memoria di quanto "accaduto in questi giorni, riguardo a Gesù, il Nazareno". Questo gli dà occasione di intervenire sulla loro "stoltezza e lentezza di cuore a credere" per rivivere, alla luce della Parola, "incominciando da Mosè e da tutti i profeti ciò che si riferiva a Lui". La Parola si fa sapienza interiore e riscalda i cuori, leggendo quanto è accaduto, alla luce pasquale, tanto da costringerlo a fermarsi a casa: "Resta con noi, perché si fa sera". Alla Parola unisce il gesto di spezzare il pane e "allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero". È bastato questo, per aprire loro gli occhi e il cuore e, pur lasciandoli, ormai sono in grado i tornare con le proprie gambe a Gerusalemme per "narrare ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane". Anche noi lasciamoci riscaldare i cuori dalla Parola e nutrire da quel pane che è la sua presenza di amore nella nostra vita.

    Ringraziamo i genitori di Saverio Cusmai, Giuseppe ed Emanuela, per la lettura del Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    ILLUMINA I NOSTRI CUORI

    Il vangelo di questa domenica ci racconta di due discepoli che parlano tra loro di quello che è accaduto a Gesù, della sua condanna a morte e crocifissione e dubitano della sua risurrezione. Gesù si avvicina a loro aiutandoli a non avere dubbi, a far si che sentano la sua presenza, ad avere fede.

    Questo ci fa capire che Gesù, lungo il cammino della nostra vita è accanto a noi. Credere nella sua parola illumina i nostri cuori, noi tutti siamo suoi discepoli e avendo fede in lui nulla è impossibile, ci segue in ogni passo che facciamo è questo ci aiuta a vivere più sereni e nella gioia.

    Giuseppe ed Emanuela






    ROSARIO VOCAZIONALE

    Cinque misteri con dei brevi commenti tratti dal Vangelo e dagli scritti del card. Martini

    30042017 2


    1. LA VOCAZIONE DI MARIA E GIUSEPPE

    & Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa (Mt 1,24).

    ' «La prima vocazione di cui voglio parlarvi è la vostra, quella di essere marito e moglie, papà e mamma. La prima parola è proprio per invitarvi a prendervi cura del vostro volervi bene, come marito e moglie [...] Mi sembra che sia necessario custodire qualche tempo, difendere qualche spazio, programmare qualche momento che sia come un rito per celebrare l'amore che vi unisce».

    * Intenzione: Per tutte le famiglie, perché custodiscano la bellezza del loro amore e perseverino nella propria vocazione.


    2. LA RESPONSABILITÀ DI EDUCARE

    & Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui (Lc 2, 40).

    ' «Vi invito ad avere fiducia nell'efficacia della vostra opera educativa [...] La vostra vocazione a educare è benedetta da Dio: perciò trasformate le vostre apprensioni in preghiera, meditazione, confronto pacato. Educare è seminare: il frutto non è garantito, ma se non si semina è certo che non ci sarà il raccolto [...] Educare è diventare collaboratori di Dio perché ciascuno realizzi la propria vocazione».

    * Intenzione: Per tutti i genitori e gli educatori, perché sappiano testimoniare ciò che nella vita è davvero importante.


    3. L'APPARTENENZA ALLA COMUNITÀ

    & Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere (Lc 4, 16).

    ' «Mi sembra che una conseguenza coerente della scelta di chiedere il battesimo per i propri figli sia un'opera educativa che si preoccupi di inserire in una comunità, di promuovere la partecipazione, di insinuare nei ragazzi e nei giovani un senso di appartenenza alla comunità cristiana, in cui si educa alla fede, alla preghiera, alla domanda sul futuro».

    * Intenzione: Per le nostre parrocchie, perché siano comunità vive, dove possono germinare le vocazioni di Dio.


    4. LA BELLEZZA DELLA CONSACRAZIONE A DIO

    & Gesù rispose : «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,50).

    ' «Mi sembra opportuno ricordare ciò che rende grande e bella la vita del prete, perché l'enfasi sulle fatiche, la sottolineatura delle difficoltà non oscuri questa forma splendida di vita cristiana... Un papà e un mamma possano comprendere quale grazia sia il dono del sacerdozio e possano rallegrarsi se un loro figlio sente l'attrattiva per questa strada: vi assicuro che non gli mancherà la gioia, se sarà un bravo prete».

    * Intenzione: Per tutti i consacrati, perché sia luminosa ed esemplare la loro testimonianza.


    5. ANCHE OGGI GESÙ CHIAMA GIOVANI A SEGUIRLO

    & Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono (Mt 4,19-20).

    ' «È destinata a perire una Chiesa nella quale non si avesse più fiducia nel fatto che Dio chiama anche oggi, in questo mondo sempre più secolarizzato, a consacrare a Lui tutta la vita per il servizio del Regno. È questa consapevolezza che stimola la preghiera per le vocazioni».

    * Intenzione: Per tutti i giovani e i ragazzi, che si sentono attratti dalla vita consacrata, perché sappiano rispondere con generosità.



    strada facendo n230

       

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      DOMENICA 23 APRILE 2017 


    2ª DOMENICA DI PASQUA

    gesu e risorto


    TOMMASO RISPOSE A GESÙ: «MIO SIGNORE E MIO DIO!»Giovanni 20,28

    Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-31)

    23042017La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

    Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

    Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.




    il parroco

    La prima Pasqua del Signore si rinnova di domenica in domenica. Gesù è risorto! Dovrebbe essere una gioia attesa, ma l'uomo fatica ad accoglierla, incominciando proprio dai discepoli, che chiudono porte e cuori. Tutto questo è inutile, perché il Signore, è il racconto del vangelo: "Mentre erano chiuse le porte del luogo...venne Gesù, stette in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". La grande paura è tolta, il Risorto si rende presente, rincuora e non solo con parole, ma: "Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati". Una Pentecoste anticipata con l'effusione dello Spirito Santo che rinnova ogni cosa e riapre i cuori alla gioia. A questa esperienza pasquale non è presente Tommaso, "uno dei dodici"! Rimane ostinato ad ogni tentativo di convincimento, nonostante che tutti gli dicono: "Abbiamo visto il Signore!". Lui, non si vuol far ingannare da nessuno, crede solo se vede e tocca. Il suo appellativo è "Didimo", che significa "gemello", di chi? Di noi?! quanti "Didimi" oggi nella fede! Una fede di parole, astratta, generica è facile. Quante volte siamo come Tommaso "uno dei dodici" con una certa frequentazione di Gesù e della Chiesa. Chiediamoci: dove riponiamo la nostra fede?

    Vogliamo "vedere e toccare". Anche a noi come a Tommaso, Gesù si avvicina e dice: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani,...non essere incredulo, ma credente!". La risposta di Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!", è meravigliosa, ricupera tutta la sua incredulità. Facciamo nostra la sua confessione di fede, nonostante i dubbi e le incertezze. È la beatitudine della fede di chi non vede, ma crede.

    Grazie ai genitori di Riccardo Rizzitiello, Nunzia e Raffaele, per il commento al Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    INCONTRO ALLA DEBOLEZZA

    Siamo ancora nel periodo della Pasqua, nel giorno della Divina Misericordia: l'amore infinito che Dio ha verso tutti noi ma soprattutto verso chi offende, verso chi come i suoi discepoli ha paura, chi non crede come Tommaso.

    Quando Gesù risorge, ritorna dai suoi discepoli e trova le porte chiuse, come chiusi sono i nostri cuori per paura. Ma Gesù con le sue parole: "Pace a voi" e "Ricevete lo Spirito Santo" perdona i discepoli e dà loro il potere di perdonare.

    Tommaso non è presente e non crede, ma Gesù ritorna per lui non per rimproverarlo ma per andare incontro alla debolezza della sua fede e gli dice di non essere incredulo ma credente.

    Infine aggiunge: "Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto" e in questa beatitudine della fede ognuno di noi è compreso.

    Nunzia e Raffaele






    «SOLO L'AMORE RESTA»

    Il messaggio pasquale dell'Arcivescovo Giovan Battista Pichierri


    Carissimi,

    «Il Signore è davvero risorto. Alleluia!

    A lui gloria e potenza nei secoli eterni!» (Lc 24,34).

    É l'annuncio pasquale che risuona da 2017 anni da parte della Chiesa che proclama:

    «É Gesù il vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo, è Gesù che morendo ha distrutto la morte risorgendo ha ridato a noi la vita» (Prefazio Pasquale).

    24042017 1Gesù risorto è l'amore del Padre che si autodona a noi per rigenerarci col suo Spirito. Siamo creature divinizzate! Così «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chi crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3, 16-17).

    Pasqua è il nuovo inizio della vita umana, il «primo giorno della settimana» che ricorda il primo giorno della creazione: «E fu sera e fu mattina, primo giorno» (Gn 1,4).

    La risurrezione di Gesù si presenta come l'inizio di una nuova creazione definitiva. Gesù risorto dice ai suoi apostoli e discepoli di andare in Galilea, cioè di tornare a vivere il cammino che Egli aveva fatto con loro senza essere ancora pienamente compreso in quello che diceva; per cui tutti a Gerusalemme fecero l'esperienza del fallimento. "Tornare in Galilea con Gesù risorto vuol dire avere l'opportunità di ricominciare di nuovo dopo il rinnegamento, dopo il senso di vergogna per essere fuggiti dalla croce di Gesù" (P.A. Ceccarelli S.I. in messaggio del Cuore di Gesù, 4 aprile 2017).

    Con Gesù Risorto si può ricominciare non come se nulla fosse accaduto, ma proprio perché tutto è accaduto.

    "Certamente la vita con il suo ritmo e le sue preoccupazioni ci distrae molto. Né dobbiamo pensare che la fede nel Cristo risorto ci tolga le preoccupazioni. Siamo coscienti e fiduciosi che il Signore risorto ci sta vicino, dovunque stiamo. Siamo chiamati a restare vigilanti nel difendere e custodire la nostra fede come valore, soprattutto quando la libertà non è intesa correttamente.

    Siamo in una società che, per il guadagno e per il commercio, dimentica il valore della vita, fa della stessa vita un fatto commerciale, dell'amore una cosa da comprare. Torniamo a mettere in luce le cose che non hanno prezzo, il valore di un'attenzione premurosa verso i fratelli" (idem).

    Scrive Paolo ai cristiani di Colossi: «Se dunque siete risorti con Cristo , cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio [...] Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria; a motivo di queste cose l'ira di Dio viene su coloro che gli disobbediscono».

    Il Cristo risorto ci faccia gustare la bellezza di scoprirci fratelli e sorelle in Cristo molto di più di quando ognuno pensa a se stesso in modo egoistico. Sperimenteremo allora che Gesù Cristo, nostra vita nuova, è risorto, davvero è risorto!

    É l'augurio pasquale che rivolgo a tutta la comunità diocesana e a tutti gli uomini e donne amati dal Signore.




    strada facendo n 229

       

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      DOMENICA 16 APRILE 2017 


    DOMENICA DI PASQUA

    gesu e risorto


    BUONA PASQUA!

    16042016È l'augurio che, in questo giorno santo, ci facciamo con la parola e la gioia del cuore. Appartiene ad ogni uomo, tutti facciamo esperienza di dolore, di tenebre, di morte, per questo ne sentiamo la bellezza e l'urgenza. Sapere che Qualcuno ha vinto la morte, ha lasciato il sepolcro, infonde una grande speranza, capace di ribaltare i nostri poveri e tristi pensieri. È questa l'esperienza delle donne, che alle prime luci dell'alba di quel mattino dopo il sabato, si recano al sepolcro per completare le unzioni sul corpo di Gesù. Si trovano all'ingresso del sepolcro con la pietra rovesciata e l'angelo: "Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto". Una notizia inattesa e sconvolgente, provano "timore e gioia grande" e, in fretta, si recano a dare l'annuncio ai discepoli.

    Oggi, questo annuncio è per noi, siamo desiderosi di una novità che ci permetta di uscire dai sepolcri che ci siamo fabbricati con le nostre mani, seguendo sentieri di morte con scelte di peccato, frutto delle perverse passioni che abitano nei nostri cuori. Gesù con la sua morte e la resurrezione riporta nel cuore di ogni uomo la certezza che il male, il peccato non ha l'ultima parola. La sua vittoria è la nostra vittoria. Da soli siamo capaci di perderci e di ogni fallimento.

    Con Cristo, non solo è possibile, ma è certo tornare a vivere nella pienezza della gioia, da risorti, liberandoci dai sepolcri che ci imprigionano. Seguiamo le donne, lasciamoci prendere dal loro desiderio di fede e incontreremo il Vivente, il Risorto. Sia questo l'augurio dei Padri Luigi Murra, Luigi Piccolo e Raffaele Angelo Tosto che porgono a ciascuno di voi Chiesa del Rosario:

    "Cristo è risorto! È veramente risorto! Alleluia".

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      DOMENICA 16 APRILE 2017 


    DOMENICA DI PASQUA

    gesu e risorto


    BUONA PASQUA!

    16042016È l'augurio che, in questo giorno santo, ci facciamo con la parola e la gioia del cuore. Appartiene ad ogni uomo, tutti facciamo esperienza di dolore, di tenebre, di morte, per questo ne sentiamo la bellezza e l'urgenza. Sapere che Qualcuno ha vinto la morte, ha lasciato il sepolcro, infonde una grande speranza, capace di ribaltare i nostri poveri e tristi pensieri. È questa l'esperienza delle donne, che alle prime luci dell'alba di quel mattino dopo il sabato, si recano al sepolcro per completare le unzioni sul corpo di Gesù. Si trovano all'ingresso del sepolcro con la pietra rovesciata e l'angelo: "Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto". Una notizia inattesa e sconvolgente, provano "timore e gioia grande" e, in fretta, si recano a dare l'annuncio ai discepoli.

    Oggi, questo annuncio è per noi, siamo desiderosi di una novità che ci permetta di uscire dai sepolcri che ci siamo fabbricati con le nostre mani, seguendo sentieri di morte con scelte di peccato, frutto delle perverse passioni che abitano nei nostri cuori. Gesù con la sua morte e la resurrezione riporta nel cuore di ogni uomo la certezza che il male, il peccato non ha l'ultima parola. La sua vittoria è la nostra vittoria. Da soli siamo capaci di perderci e di ogni fallimento.

    Con Cristo, non solo è possibile, ma è certo tornare a vivere nella pienezza della gioia, da risorti, liberandoci dai sepolcri che ci imprigionano. Seguiamo le donne, lasciamoci prendere dal loro desiderio di fede e incontreremo il Vivente, il Risorto. Sia questo l'augurio dei Padri Luigi Murra, Luigi Piccolo e Raffaele Angelo Tosto che porgono a ciascuno di voi Chiesa del Rosario:

    "Cristo è risorto! È veramente risorto! Alleluia".

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      DOMENICA 9 APRILE 2017 


    DOMENICA DELLE PALME


    «OSANNA AL FIGLIO DI DAVIDE! BENEDETTO COLUI CHE VIENE NEL NOME DEL SIGNORE! OSANNA NEL PIÙ ALTO DEI CIELI!»Matteo 21, 42

    Dal Vangelo secondo Matteo (21,1-11)

    09042017Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un'asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito"». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: "Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un'asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma"».

    I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».

    Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».




    il parroco

    È domenica delle Palme che introduce alla Settimana Santa e siamo tutti chiamati a seguire Gesù nei giorni della Passione. Quante volte, confondendosi tra i pellegrini era entrato a Gerusalemme, ora lo vuol fare da Re, ma in modo umile e popolare, cavalcando un'asina, avverando la parola profetica: "Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un'asina". È un ingresso festoso, la gentestende i propri mantelli lungo la strada, ma soprattutto . E' sufficiente un ramo di palma e con il cuore in festa gridare: "Osanna al Figlio Davide!". E' così naturale, che lo fanno senza vergognarsi: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli". Sono i piccoli a non vergognarsi, al contrario di noi adulti che, superiori della nostra maturità, ostentiamo la nostra sicurezza e guardiamo da lontano. In questa domenica di gioia festosa siamo chiamati a ritrovare lo slancio della fede, imparando dai piccoli lo stupore, la bellezza della fede e manifestandola apertamente. Gesù ai discepoli: "Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli". La sequela del Signore si fa seria e impegnativa. Gesù entra a Gerusalemme per continuare fino al Calvario e sulla Croce compirà la salvezza dell'uomo. Ritroviamo l'entusiasmo della fede, non ci fermiamo ad avere tra le mani il ramo di olivo, ma proseguiamo il cammino che ci porta ai piedi della Croce per vivere la Pasqua di resurrezione.

    Aristide e Mariella, genitori di Giuseppe Todisco della prima comunione ci offrono il commento al vangelo. Grazie.

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)





    CHI E' COSTUI?

    Gesù entra in Gerusalemme come un Re mansueto acclamato da una folla festante.

    Non è seduto su un prode destriero ma su un povero asino; non è equipaggiato con armi e neppure sostenuto da un esercito pronto alla guerra.

    Gesù non siede su una sella dorata ma su umili mantelli stesi dai suoi discepoli in groppa al suo asinello.

    Non veste di bisso e porpora, ma con semplici abiti; non passa su pregiati e lussuosi tappeti, ma su miseri mantelli stesi per terra dai pellegrini che insieme a Gesù sono venuti a Gerusalemme e che si lasciano contagiare dall'entusiasmo dei discepoli.

    Non ci sono spade sguainate pronte a colpire, ma rami frondosi e festanti pronti ad acclamare un Re pacifico che passa tra la gente comune che lo riconosce.

    L'evangelista Matteo mette tuttavia in evidenza che l'arrivo di Gesù a Gerusalemme fa notizia, scuote la città e molti si chiedono: "Chi è costui?".

    Ebbene Gesù è un Re senza esercito e senza armi, il suo messaggio era e resta anche nel nostro tempo, sempre lo stesso, ha la forza disarmante di un amore profondo per tutta l'umanità che lo porterà a farsi immolare in croce per salvare tutti noi dal peccato e dalla morte.

    Aristide e Mariella





    CHI SONO IO DAVANTI AL MIO SIGNORE?

    Papa Francesco, omelia Domenica delle Palme 2014


    09042017 2Questa settimana incomincia con la processione festosa con i rami di ulivo: tutto il popolo accoglie Gesù.

    I bambini, i ragazzi cantano, lodano Gesù.

    Ma questa settimana va avanti nel mistero della morte di Gesù e della sua risurrezione. Abbiamo ascoltato la Passione del Signore. Ci farà bene farci soltanto una domanda: chi sono io? Chi sono io, davanti al mio Signore? Chi sono io, davanti a Gesù che entra in festa in Gerusalemme? Sono capace di esprimere la mia gioia, di lodarlo? O prendo distanza? Chi sono io, davanti a Gesù che soffre?

    Abbiamo sentito tanti nomi, tanti nomi. Il gruppo dei dirigenti, alcuni sacerdoti, alcuni farisei, alcuni maestri della legge, che avevano deciso di ucciderlo. Aspettavano l'opportunità di prenderlo. Sono io come uno di loro?

    Abbiamo sentito anche un altro nome: Giuda. 30 monete. Sono io come Giuda? Abbiamo sentito altri nomi: i discepoli che non capivano niente, che si addormentavano mentre il Signore soffriva. La mia vita è addormentata? O sono come i discepoli, che non capivano che cosa fosse tradire Gesù? Come quell'altro discepolo che voleva risolvere tutto con la spada: sono io come loro? Sono io come Giuda, che fa finta di amare e bacia il Maestro per consegnarlo, per tradirlo? Sono io, traditore? Sono io come quei dirigenti che di fretta fanno il tribunale e cercano falsi testimoni: sono io come loro? E quando faccio queste cose, se le faccio, credo che con questo salvo il popolo?

    Sono io come Pilato? Quando vedo che la situazione è difficile, mi lavo le mani e non so assumere la mia responsabilità e lascio condannare – o condanno io – le persone?

    Sono io come quella folla che non sapeva bene se era in una riunione religiosa, in un giudizio o in un circo, e sceglie Barabba? Per loro è lo stesso: era più divertente, per umiliare Gesù.

    Sono io come i soldati che colpiscono il Signore, Gli sputano addosso, lo insultano, si divertono con l'umiliazione del Signore?

    Sono io come il Cireneo che tornava dal lavoro, affaticato, ma ha avuto la buona volontà di aiutare il Signore a portare la croce?

    Sono io come quelli che passavano davanti alla Croce e si facevano beffe di Gesù: "Era tanto coraggioso! Scenda dalla croce, a noi crederemo in Lui!". Farsi beffe di Gesù...

    Sono io come quelle donne coraggiose, e come la Mamma di Gesù, che erano lì, soffrivano in silenzio?

    Sono io come Giuseppe, il discepolo nascosto, che porta il corpo di Gesù con amore, per dargli sepoltura?

    Sono io come le due Marie che rimangono davanti al Sepolcro piangendo, pregando?

    Sono io come quei capi che il giorno seguente sono andati da Pilato per dire: "Guarda che questo diceva che sarebbe risuscitato. Che non venga un altro inganno!", e bloccano la vita, bloccano il sepolcro per difendere la dottrina, perché la vita non venga fuori?

    Dov'è il mio cuore? A quale di queste persone io assomiglio? Che questa domanda ci accompagni durante tutta la settimana.

     

     strada facendo 227 palme

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      DOMENICA 2 APRILE 2017


    5ª DOMENICA DI QUARESIMA


    DISSE GESÙ: «TOGLIETE LA PIETRA!»Giovanni 11,39

    Dal Vangelo secondo Giovanni (11, 3-7.17.20-27.33b-45)

    02042017In quel tempo, le sorelle di Lazzaro mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».

    Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Marta, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

    Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

    Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

    Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.





    il parroco

    La quinta domenica di quaresima canta l'inno alla vita. La visione di Ezechiele: "Ecco io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe" è un suono di tromba vittorioso sulla morte. La notizia della morte di Lazzaro che, l'evangelista Giovanni racconta, giunge a Gesù e quale amico di famiglia torna a Betania, dove tante volte ha trovato ospitalità da Lazzaro con le sorelle Marta e Maria. Gesù è addolorato per la sua morte e recandosi alla sua casa, dice ai discepoli: "Lazzaro, il nostro amico, s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo". L'incontro con le sorelle di Lazzaro non è solo consolatorio, ma propositivo di una cosa nuova: "Io sono la risurrezione la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà". Questa è la parola nuova di fronte alla realtà della morte. È Lui la sorgente della vita, non basta più una vaga credenza alla resurrezione, come avevano manifestato Marta e Maria. La Sua parola si fa comando: "Togliete la pietra!". Alla preghiera di lode e ringraziamento al Padre, segue: "Lazzaro, vieni fuori!". Meraviglia e stupore in tutti e "alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui". Che dice a noi, oggi, la resurrezione di Lazzaro? Togliere la pietra tombale che copre il nostro cuore: il peccato! Ogni peccato è morte e l'uomo è impotente davanti alla morte, solo Cristo vincitore della morte può farci tornare a vivere. Troppo spesso "tiriamo a campare" i nostri giorni, il Signore ci propone una vita piena, vera. Ci dice: alzati, in piedi! La sua gloria è l'uomo vivente!

    Grazie ai genitori di Daniele Bucci della prima comunione, Maria Grazia e Abramo per il commento al vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)





    RITORNARE IN VITA

    Questa domenica il vangelo ci propone un episodio molto toccante, la morte di Lazzaro e la sua risurrezione ad opera di Gesù. Lazzaro era morto da quattro giorni e le sue sorelle, Marta e Maria, erano tristi per la perdita del fratello. Quando arriva Gesù si dirigono al sepolcro per fargli vedere dov'era sepolto Lazzaro e qui si compie il miracolo attraverso la parola del Maestro "vieni fuori". Lazzaro uscì dalla tomba e subito venne liberato dalle bende che lo avvolgevano.

    Questo brano del vangelo, ci invita a non disperare quando tutto intorno a noi sembra "morto", perché la fede in Gesù che intercede col Padre, ci salva e ci da la vita, ci fa ritornare in vita. Non disperiamo anche quando la nostra anima ci porta verso il buio lasciandosi prendere dalla tristezza, ma crediamo fino in fondo alla Parola salvifica e redentrice di Gesù nostro salvatore.

    Maria Grazia e Abramo




    UNA PRIMA RESURREZIONE DEI MORTI

    Agostino di Ippona, Commento al Vangelo di Giovanni 19,8-10


     02042017 2Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro a giudizio, ma è passato — non "passa adesso", ma "è già passato" — dalla morte alla vita (Gv 5,24)... Chi è passato dalla morte alla vita, certamente è risuscitato.

    Non potrebbe infatti passare dalla morte alla vita se prima non fosse morto, privo della vita, ma una volta risuscitato, sarà vivo e non più morto. Era morto ed è ritornato alla vita, era perduto ed è stato ritrovato (Lc 15,32). In certo modo si realizza già la resurrezione e gli uomini passano dalla morte alla vita... Il Signore Gesù ha voluto farci conoscere una prima resurrezione dei morti che precede la resurrezione dei morti. Non si tratta di una resurrezione come quella di Lazzaro, o quella del figlio della vedova di Nain, o della figlia del capo della sinagoga, che risuscitarono per poi morire — anche per questi morti vi è stata una certa resurrezione prima della resurrezione dai morti — ma si tratta di quella di cui parla qui: Ha la vita eterna e non va incontro a giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. A quale vita? Alla vita eterna. Non a una vita come quella cui è passato Lazzaro; egli infatti è passato dalla morte del sepolcro alla vita degli uomini, ma non alla vita eterna, poiché dovette morire di nuovo. I morti che risorgeranno alla fine del mondo, passeranno alla vita eterna. Il Signore nostro Gesù Cristo, maestro celeste, Verbo del Padre e verità, dice: Viene l'ora (Gv 5,28) per annunciare una sorta di resurrezione dai morti alla vita eterna prima di quella finale... Come comprendere queste due resurrezioni? Forse che quelli che risorgono adesso non risorgeranno allora di modo che per alcuni la resurrezione è adesso, per altri allora? Non è così. Se abbiamo veramente creduto, siamo già risorti attraverso la prima resurrezione e dunque, noi che già siamo risorti, aspettiamo l'altra resurrezione alla fine del mondo.

     

     strada facendo n 226

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      DOMENICA - 1 MAGGIO 2016


    «SE UNO MI AMA, OSSERVERÀ LA MIA PAROLA...»Gv 14,23

    Dal Vangelo secondo Giovanni (14,23-29)

    sf 01052016In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:

    «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

    Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

    Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.

    Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.

    Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».





    il parroco

    Nel vangelo di oggi, Gesù dice a noi, suoi discepoli: "se uno mi ama, osserverà la mia parola". La richiesta di osservare e vivere la sua parola, non nasce da un comando di autorità, ma viene da chi ha amato per primo. E che amore! La croce lo esprime nel dono più grande, totale fino alla morte. Ora, è naturale che anche i suoi discepoli vivano il "comando" dell'amore, osservando la sua parola. L'amore dell'uomo si ferma alle parole, le promesse, che al primo ostacolo si dimenticano e finiscono nel nulla o si trasformano in avversione e odio. Amare e osservare la Parola non è nelle capacità umane. Il Signore lo sa bene e per questo: "lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto". Gesù mentre chiede dà la forza e la gioia dello Spirito per amarlo e seguirlo: "Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore"! Riconoscersi deboli e mancanti è il primo passo che ci porta ad abbandonarsi al suo amore che ci precede e ci accompagna.

    Grazie per il vangelo spezzato da mamma Maria Concetta Frontino del gruppo prima comunione.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    APRIRE IL CUORE ALL'ASCOLTO

    Quando pensiamo agli avvenimenti positivi della nostra vita, crediamo di essere i protagonisti attivi della creazione umana. Ponendo al centro la ragione, crediamo di contribuire alle vicende personali, pensando di poter dominare tutto, dimenticando ciò che Gesù ci ha detto e professandoci cristiani. Le nostre certezze cadono, quando i problemi ci assalgono; le tante parole degli uomini si svuotano di significato e ci sentiamo inermi perché la nostra vita non è più la risultante dei nostri progetti, solo allora ci sentiamo inondati da una forza che ci attraversa e ci fa cambiare il punto di vista. Noi uomini costruiamo "ponti" e "strade traverse" per risolvere i problemi e vincere le battaglie, i nostri cuori sono come "castelli fortificati", ma solo se ci facciamo inondare dall'amore di Dio e dalla sua parola, troviamo una verità assoluta; la parola di Dio non deve essere solo consolatrice ma una scelta di fede. Dio non è una moda, non ha "barriere", le sue porte sono sempre aperte, le sue parole d'amore sono tante e piene di misericordia. Lo Spirito Santo ci insegna ad amare e ad aprire il cuore all'ascolto; ci insegna che nulla è mai perso se seguiamo la strada che Gesù ha segnato nel nome del Padre.

    Maria Concetta Frontino






    SUPPLICA ALLA REGINA DEL SANTO ROSARIO DI POMPEI

    effige madonna rosarioLa "Supplica alla Regina del Santo Rosario" di Pompei è una preghiera composta nel 1883 dal Beato Bartolo Longo, fondatore della città di Pompei, del Santuario e delle Opere di Carità ad esso annesse.

    Bartolo Longo, avvocato, originario di Latiano (BR), giunse a Pompei nel 1872, come amministratore delle proprietà della Contessa Marianna Farnararo, vedova del Conte Albenzio De Fusco. Qui, dopo un periodo dedito allo spiritismo, cui fu iniziato in ambiente accademico, a Napoli, il giovane avvocato si convertì. Girando per le campagne del luogo, sentì salirgli dal cuore un dubbio: come avrebbe fatto a salvarsi dopo le esperienze poco edificanti del passato? Era mezzogiorno e al suono delle campane si accompagnò una voce "Se propaghi il Rosario sarai salvo". Capì, dunque, la sua vocazione e decise che non avrebbe lasciato Pompei senza aver diffuso il culto alla Vergine. Così cominciò la sua straordinaria opera di catechizzazione dei contadini, insegnando loro a leggere e scrivere con le preghiere, ristrutturò la chiesetta parrocchiale del Santissimo Salvatore e cominciò a costruire, su consiglio del Vescovo di Nola, una nuova Chiesa dedicata alla Madonna del Rosario. Intorno al nascente Santuario, Longo fondò numerose opere sociali che avrebbero dato accoglienza agli ultimi della società, soprattutto bambini e adolescenti orfani o abbandonati, o figli di carcerati.

    Il 13 novembre del 1875 giunse a Pompei la prodigiosa immagine della Vergine del Rosario. Da Napoli e, poi, via via da tutto il mondo, cominciarono a giungere offerte per la costruzione del nascente Santuario. Nel frattempo Bartolo Longo cominciò a diffondere preghiere e pie devozioni, componendo, poi, nel 1883, anche la Supplica.

    Inizialmente la preghiera fu intitolata "Atto d'amore alla Vergine" poi cambiato in "Supplica alla potente Regina del SS.mo Rosario di Pompei". Il testo ha avuto nel tempo vari ritocchi, prima della formula attuale.

    La Supplica viene recitata solennemente due volte l'anno, l'8 maggio e la prima domenica di ottobre. L'otto maggio del 1915, la preghiera fa il suo ingresso in Vaticano: alle 12.00 di quel giorno, Benedetto XV e i dignitari vaticani la recitarono nella cappella Paolina. Da allora la tradizione è continuata con i Pontefici successivi.

    Il Beato definì la Supplica "Ora del Mondo" in ragione del fatto che, contemporaneamente, in diverse parti della terra, milioni di fedeli si ritrovano per recitarla. La Supplica, negli anni, è stata, infatti, tradotta in decine di lingue, dall'inglese al russo, dall'armeno all'urdu, dal maltese al tamil, ecc.

    La devozione alla Madonna di Pompei, come è noto, è diffusa in tutto il mondo grazie soprattutto agli emigranti che prima di imbarcarsi dal porto di Napoli, passavano da Pompei e Bartolo Longo regalava loro un quadro della Madonna assieme a corone del Rosario, immaginette e libretti di preghiere.

    clicca qui per scaricare la supplica




    strada facendo 193

       

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      DOMENICA - 24 APRILE 2016


    «VI DO UN COMANDAMENTO NUOVO: CHE VI AMIATE GLI UNI GLI ALTRI».Gv 13, 34

    sf 24042016Dal Vangelo secondo Giovanni (13,31-35)

    Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.

    Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

    Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».





    il parroco

    Il brano del vangelo di Giovanni di questa domenica propone a tutti gli uomini e a noi credenti in particolare, una cosa nuova, incredibile: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri". La parola amore è la più usata, cantata, raccontata a parole e in immagini, ma è la più dimenticata nella vita, tanto che il non amore, l'odio sembra dominare cominciando dall'esperienza familiare e in ogni altro ambito sociale. Il vangelo inizia con l'uscita di Giuda dal cenacolo: lui ormai non sopporta più nemmeno la presenza di Gesù, il suo cuore è immerso nelle tenebre e l'unica via è quella della fuga. Gesù rivela la sua "ora", la glorificazione della croce e, nel poco tempo che rimane con i discepoli, dà "un comandamento nuovo". "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri". La vera novità sta nel "come". Lui fino alla croce e noi? Se va bene ci fermiamo in un facile e scontato amore di sentimento. Gesù non ci lascia una pia esortazione, ma ci dà un "comando": solo con Lui è possibile vivere l'amore fraterno fino alla croce, fino al perdono. Chiediamogli la forza e la gioia di sperimentare, nelle piccole vicende umane di amare e perdonare "come" Lui ci ha amati e perdonati.

    Grazie ai fidanzati Riccardo Picca e Antonella Di Benedetto per il commento al vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    UN SEGNO DISTINTIVO DEI TEMPI NUOVI

    Gesù disse: "ora il figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato il lui". Gesù quante volte siamo anche noi usciti dal cenacolo tradendo il tuo amore, ma oggi siamo qui per dirti grazie per averci amato così tanto da offrirti per la nostra salvezza, consegnandoci un nuovo comandamento: "che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi". Un segno distintivo dei tempi nuovi, questo tuo amore è la strada che tu hai spalancato per noi. L'amore che tutto scusa, l'amore che tutto perdona, l'amore che è paziente, l'amore che rafforza e che da forza, tutto porta a compimento l'amore.

    Riccardo e Antonella






    IN PREGHIERA CON MARIA

    Da LA VITA IN CRISTO E NELLA CHIESA, 2014


    in proghiera con mariaPer una preghiera che sia ascolto e contemplazione e tragga dalle divine 
    Scritture spessore sicuro e nutrimento per la fede, proponiamo uno schema che, avendo sullo sfondo Maria e l'Incarnazione del Figlio di Dio, ne contempla le profezie che l'hanno annunciata e gli eventi che l'hanno preparata nelle Scritture.

    La settimana così diviene ascolto e contemplazione della salvezza: dal lunedì alla domenica, ogni giorno il suo schema per la preghiera del Rosario.


     

    LUNEDI:

    Misteri della creazione

    1. La creazione del cielo e della terra, dell'essere umano maschile e femminile; la speranza dei cieli nuovi e della nuova terra.

    2. Il peccato dell'uomo e della donna nel giardino di Dio: il «fai da te» dell'umanità.

    3. Il fratricidio di Caino: la gelosia, il razzismo e le discriminazioni umane.

    4. La costruzione della torre di Babele: l'autoesaltazione e l'ubriacatura umana nell'industria e nella tecnica, nel mercato e nel commercio, nell'informatica, negli armamenti, ecc.

    5. Il diluvio e l'alleanza del Creatore con l'umanità, in Noè; l'Arca dell'alleanza: la Chiesa in Maria.

     

    MARTEDI:

    Misteri dell'alleanza

    1. La chiamata e l'alleanza del Signore con Abramo e la sua discendenza; la genealogia di Gesù.

    2. L'alleanza del Sinai e il dono della Torah: Mosè e Gesù.

    3. La conquista della terra promessa; il regno di Davide e quello di Gesù.

    4. Lo scisma dei due regni e l'esilio; la divisione delle Chiese di Gesù.

    5. L'inaugurazione della nuova alleanza con Geremia, Ezechiele e Secondo Isaia e molti Salmi; il ritorno dall'esilio; l'Eucaristia di Gesù, primo compimento della nuova alleanza.

     

    MERCOLEDI:

    Misteri della sapienza

    1. Il popolo di Dio e le genti; la Chiesa in diaspora, testimone di Gesù risorto nel mondo; la speranza umana.

    2. Il mistero di Giobbe: il Servo del Signore e la croce di Gesù.

    3. Le donne del popolo di Dio: Sara, Rebecca, Lea, Rachele, Miryam, Rut, Debora, Giaele, Abigail, Giuditta, Ester, la Sulammita, Maria di Nazaret.

    4. Il Cantico dei cantici: Gesù, unico Sposo: Marana tha!

    5. Il mistero di Emmaus: la rilettura delle Scritture fatta da Gesù risorto ai suoi discepoli.

     

    GIOVEDI:

    Misteri luminosi del messianismo di Gesù

    1. Il Battesimo nel Giordano.

    2. Le Nozze di Cana.

    3. L'annuncio del Regno di Dio.

    4. La Trasfigurazione.

    5. L'Eucaristia.

     

    VENERDI:

    Misteri dolorosi della Passione di Gesù e di Maria

    1. L'agonia di Gesù nel Getsemani.

    2. La flagellazione di Gesù.

    3. L'incoronazione di spine.

    4. Il viaggio al Calvario di Gesù carico della croce.

    5. Gesù è crocifisso e muore in croce.

     

    SABATO:

    Misteri gaudiosi dell'infanzia di Gesù

    1. L'Annunciazione dell'Angelo a Maria Vergine.

    2. La Visita di Maria Santissima a Santa Elisabetta.

    3. La nascita di Gesù nella grotta di Betlemme.

    4. Gesù viene presentato al tempio da Maria e Giuseppe.

    5. Il ritrovamento di Gesù nel tempio.

     

    DOMENICA:

    Misteri gloriosi della risurrezione di Gesù

    1. La risurrezione di Gesù.

    2. L'ascensione di Gesù al cielo.

    3. La discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo.

    4. L'Assunzione di Maria al cielo.

    5. L'Incoronazione di Maria Regina del cielo e della terra.




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      DOMENICA - 17 APRILE 2016


    «LE MIE PECORE ASCOLTANO LA MIA VOCE E IO LE CONOSCO...». Gv 10, 27

    sf 191 lemiepecoreDal Vangelo secondo Giovanni (10,27-30)

    In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.

    Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.

    Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».



    il parroco

    Giovanni con il vangelo di questa domenica ci porta a riscoprire Gesù, nell'immagine del Buon Pastore. In un linguaggio semplice, immediato, anche se rimane un po' estraneo ai nostri giorni, rivela il rapporto di condivisione, di conoscenza tra il pastore e le pecore, così, anzi ancora più confidenziale, personale tra Gesù e tutti noi, suo gregge. Tutto viene espresso nella realtà della vita, iniziando dall'ascolto della voce, "le mie pecore ascoltano la mia voce". Che bello sentirsi partecipi di questa appartenenza, non siamo estranei, gli apparteniamo, la sua voce ci deve essere familiare, come quella di una mamma per il suo bambino, che la riconosce sempre, ma soprattutto nei momenti tristi e bui della vita. Siamo conosciuti, cioè siamo amati, gli apparteniamo, per questo l'ascoltiamo e lo seguiamo. Purtroppo, spesso siamo vaganti e lontani da questo ascolto docile e ubbidiente e Lui, Buon Pastore, viene a cercarci, fa sentire la sua voce. La sua conoscenza si fa amore, si fa dono: "Io do loro la vita eterna". L'abbiamo contemplato nei giorni della Passione, ora il Risorto è il Buon Pastore che torna tra il suo gregge, riunisce, difende e riporta alla piena comunione, non solo con Lui, ma con il Padre, "nessuno può strapparle dalla mano del Padre". Ecco chi è il Buon Pastore.

    In questa domenica la Chiesa ci invita a pregare per i pastori, perché siano anche loro, immagine di Gesù. I pastori sono scelti tra gli uomini con tutta la loro umanità e fragilità, ma a loro viene chiesto di avere lo "stile" di Gesù, buon pastore, conoscere, amare, di "sentire l'odore della pecore", come ci ricorda papa Francesco, di essere appassionati per il gregge affidato. Ringraziamo il Signore per i tanti pastori che vivono con passione questo ministero, che spesso giunge al dono della vita, ma intensifichiamo la preghiera perché non manchino mai pastori generosi che vivono il Vangelo e lo trasmettono all'uomo di oggi.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)







    "GRAZIE PERCHÉ..."

    Antonio Genziani, Collaboratore dell'Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni


    grazie perche"Ricco di misericordia... ricchi di Grazie!"

    «La gratitudine non sgorga da una capacità propria del cuore umano, ma solo dalla Parola di Dio. Pertanto la gratitudine va imparata ed esercitata. 

    La gratitudine va in cerca del donatore che c'è oltre il dono.

    Nasce dall'amore che la concepisce». (D. Bonhoeffer)

     

    Da cosa ripartire per vivere la gratitudine? E perché dobbiamo dire grazie? Nella Bibbia c'è un continuo invito a ringraziare, a ricordare le grandi meraviglie che Dio ha fatto per l'uomo. Ripartiamo da questo incontro per dire grazie.

    Ringraziare è il segno di un bisogno profondo dell'uomo, perché nel ringraziare c'è tutto il cuore di Dio, c'è la pienezza della felicità, del senso, dove l'uomo trova la sua più profonda identità, la relazione tra la creatura e il Creatore, nella bellezza straordinaria del dono. Dire grazie per un dono ricevuto è trovare il proprio equilibrio, è porre se stesso in rapporto con Dio, è il modo più immediato per realizzare e vivere la comunione con lui.

    Ringraziare è riconoscere l'agire di Dio nella mia storia; è accorgermi della sua presenza che si prende cura di me; è aprire gli occhi alla realtà intorno a me e dentro di me; è consapevolezza che la vita è un prezioso dono ricevuto, pronto per essere nuovamente donato.

    "Grazie perché..."

    «Se io mi sento attratto da Gesù, se la sua voce riscalda il mio cuore, è grazie a Dio Padre, che ha messo dentro di me il desiderio dell'amore, della verità, della vita, della bellezza...» (Papa Francesco).

    Abbiamo un Padre, il nostro Dio, ricco di misericordia che vive un amore appassionato per ciascuno di noi; e noi, a nostra volta, siamo ricchi di grazie, di gratitudine e riconoscenza per tutto ciò che ci è stato offerto e che abbiamo ricevuto, possiamo fare esperienza del suo amore. Essere "ricchi di grazie" cambia la vita, trasforma l'esistenza che diventa un dono da offrire agli altri, nella beatitudine più grande e più profonda: vivendo la propria vocazione.

    "Grazie perché..."

    Un'insegnante chiese agli scolari della sua prima elementare di disegnare qualcosa per cui sentissero di ringraziare il Signore. Pensò a quanto poco di cui essere grati avessero, in realtà, questi bambini provenienti da quartieri poveri ed emarginati. E immaginava che quasi tutti avrebbero disegnato panettoni giganti o grandi tavole imbandite. L'insegnante fu colta di sorpresa dal disegno consegnato da Tino: era una semplice mano, disegnata con un tratto infantile. Ma di chi era quella mano? La classe rimase affascinata dal quell'immagine astratta. «Secondo me è la mano di Dio che ci porta da mangiare» – disse un bambino. «È un contadino» – disse un altro – «perché la sua mano alleva i polli e li mette a cuocere con le patatine fritte». Mentre gli altri erano al lavoro, l'insegnante si chinò sul banco di Tino e gli chiese di chi fosse la mano disegnata. «È la tua mano, maestra» – mormorò il bambino. Allora la maestra si rammentò che tutte le sere prendeva per mano Tino, che era il più piccolo, e lo accompagnava all'uscita. Lo faceva anche con altri bambini, ma per Tino quella mano che lo accompagnava... voleva dire molto (Bruno Ferrero, A volte basta un raggio di sole).

    ...c'è sempre qualcuno che ci tende la mano.

    Impariamo a dire "grazie" e scopriremo la più bella e gradita preghiera a Dio!




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      DOMENICA - 10 APRILE 2016


    GESÙ STETTE SULLA RIVA, MA I DISCEPOLI NON SI ERANO ACCORTI CHE ERA GESÙ.Gv 21,4

    Dal Vangelo secondo Giovanni (21,1-19)

    10042016 .jpgIn quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.

    Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

    Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

    Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi»..



    il parroco

    Il Vangelo di questa domenica di Pasqua ci riporta sul mare di Tiberiade, dove era iniziata l'avventura dei primi discepoli, con entusiasmo nella prima, ora, di sfiducia. Dopo gli eventi della Passione, il loro animo era molto sconvolto e, pur avendo incontrato Gesù risorto, nel loro cuore regnava un velo di delusione, per cui riprendono la vita normale, quella di pescatori. In questa situazione si fa presente il Signore, li attende sulle rive del lago. Già questo costituisce un grande insegnamento: quando anche noi, stanchi e delusi, perdiamo ogni speranza, Lui si rende presente e rinnova l'entusiasmo di ascoltarlo e di seguirlo. Questo è avvenuto per Pietro e compagni, così deve avvenire anche per noi. Dopo le fatiche della notte, inutili e infruttuose, obbediscono a gettare di nuovo le reti e avviene l'impossibile per l'uomo: "La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci". La loro fede ritrovata fa esclamare: "E' il Signore!". Il dialogo, intimo e personale, con Pietro è stupendo. Per tre volte: "Mi ami?" L'insistenza mette in difficoltà quel povero Pietro che ricorda la notte della Passione, ma alla fine: "Signore, tu conosci tutto: tu sai che ti voglio bene". Anche a me il Signore rivolge la stessa domanda: "Mi vuoi bene?". Quale è la mia risposta?

    Grazie ai fidanzati Maria Grazia Ferrara e Giuseppe Sciancalepore per il commento al vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    TU MI AMI?

    In quel tempo Gesù si manifesto di nuovo ai sui discepoli sul mare Tiberiade. I discepoli erano andati a pescare ma dopo tante ore la pesca scarseggiava. Poco dopo Gesù apparve alla riva attirando l'attenzione di Pietro e Gesù chiese loro se avessero qualcosa da mangiare, ma i discepoli risposero di no così Gesù disse di gettare dal lato destro della barca la rete che subito si colmò di pesci. Dopo che tutti gli apostoli tornarono a riva e si avvicinarono a lui portandogli ciò che avevano pescato Gesù si rivolse in particolare a Pietro dicendogli: Pietro tu mi ami? Certo signore lo sai che ti voglio bene, allora pasci le mie pecore.

    In questo passo del vangelo Gesù si mostra di nuovo ai sui discepoli come guida fedele anche dopo la sua morte ma in particolare si rivolse a Pietro chiedendo se lo amava e aveva fede in lui, Pietro rispondendogli di "si" confermava la sua fede, e Gesù con queste parole gli affidava la sua parola e i sui insegnamenti per tutti i credenti suoi fedeli e soprattutto a chi, come Pietro credeva di non averne bisogno.

    Maria Grazia e Giuseppe

      

    SERVIZIO DIOCESANO PER L'ACCOGLIENZA DEI CONIUGI SEPARATI

    Nota Pastorale di Mons. Giovan Battista Pichierri, Arcivescovo

    stemma diocesanoLa recente riforma del processo matrimoniale, emanata da Papa Francesco con Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus del 15 agosto, entrata in vigore l'8 dicembre 2015, tiene conto della situazione attuale, in cui un enorme numero di fedeli, pur desiderando regolare la propria posizione matrimoniale, troppo spesso si trova in difficoltà nell'accedere alle strutture giuridiche della Chiesa a causa della distanza fisica o è costretta ad una lunga attesa per avere una parola chiarificatrice riguardo al proprio stato di vita; recepisce, inoltre, le istanze venute al riguardo dalla maggioranza dei Padri del Sinodo straordinario, tenutosi nel mese di ottobre del 2014, i quali sottolineavano la necessità di rendere più accessibili ed agili procedure per il riconoscimento dei casi di nullità (cfr. Relatio Synodi, 18 ottobre 2014, n. 48).

    La riforma del documento pontificio, volta a mostrare che la Chiesa è madre ed ha a cuore il bene dei propri figli, presenta una novità pastorale, oltre che giuridica. Viene ribadita la responsabilità del Vescovo diocesano come giudice nativo nella propria diocesi; viene sollecitato un maggior inserimento della prassi giudiziale nella dimensione della pastorale familiare per esprimere maggiore vicinanza tra il Vescovo e i molti fedeli che vivono l'esperienza della separazione coniugale.

    A tal proposito la Relazione Finale del Sinodo dei Vescovi al Santo Padre Francesco, dice: «L'attuazione [dei due Motu Proprio sulle cause di nullità del matrimonio] costituisce [...] una grande responsabilità per gli Ordinari diocesani, chiamati a giudicare loro stessialcune cause e, in ogni modo, ad assicurare un accesso più facile dei fedeli alla giustizia.

    Ciò implica la preparazione di un personale sufficiente, composto di chierici e laici, che si consacri in modo prioritario a questo servizio ecclesiale» (Relatio finalis, 24 ottobre 2015, n. 82).

    Per garantire la più compiuta attuazione di quanto previsto dalla recente norma pontificia e dalla Costituzione (Cost.) 66 del 1° Sinodo diocesano, istituisco il Servizio per l'accoglienza dei fedeli separati con decreto Prot. n. 2602/16, che segue al presente Prot. n. 2601/16; e nomino Responsabile del predetto Servizio il Rev.do Don Emanuele Tupputi.

    Trani, 11 marzo 2016

    firma arcivescovo


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      DOMENICA - 3 APRILE 2016


    «METTI QUI IL TUO DITO E GUARDA LE MIE MANI...»Gv 20, 27

    Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-31 )

    metti qui il tuo ditoLa sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

    Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!».

    Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

    Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.



    il parroco

    È la domenica di Tommaso, ma è anche la mia domenica. Gesù risorto, dopo l'incontro con le donne, si mette alla ricerca dei suoi discepoli, che sono ancora scossi dagli eventi della croce e prevale una grande paura di farsi vedere. "Per timore dei Giudei", si difendono, chiudendosi, prima nel loro cuore e poi in casa. Come ci rassomigliamo, quanta paura ci prende quando dobbiamo presentarci cristiani davanti agli altri! E in questa situazione di cuori sigillati e porte sbarrate si presenta Gesù: "Pace a voi!". I discepoli lo avevano emarginato e Lui "stette in mezzo a loro". È vivo, è Risorto ritorna al centro della vita dei discepoli, è più forte di ogni paura umana, è Lui che si fa spazio, che apre i cuori. "Mostrò loro le mani e il fianco" il sigillo della croce, della passione, della morte. Il gesto riapre i cuori alla gioia, la paura è vinta, rivedono Gesù in una nuova comprensione, ricevono il soffio dello Spirito che fa rifiorire nel perdono ogni mancanza di fede e li rende capaci di portare agli altri la gioia del Risorto. Tommaso era assente e quindi si era privato di tutta la gioia vissuta con Gesù, anzi ostenta una sua fede che si basa solo su ciò che vede e tocca, l'esperienza meravigliosa dei discepoli, non gli basta, pretende le sue ragioni. Così anche per lui, otto giorni dopo, Gesù ritorna tra i suoi e proprio a Tommaso mostra i segni eloquenti della Passione. "Mio Signore e mio Dio!": è la risposta umile e fiduciosa, che sconvolge il suo cuore e lo riporta alla gioia della fede. Anch'io mi rivedo nei discepoli e in Tommaso e faccio mia la loro professione di fede. E' la mia Pasqua!

    Grazie a Tiziana Caprioli e Massimo Balducci per il Vangelo condiviso.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    MESSAGGIO D'AMORE

    "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi" con questa parole Gesù ci dona la sua Misericordia: il dono più grande che ci potesse fare, il suo Amore incondizionato. Lui conosce la nostra natura umana fragile e, non volendoci lasciare soli, soffia sui discepoli lo Spirito Santo: ci manda ad annunciare a tutto il mondo il Suo messaggio d'Amore.

    Ma Tommaso lì non c'è e la paura, il dolore provato per la perdita del Maestro lo accecano e gli impediscono di credere alle parole dei suoi amici. Ma Gesù non può permettere che un suo amico sia triste, anche Tommaso deve capire quello che è appena successo: il Maestro non è morto, vivrà per sempre.

    E Gesù pensa a tutti noi che non abbiamo avuto ancora il grande dono di contemplare il Suo volto e ci dice che, se noi crediamo in Lui, saremo beati, felici.

    Tiziana e Massimo

      


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    «IO SONO IL BUON PASTORE, CONOSCO LE MIE PECORE...»Gv 10,14

    buon pastoreDal Vangelo secondo Giovanni (10, 11-18)

    In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

    Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.

    Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».




    il parroco

    "Io sono il buon pastore."

    Così, Gesù si presenta nel vangelo di questa domenica. L'immagine ha colpito subito i cristiani tanto da raffigurarla nei luoghi di preghiera, nei sarcofagi, nelle catacombe. Anche per noi oggi, nonostante la cultura urbana, non facciamo molta fatica a comprendere e ad avvicinarci a Gesù, buon pastore. La pagina di Giovanni è tutta una rivelazione e ci mostra chi è e cosa fa Gesù. "Il buon pastore dona la propria vita", non è un "mercenario". La sua vita è condivisa con le pecore, provvede ad ogni necessità, le conosce, le conduce al pascolo, si prodiga se qualcuna si smarrisce, le difende dai lupi, in una parola: le ama! E questo per noi, sue pecorelle. E' Lui che vuole essere "buon pastore", si fa guida, Parola e Pane, si dona totalmente e se sappiamo ascoltare la sua voce e seguirlo, troveremo verdi pascoli, saremo difesi da lupi rapaci e impareremo anche noi ad essere generosi, buoni, a donarsi per gli altri. In questa domenica la chiesa ci invita a ringraziare il Signore per il dono dei sacerdoti e a pregare, perché susciti tante vocazioni a vivere nello stile di Gesù, con l'odore delle pecore, come ci ricorda Papa Francesco. Un invito a sostenere il "Progetto Samuel" dell'Ordine della Madre di Dio e che proprio nella nostra Comunità parrocchiale, sta muovendo i primi passi.

    Gratitudine a Florinda Piazzolla per il suo contributo alla lettura del Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    L'APRIPISTA VERSO L'ETERNITA'

    apripistaQuesta domenica, Gesù si rivela a noi stupendamente nella figura del Buon Pastore alla guida di un gregge di sua esclusiva proprietà e come padrone del Suo gregge Egli conosce le sue pecore una ad una, le chiama per nome e per loro la Sua voce è familiare, rassicurante.

    Come guida le precede, si fa Via ad acque tranquille e pascoli erbosi. Ma ancor più ci stupisce sentirgli dire di essere pronto a dare la propria vita per le sue pecore.

    Aggiunge poi di essere padrone di altre greggi....tutte le riunirà in un solo ovile!

    Anche per loro è pronto a sacrificare la vita , pronto a strapparle al lupo che brama rapirle.

    Qui c'è la Rivelazione piena ed ultima dell'uomo-Dio venuto a piantare la Sua tenda in mezzo ai Suoi. Egli una cosa sola con il Padre Suo, addita per noi e per tutti, la Terra Promessa... una Terra dove scorre latte e miele.

    Gesù, dunque, si rivela come l'apripista verso l'eternità.

    Florinda Piazzolla




    INIZIARE, ACCOMPAGNARE E SOSTENERE L'ESPERIENZA DELLA FEDE / 2

    Riflessioni del Consiglio Pastorale Parrocchiale sul 3° capitolo di Incontriamo Gesù


    esperienza fede 1Anche la catechesi ordinaria, che si svolge in parrocchia, può trovare nel cammino catecumenale un modello per il suo rinnovamento. Il Rito per l'Iniziazione Cristiana degli Adulti, fornisce delle precise indicazioni:

    • l'importanza di un cammino globale e integrale che pervada tutta l'esistenza quotidiana;
    • il rilievo decisivo del periodo che precede e segue il tempo del catecumenato: il primo annuncio, la catechesi organica e sistematica, la celebrazione dei sacramenti (Battesimo, Cresima, Eucarestia), la catechesi mistagogica;
    • l'avvertimento che i passaggi da una tappa all'altra non possono dipendere solo dall'età del candidato o dalla durata cronologica del percorso. L' ispirazione catecumenale incoraggia un discernimento che rispetta e promuove la libera e piena risposta del soggetto;
    • la connessione dei tre sacramenti che introducono nell'unico mistero pasquale di Cristo;
    • ogni tappa e ogni tempo devono avvenire nella comunità, in relazione alla sua vita ordinaria, anzitutto nell'anno liturgico, con riferimento al Vescovo.

    Per quanto riguarda l'ultimo punto, occorre sottolineare che il luogo proprio dell'iniziazione cristiana è la Parrocchia, "ambito ordinario dove si nasce e si cresce nella fede" (55). E' di qui che parte l'annuncio della buona notizia a tutti, anche ai più deboli, come le persone disabili e alle loro famiglie, agli immigrati, ai poveri. E' dalla Parrocchia che prendono avvio le "uscite missionarie" verso le "periferie esistenziali", come ama esprimersi Papa Francesco.

    Un'attenzione particolare merita la catechesi per le persone che presentano disabilità fisiche, psichiche e sensoriali, affinché si preparino catechisti che abbiano competenze che permettono loro di viver queste situazioni, con fratelli che conducono la loro esistenza affrontando quotidianamente limiti imposti dalla loro situazione, e sappiano trasmettere il dono e la gioia della fede e l'appartenenza piena alla comunità cristiana.

    Per quanto riguarda la catechesi ai ragazzi, in più luoghi il documento ribatte sull'alleanza educativa tra Chiesa e famiglia, scuola, associazioni sportive, musicali, teatrali e ricreative. Raccomanda in particolare ai genitori cristiani di esercitare, in modo dialogico e civile, il loro diritto e dovere affinché in tutti i luoghi formativi vi sia considerazione per le loro esigenze educative in chiave religiosa, a partire dal rispetto per la Domenica.


    Proposte pastorali

    La maggiore preoccupazione nel presentare proposte pastorali, il documento la rivolge alla presenza dei genitori, primi catechisti dei figli e accompagnatori che garantiscono la testimonianza della fede cristiana nelle pieghe della vita quotidiana. E' il rapporto "caldo" tra genitori e figli che rende possibile la trasmissione della fede. Ecco perché la comunità cristiana deve provvedere a mettere in atto itinerari di formazione per i genitori; organizzare incontri con genitori e figli, perché si sviluppi un dialogo sulla fede cristiana da continuare in famiglia con la preghiera, con la lettura del Vangelo e con opere di bontà che attirino i figli a seguire Gesù.


    La mistagogia

    Mistagogia è una parola greca che indica l'iniziazione alla conoscenza e al culto dell'Eucarestia. Il mistagogo è la persona che guida il neofita (neo-battezzato), al passaggio dal momento straordinario del primo incontro con Gesù Eucarestia, alla vita comunitaria centrata sull'Eucarestia, all'esperienza bella di una Chiesa che accoglie e coinvolge il neofita nella sua comunione. Vivere in maniera eucaristica significa uscire dalla ristrettezza della propria vita, per crescere nell'ampiezza della vita di Cristo: "Chi vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". Chi entra in intimità e confidenza con Gesù, viene preso dal desiderio che la sua piccola vita personale, si orienti e trovi il senso di se stesso nella grande opera del Redentore. Si ha proprio bisogno di una guida e di una direzione spirituale.


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    «PACE A VOI! COME IL PADRE HA MANDATO ME, ANCHE IO MANDO VOI!»Gv 20,21

    pace a voiDal Vangelo secondo Giovanni (20, 19-31)

    La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

    Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!».

    Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

    Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.





    il parroco

    Il brano del vangelo di questa II domenica di Pasqua, è ricco di emozioni e di fede. Paura, incertezza nel cuore dei discepoli, ma Tommaso supera tutti in dubbi e diffidenza. La presenza di Gesù risorto si fa subito manifesta fin dal primo mattino, uscendo dal sepolcro, alle donne e con attenzione particolare verso i discepoli, barricati nel cenacolo. Il Signore che ha rovesciato la "grossa pietra" del sepolcro, non trova difficoltà a entrare nel cenacolo, a porte chiuse. Dalla paura alla gioia è il primo effetto del Risorto. La pace, lo Spirito santo, il perdono sono doni che superano ogni aspettativa. Ora nel cuore dei presenti è stata ricostruita la fiducia, è rinata la gioia di riavere il loro Maestro vivo da manifestarla con entusiasmo. L'assenza di Tommaso diventa ulteriore motivo per confermare la fede. Tommaso avrà avuto i suoi buoni motivi di allontanarsi dagli altri, aveva ben presto dimenticato le parole e l'esperienza vissute con Gesù, in breve aveva perso al fede, non solo nel Maestro, ma anche nella Comunità. E' la nostra esperienza: abbiamo messo da parte: vangelo, comunità e soprattutto la domenica, così la fede finisce in soffitta. "Abbiamo visto il Signore!" gli dicono ora che è tornato, ma lui vuol vedere, vuol toccare. E Gesù: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani;...e non essere incredulo, ma, credente!". "Mio Signore e mio Dio!" è la confessione totale del suo peccato e della sua fede ritrovata. Anche per me, è aperto il costato da cui è sgorgata, la Misericordia, il più grande attributo di Dio, che può salvarmi dalla mia incredulità a credere come Tommaso.

    Un grazie di cuore a Concetta Loconte per il commento al vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    TOMMASO... UNO DI NOI

    tommasoL'evangelista Giovanni ci racconta che Gesù apparve agli apostoli, augurando loro la pace e mostrando i segni della crocifissione. A questa apparizione uno degli apostoli, Tommaso, non era presente e quando gli altri gli raccontano avere visto Gesù risorto, egli rifiuta di credere. Dubita di ciò che gli altri gli dicono. Ciascuno di noi può essere come Tommaso! Quanti di noi crediamo veramente a quanto ci è stato tramandato dai testimoni, dalla Chiesa? Eppure Tommaso aveva vissuto con Gesù, aveva ascoltato la parola, visto i miracoli. Dopo otto giorni, Tommaso si trova con gli altri e davanti a Gesù che gli mostra le piaghe, esclama: "Mio Signore e mio Dio!". Ed allora che Gesù pronunciò una beatitudine a nostro favore, crediamo senza averlo visto. E' normale avere dubbi, dobbiamo vincere le nostre paure, facendoci aiutare da coloro che hanno avuto il mandato di annunciare l'amore misericordioso di Cristo: la Chiesa. Signore, ti preghiamo, manda su di noi il tuo santo Spirito, perché liberati dai dubbi riusciamo a credere fino in fondo.

    Concetta Loconte





    INIZIARE, ACCOMPAGNARE E SOSTENERE L'ESPERIENZA DELLA FEDE / 1

    Riflessioni del Consiglio Pastorale Parrocchiale sul 3° capitolo di Incontriamo Gesù

    cero pasquale


    Il cammino dell'iniziazione cristiana: 1Ts 2,5-8. Paolo, apostolo di Gesù, afferma la sua lealtà nell'annunciare il Vangelo, senza far uso dell'adulazione, né cerando un qualche suo interesse materiale o spirituale. Egli si manifesta come una madre amorosa dedita alla cura dei propri figli, con un affetto tale da essere pronto a dare la vita per loro.

    La maternità della Chiesa.

    Un grembo che genera alla fede (47). L'atteggiamento materno di Paolo fa riferimento al tema della maternità della Chiesa, che genera figli alla vita di Dio e alla fede cristiana. Infatti, per trasmettere una dottrina, potrebbe bastare un buon libro o una lezione: invece la Chiesa trasmette la luce nuova che nasce dall'incontro col Dio vivo; la persona che si lascia coinvolgere, dispone il suo cuore e la sua mente alla comunione con Dio e gli altri che sono suoi fratelli. I sacramenti, celebrati nella liturgia dalla Chiesa, operano tutto questo.

    Non c'è dubbio che la catechesi è elemento fondamentale dell'iniziazione cristiana, specialmente del Battesimo che è il sacramento della fede. Infatti il fine dell'azione catechistica è quello di favorire una viva, esplicita e operosa professione di fede.

    (48) La professione di fede si esprime in due modi: Io credo\noi crediamo. Nella prima formula si evidenzia il carattere personale dell'atto di fede; mentre con la seconda formula si sottolinea che non esiste una fede in Gesù Cristo che non sia fede della Chiesa. Alcuni vanno ventilando: "Gesù Cristo sì, la chiesa no!": Ma non esiste un cristiano che si sia fatto da sé; c'è sempre una comunità che trasmette la fede, perché alla comunità dei suoi discepoli Gesù affidò la missione di annunciare il Vangelo e di battezzare per essere salvati. Il Credo che recitiamo durante la messa è frutto dell'annuncio, fatto dalla comunità degli apostoli, e della riflessione che si è sviluppata lungo i secoli fino a noi.

    L'iniziazione cristiana degli adulti(49)

    Capita sempre più spesso nell'Italia di oggi, che ci siano adulti che, spinti dallo Spirito Santo, chiedono di conoscere Gesù e ricevere il suo Battesimo. La Chiesa ha pensato per loro l' iniziazione cristiana, cioè un processo globale attraverso il quale si diventa cristiani. I Vescovi hanno pubblicato il Rito dell'Iniziazione Cristiana degli Adulti (RICA), per guidare il processo che unifica, nello spirito del Vangelo, le esperienze umane e relazionali, le conoscenze della fede e della vita cristiana, la dimensione spirituale e liturgica, specialmente l'Eucarestia domenicale, la testimonianza della carità.

    Chi richiede il Battesimo deve passare attraverso quattro tappe:

    1. Precatecumenato: è il momento dell'accoglienza, del dialogo sulle motivazioni e dell'annuncio della buona notizia di Gesù Cristo morto e risorto.
    2. Catecumenato (catecumeno significa "istruito a viva voce): il candidato viene ammesso ad una preparazione più intensa ai sacramenti, nel tempo della purificazione ed illuminazione; per esemplificare si pensi al periodo della Quaresima.
    3. Celebrazione dei tre sacramenti dell'iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima, Eucarestia) durante la Veglia di Pasqua, quando i catecumeni sono definitivamente incorporati nella dimensione trinitaria della vita cristiana.
    4. Mistagogia: la persona che è stata iniziata alla vita cristiana viene guidata a produrre e gustare i frutti della fede, nella sua esistenza cristiana, con la pratica costante della preghiera e dell'Eucarestia domenicale, con l'esperienza dell'itinerario penitenziale, con la testimonianza cristiana in ogni ambito di vita, col discernimento su ciò che la volontà di Dio le chiede. Un cammino, questo, che ha termine solo con la fine della vita terrena.

    La presenza dei catecumeni, che si preparano a ricevere i tre sacramenti dell'iniziazione cristiana, e di coloro che li hanno appena ricevuti (= neofiti), è un dono di Dio fatto alla comunità, perché il desiderio convinto e motivato dei catecumeni, e il fervore del cammino cristiano, appena intrapreso dai neofiti, sono lievito di fermento per tanti cristiani che vivono la fede come una routine. [continua]


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    "MIO SIGNORE E MIO DIO!" Gv 20, 28

    Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-31)

    mio signore mio dioLa sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

    Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

    Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.


    il parroco

    E' risorto! Questa notizia che si diffondeva per le vie di Gerusalemme al mattino di Pasqua era giunta agli apostoli, ma questi restano ancora nell'incertezza e nella paura, tanto che al tramonto si rinchiudono nel cenacolo, sbarrando con sicurezza la porta. Da qui il racconto dell'evangelista Giovanni ci presenta lo stato d'animo dei discepoli. "Mentre erano chiuse le porte del luogo" avviene l'insospettabile, si presenta Gesù e porta il suo dono pasquale: "Pace a voi!". E subito cambia musica: "E i discepoli gioirono nel vedere il Signore". Una parola unita al segno delle ferite delle mani e del costato e il loro cuore è incontenibile di gioia. E questo è solo l'inizio, perché Lui aggiunge il soffio dello Spirito Santo, il perdono dei peccati. La sua Pasqua si estende a tutti, nessuno deve essere privo. L'assenza di Tommaso completa la gioia della testimonianza: "Abbiamo visto il Signore!". Ma lui si rifiuta e mette in evidenza incredulità, diffidenza con i suoi: se non vedo, se non tocco con le mie mani, non credo! Non gli basta la testimonianza della Comunità, è irremovibile. Così Gesù: "otto giorni dopo, a porte chiuse", davanti a Tommaso, con i segni dell'amore nel suo corpo, ne sconvolge le paure, e questi, rimane conquistato e recupera con una professione di fede, unica e totale: "Mio Signore e mio Dio!". Tommaso sono io. Quanta paura, quanta diffidenza verso la Chiesa che mi annuncia il Vangelo. Allontanarsi dalla Chiesa, quella che manifesta la presenza del Risorto, porta a perdere la fede. Custodiamo la domenica e la domenica ci custodirà donandoci la gioia del Risorto. Un grazie alla famiglia Di Pilato che inizia la lettura del Vangelo affidata ai genitori dei fanciulli della prima comunione.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    DOPO OTTO GIORNI

    Quando Gesù, il Risorto, si manifestò ai suoi discepoli, Tommaso non c'era e non credette. Dopo otto giorni Gesù ritornò e, rivolgendosi a Tommaso, lo invitò a toccare, a vedere e a credere! Anche a noi il Signore si manifesta attraverso tanti segni, ma noi siamo attenti a riconoscerlo? Dobbiamo cercare di avere con Gesù Cristo un'unione spirituale tale, da superare la necessità di usare i nostri sensi per riconoscerlo. E' la fede, la fede nel Signore che ci ama. Preghiamo perché la nostra figlia Micaela e tutti gli altri bambini della Prima Comunione, possano sperimentare e vivere nella gioia della vita l'unione spirituale con Gesù.

    Concetta e Nicola Di Pilato




    27 APRILE - DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA

    I DUE PAPI SANTI

     papa-giovanni-XXIII

    San Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli)

    Angelo Roncalli nacque a Sotto il Monte, piccolo borgo del bergamasco, il 25 novembre 1881, figlio di poveri mezzadri. Divenuto prete, rimase per quindici anni a Bergamo, come segretario del vescovo e insegnante al seminario. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi come cappellano militare. Inviato in Bulgaria e in Turchia come visitatore apostolico, nel 1944 è Nunzio a Parigi, per divenire poi nel 1953 Patriarca di Venezia. Il 28 ottobre 1958 salì al soglio pontificio, come successore di Pio XII, assumendo il nome di Papa Giovanni XXIII. Avviò il Concilio Vaticano II, un evento epocale nella storia della Chiesa. Morì il 3 giugno 1963. Un breve ma intenso pontificato, durato poco meno di cinque anni, in cui egli riuscì a farsi amare dal mondo intero. È stato beatificato il 3 settembre del 2000.

    Memoria liturgica: 3 Giugno (11 Ottobre diocesi di Milano)


    Papa Giovanni Paolo II 2

    San Giovanni Paolo II (Karol Wojtyla)

    Il "vento Wojtyla" è stato un vero e proprio soffio dello Spirito, che ha contribuito a lungo a dare forma alla Chiesa nel mondo contemporaneo secondo l'obiettivo indicato dal Vaticano II. Karol Wojtyla, beatificato il 1° maggio 2011, ha assolto a questo delicato compito con il coraggio della testimonianza, accanto alla forza della voce, la profondità dei gesti. Nato a Wadowice in Polonia il 18 maggio 1920, studente, operaio, artista, poeta, fu ordinato prete nel 1946 e vescovo nel 1958. Eletto Papa il 16 ottobre 1978, scelse il nome di Giovanni Paolo II e iniziò il suo ministero il 22 ottobre seguente. In 27 anni ha guidato la Chiesa in un passaggio epocale. Il 13 maggio 1981, in Piazza San Pietro, anniversario della prima apparizione della Madonna di Fatima, fu ferito gravemente con un colpo di pistola dal turco Alì Agca. Al centro del suo annuncio il Vangelo, senza sconti. Molto importanti sono le sue encicliche, tra le quali sono da ricordare la "Redemptor hominis", la "Dives in misericordia", la "Laborem exercens", la "Veritatis splendor" e l'"Evangelium vitae".

    Dialogo interreligioso ed ecumenico, difesa della pace, e della dignità dell'uomo sono impegni quotidiani del suo ministero apostolico e pastorale. Dai suoi numerosi viaggi nei cinque continenti emerge la sua passione per il Vangelo e per la libertà dei popoli, passione che lo porterà a dar vita alle giornate mondiali della gioventù. È morto il 2 aprile 2005, nei primi vespri della domenica della Divina Misericordia da lui istituita.

    Memoria liturgica: 20 ottobre


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    "OSANNA! BENEDETTO COLUI CHE VIENE NEL NOME DEL SIGNORE" Mt 21,9

    Dal Vangelo secondo Matteo (21,1-11)

    osanna palmeQuando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un'asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito"». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: "Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un'asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma"».

    I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».

    Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».


    il parroco

    "Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!" Con questa gioia osannante inizia la settimana santa e anche noi, con i rami di ulivo e di palme, abbiamo rivissuto con esultanza l'ingresso di Gesù a Gerusalemme per portare a compimento la sua missione di morte e risurrezione. Ciò che ha compiuto una volta per sempre, ora la Chiesa lo rivive nella liturgia, e ci accompagna sacramentalmente alla Pasqua del Signore per vivere la nostra pasqua. In questa domenica è narrata la Passione di Gesù di Matteo che costituisce il cuore del Vangelo, che in ogni tempo ha sostenuto la fede dei discepoli e oggi è per noi. Di fronte alla Passione, Morte, Risurrezione di Gesù non ci sono parole umane da aggiungere o spiegazioni da proporre, rimane il silenzio di contemplazione unito alla fede per fare propria la morte di Gesù. Seguiamo il Signore, nel Cenacolo con i dodici, sulla via del Calvario con il Cireneo, ai piedi della Croce con Maria e Giovanni. E' il Mistero della nostra Fede: "Annunciamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione". E' la Pasqua del Signore, è la nostra Pasqua! Il perdono è già nel nostro cuore, se mettendoci in ginocchio davanti al Crocifisso, confessiamo i nostri peccati nel sacramento del Perdono. Solo così non rendiamo vana la Croce di Gesù.

    Ai fidanzati Grazia e Giuseppe la nostra gratitudine per il loro intervento sul Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    SI E' FATTO SERVO

    Siamo giunti alla domenica delle Palme e nel brano del vangelo, Gesù insegna una grande umiltà da sconvolgere e guarire anche gli animi più compromessi. Gesù invia i due discepoli a prendere l'asina e il puledro proprio per mostrare al popolo che, nonostante lui fosse di natura divina, non si fregiava di tale privilegio che lo rendeva simile al Padre, ma sceglie di essere servo per insegnare che l'umiltà guida l'uomo ad un amore nuovo e semplice. Venne accolto in città come un re, come figlio di Davide, ma lui non si fece tale, ma si fece servo e porterà a compimento la sua missione sulla croce. Questi è il profeta Gesù, Lui si è fatto servo di ogni persona che nel suo nome trovava rifugio. Quello che ci insegna Gesù è che non è con la grandezza che si giunge a Lui, ma facendosi piccoli e umili per mettersi vicino a chi ha bisogno di aiuto. Bisogna capire, più che essere capiti, così ha fatto Lui con noi.

    Grazia Comes e Giuseppe Forina




    IL GRANDE E INEFFABILE SACRAMENTO DELLA PASSIONE DEL SIGNORE

    Introduzione al Triduo Pasquale da www.chiesacattolica.it


     
    Con grande solennità celebriamo oggi il sacramento grande e ineffabile della passione del Signore. Esso, per la verità, ci è presente tutti i giorni, sia all'altare a cui partecipiamo, sia sulla nostra bocca e sulla nostra fronte; e questo perché, rievocato continuamente anche attraverso i sensi del corpo, resti sempre presente nel cuore.

    S. Agostino



    sacramento passioneNel Triduo pasquale del Signore crocifisso, sepolto e risorto, la Chiesa ritorna annualmente al mistero che l'ha originata e costantemente la sostiene nel cammino del tempo. Un mistero grande e ineffabile che, tuttavia, non resta inespresso sulle bocche dei fedeli o confinato nel semplice ricordo. Nella celebrazione della Chiesa l'evento della salvezza si attua nell'hodie liturgico: l'inizio intimo della Cena, la dolorosa passione, la silenziosa sepoltura e la notte gloriosa e luminosa della risurrezione, tutto torna ripresentarsi in maniera efficace al popolo radunato nella fede e nella speranza.

    Per utilizzare le espressioni di sant'Agostino, la passione del Signore, passione di dolore e di amore, gloriosa e beata, è celebrata solennemente nei giorni del Triduo e, tuttavia, è sempre presente alla Chiesa sposa. Anzi, questo grande mistero si ridona all'uomo bisognoso di salvezza proprio nelle variegate forme della celebrazione liturgiche. È mistero che, grazie alla mediazione dei riti e alla partecipazione piena e attiva, corporea e cordiale dei fedeli, non si allontana mai dall'altare, dalle bocche e dalla fronte dei cristiani (probabile allusione al segno di croce sulla fronte nei riti battesimali).

    Un mistero, certamente indicibile tanto è straordinario ed eccedente l'amore di Dio per l'uomo peccatore, e al tempo stesso è un mistero che continua a donarsi e ad approssimarsi all'uomo ogniqualvolta si accosta all'altare per celebrare e con i linguaggi della sua umanità rievoca l'evento di salvezza e ne invoca la grazia. Ciò che si imprime nel corpo, nei sensi, attraverso i linguaggi, trasforma lo spirito e le coscienze di coloro che credono.

    Questa grande lezione agostiniana si traduce nella sapienza liturgica della Chiesa che osa "gestire" in modo simbolico la scansione del tempo, il rapporto veglia-sonno, luce-tenebra, il rapporto con il cibo, la dinamica tra vedere e non vedere, per ricomprendere se stessa alla luce del mistero pasquale. La sfida pastorale che il Triduo pone alle comunità cristiane non consiste soltanto in una celebrazione obbediente alle norme, ma innanzitutto nel saper cogliere tutta la ricchezza di grazia che scaturisce dalla liturgia.

    Nell'ascolto prolungato della Parola che immette l'assemblea nell'evento celebrato, nella contemplazione della Croce gloriosa e nella celebrazione dei sacramenti della rinascita, il Signore Gesù non abbandona la sua Chiesa; anzi, la stringe a sé, la riempie dei suoi doni e la fortifica per renderla ancora una volta coraggiosa missionaria della Pasqua.


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    V DOMENICA DI QUARESIMA (2014)

    LA MORTE E RESURREZIONE DI LAZZARO


    Chiunque lascerà casa, madri, fratelli e campi per il regno avrà cento volte tanto e la vita eterna: Gesù dà prova di questo, lui che ha lasciato Maria e Giuseppe e tutti i familiari per portare avanti il progetto del Padre, l'annuncio del Regno con parole ed opere ha trovato a Betania, in casa di amici, un posto semplice e accogliente in cui fermarsi a sperimentare il calore familiare. Anche Dio ha bisogno di calore umano! E Dio ricerca calore umano anche nella "casa dell'afflizione" – perché questo significa Betania. La famiglia infatti era una famiglia speciale, provata dalla morte di entrambi i genitori, due donne Marta e Maria che fanno famiglia solo perché in casa c'è un uomo, Lazzaro il cui nome significa Dio aiuta. In questa famiglia speciale Gesù trova un focolare, trovo posto per lui. O forse proprio la sua presenza ha tramutato il pianto in gioia, la mestizia in pace? E questa pace vive la prova di un'ulteriore mortificazione: la malattia e la morte di Lazzaro.

    I fatti si svolgono immediatamente prima della cattura e della morte di Gesù, il suo destino è già segnato, il sinedrio ha deciso di ucciderlo. E la decisione diverrà ferocemente irrevocabile dopo questa faccenda di Lazzaro. Gesù morirà per dare la vita agli uomini, per dare la vita a Lazzaro.

    La vicenda di Lazzaro, allora, è la vicenda di ognuno di noi per cui Gesù e fonte che disseta. Gesù è luce dove altrimenti ci sarebbe buio, Gesù è vita anche quando tutto sembra finito, è vita a dispetto della morte. Non è un caso che Gesù dica andiamo a risvegliare Lazzaro e che i nostri defunti riposino nei cimiteri, cioè in dormitori, in attesa di udire la sua forte voce che dica esci fuori, torna a stare in piedi!

    Ritorniamo ai fatti: la serenità di Casa Betania è d'incanto rotta con la malattia e poi la morte di Lazzaro: non c'è più neanche la famiglia, restano due donne sole. Non c'è più neanche quell'amico del cuore, sperimentano l'assenza di Gesù proprio come ci sentiamo noi quando si ammala e muore una persona cara: sperimentiamo l'assenza di Dio tanto invocato. Lo hanno mandato a chiamare ma l'amico Gesù non è arrivato in tempo e questo gli causa il rimprovero delle due sorelle se tu fossi stato qui. In tempo di bisogno si scoprono gli amici. Gesù che ha dato la vista al cieco non ha potuto, non ha voluto guarire Lazzaro. Ma allora questo Dio se c'è dove sta? Se anche non c'è l'importante è che ci sia un aldilà di pace per me e tutte le persone che nell'aldiquà mi hanno lasciato.

    Questa pagina del vangelo è l'occasione se ci penso bene, e se soprattutto penso alle volte nelle quali mi sono confrontato con la morte (di una persona cara o anche per il mio ministero...), e mi sono chiesto anch'io se davvero la "vita" ha l'ultima parola. Mi sono chiesto se è vero che non tutto è perduto anche quando la morte arriva, improvvisa o anche preparata da una lunga malattia.

    Il lungo brano di Vangelo di questa domenica è spesso riassunto nel titolo "la resurrezione di Lazzaro". E' questo infatti l'evento finale, ed è questa resurrezione di un morto vero che diventa l'ultimo grande segno di Gesù prima della sua stessa morte in croce.

    Credo però che sia giusto non sorvolare troppo velocemente sul fatto che l'evangelista Giovanni descrive molto più dettagliatamente l'esperienza della morte di Lazzaro che la sua uscita dal sepolcro. Questo passo evangelico vuole farci interrogare profondamente sulla devastazione umana che la morte provoca nelle persone, e che Gesù non ha voluto evitare. In tutti c'è questo desiderio di sconfiggere la morte che non solo fa cessare le funzioni vitali, ma soprattutto interrompe le relazioni umane, toglie speranza per il futuro e condiziona la vita con la paura.

    Io credo che questo racconto parli anche di me, di noi, di tutta l'umanità. Parla della ricerca di ogni essere umano, credente o non credente, di trovare un senso nell'esperienza della morte che è inevitabile. Posso evitare di credere in Dio, ma non posso evitare di sperimentare la morte.

    Il messaggio che raccolgo da questo racconto è che anche Gesù, Figlio di Dio e Signore della vita, è passato lui stesso per la valle della morte. Ha condiviso l'esperienza del dolore della perdita di una persona cara e l'esperienza della rabbia quando si vedono le speranze interrotte e la morte sembra vincere. Gesù ha affrontato anche la sua stessa morte, senza sottrarsi. La croce ci ricorda proprio questo: Dio è passato da quell'esperienza che per molti uomini è segno Che Dio non esiste, e se esiste è un Dio cattivo.

    Nelle due sorelle di Lazzaro, possiamo vedere noi stessi in cerca di risposte e di speranza concreta. Quando la morte ci tocca non ci bastano le risposte facili "da catechismo" che ci dicono che "risorgeremo e ci ritroveremo tutti...". Marta e Maria hanno bisogno di sperimentare la vita più forte della morte, hanno bisogno di sentire che Dio è con loro

    E Gesù che fa? Sembra comportarsi stranamente, nessuno lo capisce: piange, come un vero amico piange, poi fa richieste strane, chiede di aprire il sepolcro nonostante siano passati quattro giorni, e qui di nuovo viene rimproverato da Marta: ma cosa ci chiedi? È assurdo, impensabile, puzza, è morto, è finita.

    Il fatto è che la logica di Gesù non è la nostra. Lui non è amico al nostro livello, Lui non interviene nelle cose poco difficili perché ti viene a riprendere lì dove nessuno lo può fare, perché arriva dove puzzi, dove tu stesso non ti accetti, dove sei in decomposizione. Lì nessuno ti guarda, lì nessuno si cura di te, invece Gesù non si allontana di fronte a nulla neanche a ciò che di te nascondi anche a te stesso, ma è li che ti ama. Lui ci ridà la vita li dove non l'abbiamo più, nei nostri sepolcri: in quelle situazioni irrisolte, nelle nostre necrosi, nel nostro esser brutti, cattivi, malati.

    L' Amicizia di Gesù quindi è qualcosa di più grande, perché viene a mostrare altro, viene a mostrare che la morte non ha l'ultima parola, viene a mostrare che Lui è padrone della morte ed è padrone della vita, ed è capace di tirarti fuori da qualsiasi tomba in cui ti sei rinchiuso.

    Gesù arriva in ritardo perché non viene semplicemente a risanare una piaga o una malattia, ma viene ad annunciarci una Speranza immensa, ossia che Lui ci ama non per quello che vorremmo apparire ai suoi occhi, non per il nostro essere bravi cristiani, bravi ragazzi, educati, socialmente accettati, carini, profumati e piacevoli di aspetto (che ci costa una fatica immane)... NO! Dio sa perfettamente cosa abbiamo nell'anima, e ci ama, e ci richiama alla vita. Lui non solo ti visita e ti ama lì in quel vissuto, in quel dolore, in quella puzza, ma ti ordina di Venirne Fuori! SI, te lo ordina, perché Lui ha il potere di farlo.

    Aprire la tomba non è una cosa semplice: occorre avere coraggio per affrontare lo spettacolo che vi sta dentro. Gesù lo fa', lo affronta, ti ama proprio lì dentro, e può chiamarti e riportarti alla vita fuori dal tuo sepolcro.

    Il Vangelo ci dice oggi: Gesù è con noi anche quando la morte ci fa tremare e soffrire; il Signore della vita è presente qui nella morte umana, ed è capace di farci sperimentare un po' di "aldilà" nell'aldiquà.

    C'è una preghiera di John Donne, poeta cristiano del XVII sec, dal titolo Morte tu morirai che dice: "Dopo un breve sonno, ci svegliamo per l'eternità, e la morte non sarà più; morte, tu morirai".

    Questa speranza che da soli non possiamo darci, ce la offre Gesù... e col suo Spirito di vita la pianta nel nostro cuore perché ogni morte, ogni sepolcro reale o esistenziale ceda di fronte al suo forte comando di vita. "Esci, vieni fuori e vivi io sono con te e ci sarò sempre.!"


    MORTE TU MORIRAI

    Morte, non essere orgogliosa ,
    sebbene alcuni ti abbiano chiamato potente e terribile,
    poiché tu non lo sei;
    Poiché coloro che tu pensi di sconfiggere,
    Non muoiono, povera morte, né tu mi puoi uccidere
    Dal riposo e dal sonno che altro non sono che tue immagini,
    Molto piacere si trae; e dunque da te un piacere molto maggiore si deve trarre.
    E più in fretta i nostri uomini migliori se ne vanno con te,
    Riposo per le ossa e liberazione dell'anima.
    Tu sei schiava del destino, del caso, dei re, e di uomini disperati
    E convivi con il veleno, la guerra, e la malattia,
    E il papavero, o gli incantesimi ci fanno dormire altrettanto
    E meglio del tuo fendente; perché dunque ti gonfi?
    Dopo un breve sonno, ci svegliamo per l'eternità,
    E la morte non esisterà più;
    Morte, tu morirai.          

    John Donne
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    GESU' GLI DISSE LORO: "LIBERATELO E LASCIATELO ANDARE" Gv 9,7

    Dal Vangelo secondo Giovanni (11,1-45 passim)

    liberatelo lasciatelo andareIn quel tempo, le sorelle di Lazzaro mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».

    Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Marta, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

    Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

    Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

    Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.


    il parroco

    Siamo alla quinta domenica di quaresima con la resurrezione di Lazzaro. Marta e Maria, sono preoccupate e mandano a chiamare Gesù sicure che la sua presenza avrebbe guarito il fratello Lazzaro, ma la morte arriva per prima. Con delicatezza Marta lo rimprovera: " Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!". Sono i rimproveri che gli facciamo nella malattia e nella morte. Come reagisce Gesù? Il suo ritardo non è casuale, è voluto per manifestare il segno di un amore più grande verso l'uomo, non solo malato, ma addirittura vinto dalla morte, chiuso in un sepolcro e già da quattro giorni. Tutta la forza dell'uomo di pensare e di agire, si ferma di fronte alla morte. La morte lo mette sotto scacco. Solo Gesù, Figlio di Dio la vince: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno". Così davanti al sepolcro di Lazzaro, Gesù piange per la morte dell'amico, ma poi con la sua parola divina lo richiama alla vita: " Lazzaro, vieni fuori! Il morto uscì". Anche Gesù sarà vittima della morte, conoscerà il sepolcro, ma ne uscirà vittorioso, rovesciando la pietra del sepolcro una volta per sempre e per tutti. A Marta, come a noi, viene chiesto: "Credi questo?" "Lo credo". In questa fede in Gesù, Figlio di Dio, vincitore della morte possiamo sperimentare anche noi l'amicizia di Gesù, essere sciolti dalle bende del peccato e tornare liberi per camminare sulle strade di una vita nuova, risorta.

    Ai fidanzati Grazia e Savino la nostra gratitudine per il loro dono di vangelo .

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    DALLA MORTE ALLA VITA

    Il miracolo che compie Gesù è davvero grande: richiamare un uomo dalla morte alla vita è qualcosa che soltanto Dio può fare. Gesù davanti al sepolcro dell'amico Lazzaro, dimostra di essere pari agli altri uomini, anche lui come tutti prova angoscia, dolore e compassione. Come si può restare indifferenti di fronte alla perdita di un amico? Gesù non è diverso rispetto agli altri nel piangere la scomparsa di una persona cara. Tuttavia proprio perché l'amore ha la meglio sulla morte, Gesù facendosi forte della sua comunione con il Padre richiama alla vita Lazzaro. La resurrezione di questi è l'anticipazione di quella che sarà la resurrezione del Signore. Se l'amore è sinonimo di vittoria sulla morte, diventa indispensabile anche per noi vivere nell'amore e nella solidarietà .

    Grazia Rizzitiello e Savino De Ceglie




    QUARESIMA DI CARITA'...
    Una vignetta per riflettere

     vignetta5

    vignetta6




    CON LA TUA PAROLA CONOSCO IL MIO CUORE

    Spunti per l'esame di coscienza


    cerco dio
     " Dio non si stanca di perdonarci, mai!
    Il problema è che noi ci stanchiamo,
    noi non vogliamo, o ci stanchiamo
    di chiedere perdono".

    Papa Francesco



    & Il Signore dal seno materno mi ha chiamato. (Is 49,1)
    Ti chiedi quale progetto ha Dio per te? Cosa fai per scoprirlo?
     
    & Chi dice di seguire Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato. (1Gv 2,6)
    Leggi il Vangelo? Cerchi di viverlo ogni giorno nella quotidianità?
     
    & Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. (1Gv 4,16)
    Credi che Dio ti ama? Metti Dio al primo posto nella tua vita?
     
    & Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto. (1Pt 3,15)
    Ti vergogni della tua fede? Ne parli agli altri?
     
    & Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo. (Mt 6,6-8)
    Il pane che noi spezziamo è comunione con il corpo di Cristo. (1Cor 10,16-17)
    Preghi personalmente? Come? Preghi insieme alla tua famiglia? La domenica partecipi alla Messa? La vivi da protagonista?
     
    & Rallegratevi sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. (Fil 4,4)
    Come vivi il tempo libero e il divertimento? Come vivi la domenica?
     
    & Esaminate ogni cosa, tenete solo ciò che è buono. (1Ts 5,21)
    Cosa fai per migliorare nel bene la tua formazione personale? Quanto guardi all'apparenza? Sei capace di scendere in profondità?
     
    & Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto. (Lc 16,10)
    Sei onesto? Lavori con professionalità? Studi con impegno?
     
    & Il vostro parlare sia sì, sì; no, no; il di più viene dal male. (Mt 5,37-38)
    Sei sincero? Comunichi agli altri le tue esperienze? Il tuo linguaggio è corretto?
     
    & Che tutti siano una sola cosa. Che siano perfetti nell'unità. (Gv 17,21.23)
    C'è qualcuno che non hai perdonato? Hai rancore verso qualcuno?
     
    & Vi do un comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato. (Gv 13,34)
    Nell'amicizia - in famiglia - nella coppia quanto sei capace d'amare come Gesù?
     
    & Mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. (Rm 5,8)
    Ringrazi Gesù perché ha dato la vita per te? Credi che sia risorto?
     
    & Vi è più gioia nel dare che nel ricevere! (At 20,35)
    Ami tutti, anche chi è diverso da te? Cosa fai concretamente per gli altri? Cosa dai agli altri?
     
    &Nessuno può servire due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire Dio e i soldi. (Mt 6,24).
    Come gestisci i tuoi soldi e ciò che possiedi? Sono i beni a darti sicurezza e vita?
     
    & Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi. (1 Cor 6,19)
    Hai cura del tuo corpo? Curi la salute? Come vivi la sessualità?


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  • L'apertura della parrocchia dell'Ordine in Colombia.

    Il 16 marzo per la prima volta l'Ordine della Madre di Dio ha messo piedi in Colombia. In verità si siamo stati più volte. L'ultima occasione è stata il 12 dicembre 2013, festa della Madonna di Guadalupe, quando siamo stati ricevuti dal cardinale di Bogotà S.Em. Ruben Salazar, per chiedergli di accettare la nostra presenza per servire il popolo di Dio nella sua diocesi, con il carisma di San Giovanni Leonardi. Il cardinale ci ha ascoltati e ci ha detto felice di collaborare con noi per estendere il regno di Dio. Ci ha promesso di decidere con i suoi vicari quale parrocchia affidarci e ci avrebbe chiamati. È stato rapido e paterno. Verso la fine di gennaio ci è giunta la sua lettera: venite in Colombia! Il P. Generale con il suo consiglio hanno detto si è hanno decretato la creazione della comunità di San Giovanni Leonardi in Bogotà. Il 1 marzo il P. Generale è andato in Cile, proprio perché da quella Delegazione è nata tutta l'avventura di estendere la propria presenza in un altro paese del Sudamerica. Eccoci, quindi, al 16 marzo, quando abbiamo deciso di partire e di metterci al servizio della chiesa in Colombia. Vi era il P. Generale, P. Francesco Petrillo; il delegato del Cile, P. Alejandro Abarca; il P. Carlos Mendez, primo parroco della nuova parrocchia. Il vice parroco, P. Ricardo Diaz, e il chierico Saul Ahumada, arriveranno verso il 30 di marzo per integrare la nuova comunità.

    Il 18 marzo siamo stati dal vicario della diocesi di Bogotà, mons. Alberto Jose Ovalvo, che con affetto paterno e grande disposizione ci ha portati nel territorio della parrocchia mettendosi a nostra disposizione la Chiesa, la casa parrocchiale, gli ambienti dell'accoglienza. È stato un pomeriggio fantastico. Vedere la comunità che si inerpica sulla montagna, arroccata intorno alla bella chiesa. È una comunità sorta da persone che con grande fatica e povertà hanno piano piano urbanizzando quella zona molto ardua da abitarci, perché ha le strade ripide, le case ancora da finite e da grande criminalità. La Parrocchia e molto piccola di estensione, ma fortemente abitata da 15.000 abitanti. La zona fu evangelizzata dai salesiani fin dal 1960 e ora la lasciano a noi perché continuassero la loro opera. Hanno costruito la chiesa e al momento di lasciarla hanno deciso di chiamarla Beato Michele Rua, successore di San Giovanni Bosco. Abbiamo visitato la parrocchia dei Salesiani che ancora sta presente nella zona con grande centro di formazioni dei teologi e li abbiamo ringraziati del gesto così fraterno di metterci a disposizione tutto quello che avevano fatto. Con il vicario della zona abbiamo visitato le due parrocchie vicine. Sono ancora più poveri di noi. Non hanno chiese ne casa del parroco, ma sono in mezzo ai poveri con grande spirito di servizio. Abbiamo deciso con il vicario di radunare la comunità la domenica 30 marzo alle ore 11,00 per presentarci ai fedeli, per introdurre il nuovo parroco. Sotto la protezione della Madre di Dio e di San Giovanni Leonardi ci siamo messi in cammino chiedendo loro aiuto e perseveranza nella missione.

    P. Francesco Petrillo


  • maggio con maria

    MAGGIO CON MARIA

    Tutte le mattine ore 8.00: preghiera con i bambini e consegna della statua da portare a casa per un giorno

     

    IN PREGHIERA CON MARIA PELLEGRINA

    Dal 9 Maggio: il Rosario in famiglia, con la statua della Madonna pellegrina nelle nostre case. Prenotarsi presso l'ufficio parrocchiale

  • Facendo nostre le parole del Beato Giovanni Paolo II, preghiamo il santo rosario in famiglia. Coloro che desiderano accogliere la statua della Madonna nella propria casa per pregare il Rosario in famiglia, possono prenotarsi presso l'ufficio parrocchiale.

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    UN COMANDAMENTO NUOVO

    Dal Vangelo secondo Giovanni (10, 27-30)

    comandamento nuovoQuando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.

    Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

    Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».



    il parroco

    Il vangelo di questa domenica nella sua brevità, solo 5 versetti, ha una ricchezza straordinaria. E' situato nel Cenacolo dove si consuma il grande tradimento di Giuda, avvolto nelle tenebre della notte del suo cuore e il dono di un amore senza limiti. Sembra che vinca l'odio, il peccato di Giuda, dell'uomo, invece: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato". Qualcuno crede di aver seppellito per sempre la bontà, l'amore, invece proprio ora viene fuori come unica proposta. "Vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi".

    Se c'è una parola che ricorre sulla bocca di tutti, certamente questa è: amore, la più usata e abusata. A guardare certi risultati, di amore neppure l'ombra, anzi... Gesù, con tenerezza "materna" si rivolge ai suoi e li chiama "figlioli" offrendo "un comandamento nuovo", non una ulteriore aggiunta, ma "nuovo" nel modo "come io ho amato voi". Nessuno è in grado di amare "come" Lui, ma il discepolo può e deve amare nello stile di Gesù. Lo stile di Gesù è nel servire, e alla proposta fatta ai discepoli, subito dopo, Lui passerà a lavare i loro piedi. L'amore si fa attenzione, servizio verso chi sta accanto, vive con me, con i suoi piedi da lavare, con gesti di stima, di rispetto, di attenzione, nelle tante piccole occasioni quotidiane, quelle prevedibili e quelle imprevedibili. Si realizza così il miracolo dell'amore e si traduce in evangelizzazione, e il discepolo ama "come" è amato da Gesù.

    Prezioso il contributo che la famiglia Todisco Michele e Maddalena ci offrono sul Vangelo, a loro il grazie di tutti.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    QUESTO SEMPLICE COMANDAMENTO

    Siamo i genitori del piccolo Davide che riceverà presto Gesù Eucarestia. Questo periodo di preparazione ci sta riavvicinando a Dio e alla sua Chiesa!

    E' bello partecipare agli incontri di catechesi perché ci aiutano, come famiglia, a riscoprire il Vangelo e la preghiera. Siamo onorati di rappresentare il nostro gruppo nel commento del Vangelo di questa settimana anche perché è davvero una delle pagine più belle. Gesù che poco prima di morire ci dona il comandamento più grande: "amatevi gli uni gli altri".

    Quanti dissapori, quante discussioni, quanta sofferenza nella vita di ogni giorno...

    Basterebbe che ognuno di noi ricordasse questo semplice comandamento che il Signore ci ha lasciato prima di darsi tutto per noi sulla croce: "amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi... Da questo si vedrà che siete miei discepoli....".

    Questo, noi genitori, abbiamo il compito di trasmettere ai nostri figli: l'amore per il prossimo, la comprensione, la disponibilità nell'aiutare e ascoltare gli altri... la donazione di noi stessi, come Gesù si è donato a noi, per essere davvero suoi discepoli.

    Famiglia Maddalena e Michele Todisco




    LA PREGHIERA DEL ROSARIO

    Dalla Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae del Beato Giovanni Paolo II. Passim

    preghiera rosarioIl motivo più importante per riproporre con forza la pratica del Rosario è il fatto che esso costituisce un mezzo validissimo per favorire tra i fedeli quell'impegno di contemplazione del mistero cristiano che ho proposto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte come vera e propria 'pedagogia della santità': «C'è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell'arte della preghiera». Mentre nella cultura contemporanea, pur tra tante contraddizioni, affiora una nuova esigenza di spiritualità, sollecitata anche da influssi di altre religioni, è più che mai urgente che le nostre comunità cristiane diventino «autentiche 'scuole' di preghiera». Il Rosario si pone nella migliore e più collaudata tradizione della contemplazione cristiana. Sviluppatosi in Occidente, esso è preghiera tipicamente meditativa e corrisponde, in qualche modo, alla «preghiera del cuore» o «preghiera di Gesù» germogliata sull'humus dell'Oriente cristiano.

    A dare maggiore attualità al rilancio del Rosario si aggiungono alcune circostanze storiche. Prima fra esse, l'urgenza di invocare da Dio il dono della pace. Il Rosario è stato più volte proposto dai miei Predecessori e da me stesso come preghiera per la pace. All'inizio di un Millennio, che è cominciato con le raccapriccianti scene dell'attentato dell'11 settembre 2001 e che registra ogni giorno in tante parti del mondo nuove situazioni di sangue e di violenza, riscoprire il Rosario significa immergersi nella contemplazione del mistero di Colui che «è la nostra pace» avendo fatto «dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia» (Ef 2, 14). Non si può quindi recitare il Rosario senza sentirsi coinvolti in un preciso impegno di servizio alla pace, con una particolare attenzione alla terra di Gesù, ancora così provata, e tanto cara al cuore cristiano.

    Analoga urgenza di impegno e di preghiera emerge su un altro versante critico del nostro tempo, quello della famiglia, cellula della società, sempre più insidiata da forze disgregatrici a livello ideologico e pratico, che fanno temere per il futuro di questa fondamentale e irrinunciabile istituzione e, con essa, per le sorti dell'intera società. Il rilancio del Rosario nelle famiglie cristiane, nel quadro di una più larga pastorale della famiglia, si propone come aiuto efficace per arginare gli effetti devastanti di questa crisi epocale.

     

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    «LA MIA VOCE»

    la mia voceDal Vangelo secondo Giovanni (10, 27-30)

    In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.

    Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.

    Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».



    il parroco

    Tra i canti che fanno parte della nostra esperienza di fede certamente il salmo: "Il Signore è il mio pastore" è quello che ci apre il cuore alla fiducia, alla gioia. In questa domenica, come pecorelle, seguiamo il Pastore che ci conduce a verdi pascoli. Gesù parlava con un linguaggio semplice ed immediato, comprensibile a tutti, alla gente del suo tempo che viveva della pastorizia come lavoro quotidiano ed anche per noi, che nonostante la nostra civiltà urbana sia allontanata dalla realtà di pastore e pecore, per tanti rimane solo in una visione virtuale. Lui si presenta come il "buon", "bel" pastore che "conosce", "dona la vita" per le sue pecore. Una conoscenza non solo nominale, fatta di simpatia, ma personale, profonda da creare vera comunione. Una conoscenza che si fa dono di vita, difesa dal nemico. Tutte le pecore gli stanno a cuore, neanche una si deve perdere, e, se qualcuna si allontana, la va a cercare, se la pone sulle spalle, la riporta all'ovile. Chi sta con lui non andrà perduto, "nessuno le strapperà dalla mia mano". Aggiungendo qualcosa di veramente grande, sublime: " Il Padre mio che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre". Quale motivo di gioia in ciascuno di noi, sue pecorelle, sapersi guidati, chiamati, amati da un simile Pastore. Questo, deve o dovrebbe essere, lo stile di ogni pastore nella sua chiesa! In questa domenica tutti siamo chiamati a guardare Gesù buon pastore, a pregare perché i pastori che abbiamo, da Papa Francesco a tutti gli altri, siano immagine viva di vangelo, perchè in ogni comunità nascano vocazioni sacerdotali dono di Dio, ma anche risposta generosa delle famiglie ad ascoltare, seguire la voce di chi chiama ad essere pastori nel suo nome. Mamma Antonella e papà Mimmo genitori di Antonio ci offrono, con semplicità e fede, la lettura del vangelo, a loro il nostro grazie.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    PARTE DEL SUO GREGGE

    Come tutte le domeniche il parroco offre la possibilità a qualcuno di commentare la lettura del Vangelo. Questa domenica è toccato a noi, una coppia di sposi che sta seguendo il percorso di fede in preparazione alla prima comunione del nostro primo figlio Antonio. Noi ci proviamo, anche se non è semplice. Il messaggio che ci dà il Signore nel Vangelo è quello di essere obbedienti alla sua Parola e di seguire il suo cammino osservando quanto ci dice, soprattutto osservando i suoi comandamenti, solo così rafforzeremo la fede e nessuno potrà tentarci e farci cadere nel peccato, anche se oggi di tentazioni ce ne sono tante. Solo vivendo nella grazia di Dio otterremo la vita eterna. Noi siamo felici di far parte del gregge che egli stesso guida ed è per questo che ci impegniamo a seguirlo nel cammino di fede. E pensiamo anche che tutti dovrebbero provare ad entrare a far parte del suo gregge perché il Signore come il buon Pastore è pronto ad accogliere e attendere l'ultima delle sue pecorelle.

    Famiglia Mastromauro - Frontino


    PELLEGRINI A ROMA

    Papa Francesco


    "Saluto i Religiosi dell'Ordine della Madre di Dio, che ricordano il 75° anniversario della canonizzazione del fondatore san Giovanni Leonardi"
                                                                     firma papa




    Il 17 aprile, un gruppo di ben 180 persone, munito di zaini, scarpe comode e macchine fotografiche è05 partito per Roma. Il viaggio d'andata è volato via e ci siamo ritrovati in piazza san Pietro per partecipare all'udienza di Papa Francesco. L'emozione provata nel momento in cui l'abbiamo visto è stata unica. E nelle sue parole piene di speranza, mi ha colpito quando rivolgendosi a noi giovani ci ha invitati a seguire Cristo con entusiasmo, lasciandoci guardare da Lui. Al termine dell'udienza in quella folla che mi appariva immensa, ci siamo diretti nella Chiesa di S. Maria in Campitelli dove insieme con gli altri amici dell'Ordine della Madre di Dio, abbiamo celebrato l'Eucaristia ricordando il nostro padre Giò (come abbiamo imparato a chiamarlo affettuosamente noi giovani leonardini) definito dal vescovo Lorenzo Baldisseri "uomo del suo tempo, entusiasta di Dio e della Chiesa".

    Ecco ritornare quella parola: entusiasmo, che ho scoperto si potrebbe tradurre "con Dio dentro di sé".

    Ecco cosa porto a casa al termine di quest'esperienza: la gioia di avere Dio in me e l'impegno di annunciarlo.

    Alessia



    18Sono Patrizia e voglio condividere con voi l'esperienza vissuta mercoledì a Roma all'udienza del Santo Padre, per celebrare il 75° di canonizzazione di s. Giovanni Leonardi. È stata per me una grande gioia vedere una piazza gremita di persone venute da tutto il mondo per ricevere dal Papa anche un solo saluto ed uno sguardo, com'è accaduto a me, che per un solo attimo i miei occhi hanno incrociato i suoi. I suoi occhi trasmettono tutto l'amore e la dolcezza di un padre buono che si prende cura dei suoi figli, come anche il suo sorriso, pieno di dolcezza che trasmette gioia nei cuori.

    Veramente il Signore, con la forza dello Spirito Santo si è manifestato e ha permesso che la Chiesa avesse come pastore un papa come il nostro Francesco, pieno di umiltà verso tutti i figli di Dio.

    Patrizia


     

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  • giovanissiminsieme

    Mercoledì 1 maggio 2013

    Pellegrinaggio a San Gabriele dell'Addolorata - Isola del Gran Sasso (TE)

    Per giovani di I - II media e Post cresima

    info ed iscrizioni: p. Luigi o catechisti

  • festa giovani OMD

    Domenica 28 aprile 2013

    Napoli - Santuario Madonna dell'Arco

    Per giovani di III media e Post cresima

    Per informazioni rivolgersi in parrocchia

  • logo strada facendo anno di fede



    «VENITE A MANGIARE»

    Dal Vangelo secondo Giovanni ( 21,1-14 )

    venite a mangiareIn quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te».

    Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

    Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce.

    Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.



    il parroco

    Il brano del Vangelo di questa domenica si compone di due grandi scene: una più bella dell'altra! La prima sul mare, la seconda sulla terra. Ambedue unite dall'incontro con il Risorto. Messa da parte la paura i discepoli tornano alla vita quotidiana, vogliono dimenticare tutto il vissuto con Gesù, sembra ormai tutto finito, è meglio tornare a pescare! Ma si ritrovano più soli che mai, nel buio della notte, tanta stanchezza e reti vuote. Finalmente spunta l'alba e Lui si fa presente, ma loro non riescono a riconoscerlo, sono svuotati interiormente, incapaci a qualsiasi segno di speranza, e Lui si fa presente con la Parola, invita a gettare ancora le reti e avvertono che le reti si incominciano a riempire, anzi strapiene! C'è qualcuno che lo riconosce e dopo di lui gli altri pescatori. Perché non leggere in questa vicenda la propria vita? Quante volte ci siamo trovati nella stessa situazione di Pietro, da soli non ne usciamo, ci vuole sempre qualcuno che ci faccia "vedere" il Signore, è il compito della Chiesa, del sacerdote, del fratello. Poi la scena si sposta sulla terra ferma. Nel banchetto improvvisato, fatto di pane e di pesci, rinasce e si rafforza la speranza, anzi si instaura un dialogo d'amore personale ed esigente da mettere in crisi il povero Pietro, che si riconosce poco credibile con le parole, così alla terza richiesta: "Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?", confessa: "Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene". Anche qui leggere il tutto in chiave personale per rendere vivo, vero, presente l'amore di Gesù con la naturale disponibilità a seguirlo come ha fatto Pietro. Un grazie generoso e sincero alla famiglia Losito-Ruggieri per la loro lettura del Vangelo, tappa fondamentale nel cammino a vivere il dono dell'Eucaristia.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    SFAMANDO IL NOSTRO CUORE

    Siamo Maria e Michele, genitori di Luigi che quest'anno farà la prima comunione e con lui ci prepariamo a vivere questo speciale banchetto: "il banchetto del Signore". Siamo stati scelti inaspettatamente dal nostro parroco ad esprimere i nostri pensieri sul brano del Vangelo di questa domenica. Con nostro grande stupore, ma ancor più con timore ci siamo avvicinati a svolgere questo importante compito. Pensavamo di essere inadatti o incapaci di fare ciò, tanto da chiedere umilmente al nostro caro Gesù di illuminarci, di guidare la nostra mano, ma soprattutto il nostro cuore a scrivere. Leggiamo e rileggiamo il Vangelo che ci apre il cuore e, fatta luce nella nostra mente, ricordiamo le parole di Gesù quando si mostra risorto ai suoi discepoli. E lo fa come un padre fa con ai suoi figli, premuroso li aiuta a trovare il cibo di cui avevano bisogno e come un padre li invita a "mangiare". Così Egli fa con noi ogni giorno sfamando il nostro cuore, aiutandoci nelle fatiche quotidiane, risollevandoci dai piccoli o grandi problemi, riconoscendo in questo, il grande Amore per noi e la sua continua presenza nella nostra vita.

    Famiglia Losito - Ruggieri



    L'INVITO ALLA MIETEZZA NELLA COMUNITA'

    Omelia del Santo Padre Francesco alla Casa Santa Maria, da Avvenire 10/04/2013.

    mitezzaLo Spirito porti la pace nelle comunità cristiane e insegni a essere miti, rinunciando a sparlare degli altri. Con questo auspicio, papa Francesco ha concluso l'omelia della Messa celebrata nella Casa Santa Marta.

    Erano un cuor solo e un'anima sola (At 4, 31-37) , grazie allo Spirito che li aveva fatti rinascere a una "vita nuova". Ciò che all'anno zero della Chiesa ha saputo essere la prima comunità cristiana è modello intramontato e intramontabile per la comunità cristiana di oggi. Papa Francesco l'ha ribadito in modo incisivo partendo dal dialogo evangelico tra Gesù e Nicodemo (3, 7-15), il quale non afferra subito in che modo un uomo possa "nascere di nuovo". Di nuovo, ha ripetuto il Papa, vuol dire dallo Spirito Santo, «è la vita nuova che noi abbiamo ricevuto nel Battesimo. Vita che si deve sviluppare, non viene automaticamente». Dobbiamo «fare di tutto – ha affermato Papa Francesco – perché quella vita si sviluppi nella vita nuova», «è un laborioso cammino», che «principalmente dipende dallo Spirito» e insieme dalla capacità di ciascuno di aprirsi al suo soffio.

    E questo, ha indicato il Papa, è esattamente ciò che accadde ai primi cristiani. Loro avevano la "vita nuova", che si esprimeva nel vivere con un cuore solo e un'anima sola. Avevano, ha osservato, «quell'unità, quell'unanimità, quell'armonia dei sentimenti nell'amore, l'amore mutuo...». Una dimensione oggi da riscoprire: per esempio – ha detto Papa Francesco – l'aspetto della «mitezza nella comunità, virtù un po' dimenticata». La mitezza, ha stigmatizzato, ha «tanti nemici».

    Il primo sono le "chiacchiere". Papa Francesco vi si è soffermato con molto realismo: «Quando si preferisce chiacchierare, chiacchierare dell'altro, bastonare un po' l'altro – sono cose quotidiane, che capitano a tutti, anche a me – sono tentazioni del maligno che non vuole che lo Spirito venga da noi e faccia questa pace, questa mitezza nelle comunità cristiane». «Sempre – ha constatato – ci sono queste lotte»: in parrocchia, in famiglia, nel quartiere, tra amici. «E questa – ha ripetuto – non è la vita nuova», perché quando lo Spirito viene «e ci fa nascere in una vita nuova, ci fa miti, caritatevoli».

    Quindi, come un maestro di fede e di vita, il Papa ha ricordato quale sia il comportamento giusto per un cristiano. Primo, «non giudicare nessuno» perché «l'unico Giudice è il Signore». Poi «stare zitti» e se si deve dire qualcosa dirla agli interessati, a «chi può rimediare alla situazione», ma «non a tutto il quartiere». «Se, con la grazia dello Spirito – ha concluso Papa Francesco – riusciamo a non chiacchierare mai, sarà un gran bel passo avanti" e "ci farà bene a tutti».

     

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  • anspi 2013


  • IO SONO IL BUON PASTORE

    Dal Vangelo secondo Giovanni(10, 11-18)

    buon pastoreIn quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

    Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».


      

     

    E’ la domenica del buon Pastore, che bello sentirsi tutti uniti intorno a Gesù, buon Pastore, è questo il pensiero che i genitori Maurizio e Concetta del gruppo Prima Comunione hanno espresso in bellezza e nella brevità, c’è solo da riscoprire la dolce figura di Gesù buon Pastore”che dà la propria vita per le pecore”, riconoscere la voce e seguirlo. E’ la domenica di Preghiera per le Vocazioni. Lo slogan di quest’anno: “Rispondere all’Amore si può”. Allora meno parole e più preghiera.

    P. Raffaele Angelo Tosto



    DIO CI AMA

    Dio ci ama. Come il pastore ama e protegge le sue pecore, così Gesù ama noi e da la vita per noi. Anche quando siamo smarriti, lui ci cerca, non ci abbandona. Nel suo cammino verso la felicità il Signore ci vuole uniti in un unico gregge.

    Mastrodonato Maurizio e Di Troia Concetta



    Beata sei tu, Maria, Vergine dal cuore infinito.

    Intuisci con affetto di Madre

    le segrete attese di ogni persona,

    che cerca il senso autentico della propria Chiamata.

    Incoraggia con cuore di Madre

    il profondo desiderio di ogni vita,

    che sa farsi dono e servizio nella Chiesa.

    Donaci la tua mano dolce,

    quando la strada delle scelte

    si fa ardua e faticosa.

    Donaci la tua fede trasparente,

    quando il nostro cuore è dubbioso ed inquieto.

    Donaci la tua preghiera fiduciosa per capire,

    per partire, per servire.

    Vergine Madre, semplice nel cuore.

    Vergine Sorella, sostegno nel cammino.

    Vergine Amica, infinito Sì all’Amore.

    Intercedi per noi sante Vocazioni,

    dono gioioso della Carità di Dio. Amen.

    Benedetto XVI




    UN ROSARIO PER LE VOCAZIONI

     mpoy 

    1° mistero: Maria donna del “sì”


    Dal Vangelo (Lc 1, 26-38)

    Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.... Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei.


    Preghiamo insieme:

    Maria, aiutaci tu a dire il nostro “sì” quotidiano al manifestarsi di Dio nella storia personale perché anche di noi Dio possa lare la sua dimora

     

    2° mistero: Maria donna del “grazie”

     

    Dal Vangelo di Luca(1, 39 -46)

    In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. … Maria disse: "L'anima mia magnifica il Signore”


    Preghiamo insieme

    Maria, sostieni il nostro impegno ad annunciare la presenza di Cristo tuo Figlio,ai giovani , alle famiglie, a quanto incontriamo nel nostro cammino e donaci la gioia di riconoscere l'agire di Dio nella nostra vita

     

    3° mistero: Maria donna del nascondimento

     

    Dal Vangelo (Lc 2,33-35)

    Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.

     

    Preghiamo insieme

    Maria, aiutaci a non tirarci indietro di fronte alla sofferenza, e donaci di condividere le fatiche e i dolori di quanto si affidano alla nostra preghiera

     

    4° mistero: Maria donna dell’accoglienza

     

    Dal Vangelo (Lc 2, 46-51)

    Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, … Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". Ed egli rispose loro: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?". Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore

     

    Preghiamo insieme

    Maria, donaci un cuore vigile … un cuore grande capace di accogliere il tuo volere e di custodirlo con amore

     

    5° mistero: Maria, donna e madre dell’umanità

     

    Dal Vangelo (Gv 2,1-5)

    Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. … Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino". E Gesù le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela".

     

    Preghiamo

    Maria, ci affidiamo a te !Nelle fatiche e nelle incertezze insegnaci  a non perdere di vista tutti coloro che intorno a noi hanno bisogno per imparare da te a fare quanto il Signore ci propone

  • family2012 small

    Cara famiglia,

    quest’anno dal 30 maggio al 3 giugno si celebrerà a Milano il VII Incontro Mondiale delle famiglie sul tema: “La famiglia: il lavoro e la festa”. 

    E’ una grande occasione per festeggiare insieme l’essere famiglie che trasformano il mondo col loro lavoro, che lo popolano e lo abitano generando la vita, non solo fisica ma più profondamente quella umana e spirituale. 

    Ti preghiamo di osare e farti avanti per programmare per tempo la tua partecipazione a questo unico e speciale momento di incontro e di festa.

    Per ogni informazioni rivolgersi al parroco.

  • Pellegrinaggio a Roma dal Papa

    Domenica 27 Maggiopartenza ore 24,00 (piazza)

    Santuario delDivino amore: Eucaristia e colazione

    Piazza San Pietro:Regina Cœlicon il Papa

    Lariano: Villa Mater Dei (pranzo al sacco)

    Rientro a San Ferdinando ore 21,00 circa

    Quota: € 29,00 di cui € 10,00 all’iscrizione, saldo prima della partenza.

    Per informazioni rivolgersi al Parroco.

    benedetto XVI

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    mese maggio maria

    Tutte le mattine alle ore 8.00: 

     

    preghiera con i bambini e consegna della statua

     

    da portare a casa per un giorno


  • GESU' STETTE IN MEZZO A LORO

    Dal Vangelo secondo Luca(24,35-48)

    in mezzo a loroIn quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.

    Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

    Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».


     

    La paura fa novanta! E la paura fa venire i fantasmi, così nella mente e nel cuore dei discepoli nei giorni della Resurrezione, e  Lui, il Risorto con grande affabilità ricostruisce il loro animo. La casa, la strada, ogni luogo è buono per infondere fiducia. Un detto napoletano: “Non è vero, ma ci credo!”. E i discepoli fanno proprio così. E noi? Quanti “fantasmi” ci costruiamo con le nostre paure, fantasie, visioni, allontanandoci dalla Verità, dal Vangelo. E Gesù si fa vicino, ci viene a riassicurare, a confortare. Come? “Pace a voi!”. Sono proprio io in mezzo a voi, “toccatemi”, “guardate”, “mangiamo”. “Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro”. Ogni incontro conviviale libera dalla paura e dilata i cuori alla gioia, alla serenità, alla comunione e che dire della mensa eucaristica della domenica? Anche noi siamo attanagliati da angosce e paure, Lui ci attende nella Pasqua domenicale per aprirci la mente, con le Scritture, ridare coraggio, riconoscendolo nello spezzare il pane e ci invia come testimoni. In questa domenica, Lucia e Pietro, del gruppo genitori prima comunione, ci accompagnano nella lettura sapienziale del Vangelo, a loro la nostra gratitudine.

    P. Raffaele Angelo Tosto



    STUPORE E SPAVENTO

    I discepoli non si aspettavano la venuta di Gesù in mezzo a loro, nonostante la testimonianza delle donne, di Pietro e dei discepoli di Emmaus. Si vede dal loro stupore e spavento. Pensano che è un fantasma, sono turbati e increduli. Non dobbiamo biasimarli, ma piuttosto chiediamoci perché diciamo di credere così facilmente?

    Non è facile trovarsi con un morto.

    Noi abitualmente abbiamo un rapporto conflittuale con la morte. Ammiriamo chi lotta contro la morte con la medicina e la chirurgia, ammiriamo chi sta vicino ai moribondi e chi vive serenamente l’esserlo; ma quando la morte tocca un amico il rapporto cambia.

    Anche se sosteniamo di sentirlo vicino, siamo separati definitivamente. Trovarselo in casa, a mangiare alla stessa tavola, ci creerebbe qualche problema.

    I discepoli hanno bisogno di tempo per superare almeno la paura, altrimenti non sono in grado di ascoltare ciò che Gesù ha da dirgli.

    Quando li sente pronti, Gesù comincia a rispiegare ciò che prima della sua passione i discepoli non volevano sentire: il fatto che doveva patire e risuscitare. Poi li invita ad essere testimoni di questa buona notizia.

    Anche noi abbiamo bisogno di tempo per renderci conto che il culmine della vita di Gesù non sono stati i suoi miracoli né la sua morte, bensì la sua Resurrezione.

    Il sepolcro vuoto, l’incontro con Gesù la testimonianza di chi lo ha visto, ci aiutano a credere.

    Dalla Resurrezione e dall’Eucaristia trae luce, forza e gioia tutta la nostra vita.

    Ora camminiamo con il Signore risorto Colui che è vivo e ci accompagna ogni giorno.



     La riflessione si fa preghiera

     Grazie Gesù perché sei entrato nella nostra storia;

    Grazie perché, ora, risorto, rimani sempre con noi;

    Grazie perché nell’Eucaristia

    continui a rinnovare il mondo;

    Grazie perché nell’ Eucaristia

    ci rendi “ FAMIGLIA DI DIO”.

    Lucia e Pietro Piazzolla



    Benedetto XVI,  Messaggio per la Giornata delle vocazioni 2012, passim

    PROPORRE LE VOCAZIONI NELLA CHIESA LOCALE

    “Le vocazioni dono della Carità di Dio”


    Cari fratelli e sorelle!


    proporre vovazionila XLIX Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che sarà celebrata il 29 aprile 2012, quarta domenica di Pasqua, ci invita a riflettere sul tema: Le vocazioni dono della Carità di Dio.


    La fonte di ogni dono perfetto è Dio Amore - Deus caritas est -: «chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16). La Sacra Scrittura narra la storia di questo legame originario tra Dio e l’umanità, che precede la stessa creazione. San Paolo, scrivendo ai cristiani della città di Efeso, eleva un inno di gratitudine e lode al Padre, il quale con infinita benevolenza dispone lungo i secoli l’attuarsi del suo universale disegno di salvezza, che è disegno d’amore. Nel Figlio Gesù - afferma l’Apostolo - Egli «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4). Noi siamo amati da Dio “prima” ancora di venire all’esistenza! Mosso esclusivamente dal suo amore incondizionato, Egli ci ha “creati dal nulla” (cfr 2 Mac 7,28) per condurci alla piena comunione con Sé.


    Preso da grande stupore davanti all’opera della provvidenza di Dio, il Salmista esclama: “Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?” (Sal 8,4-5). La verità profonda della nostra esistenza è, dunque, racchiusa in questo sorprendente mistero: ogni creatura, in particolare ogni persona umana, è frutto di un pensiero e di un atto di amore di Dio, amore immenso, fedele, eterno (cfr Ger 31,3). La scoperta di questa realtà è ciò che cambia veramente la nostra vita nel profondo. In una celebre pagina delle Confessioni, sant’Agostino esprime con grande intensità la sua scoperta di Dio somma bellezza e sommo amore, un Dio che gli era stato sempre vicino, ma al quale finalmente apriva la mente e il cuore per essere trasformato: “Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace” (X, 27.38).
    Con queste immagini, il Santo di Ippona cerca di descrivere il mistero ineffabile dell’incontro con Dio, con il Suo amore che trasforma tutta l’esistenza.


    Si tratta di un amore senza riserve che ci precede, ci sostiene e ci chiama lungo il cammino della vita e ha la sua radice nell’assoluta gratuità di Dio. Riferendosi in particolare al ministero sacerdotale, il mio predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, affermava che «ogni gesto ministeriale, mentre conduce ad amare e a servire la Chiesa, spinge a maturare sempre più nell’amore e nel servizio a Gesù Cristo Capo, Pastore e Sposo della Chiesa, un amore che si configura sempre come risposta a quello preveniente, libero e gratuito di Dio in Cristo» (Esort. ap. Pastores dabo vobis, 25).
    Ogni specifica vocazione nasce, infatti, dall’iniziativa di Dio, è dono della Carità di Dio! È Lui a compiere il “primo passo” e non a motivo di una particolare bontà riscontrata in noi, bensì in virtù della presenza del suo stesso amore «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5,5).


    In ogni tempo, alla sorgente della chiamata divina c’è l’iniziativa dell’amore infinito di Dio, che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. Come ho scritto nella mia prima Enciclica Deus caritas est, «di fatto esiste una molteplice visibilità di Dio. Nella storia d’amore che la Bibbia ci racconta, Egli ci viene incontro, cerca di conquistarci - fino all’Ultima Cena, fino al Cuore trafitto sulla croce, fino alle apparizioni del Risorto e alle grandi opere mediante le quali Egli, attraverso l’azione degli Apostoli, ha guidato il cammino della Chiesa nascente. Anche nella successiva storia della Chiesa il Signore non è rimasto assente: sempre di nuovo ci viene incontro - attraverso uomini nei quali Egli traspare; attraverso la sua Parola, nei Sacramenti, specialmente nell’Eucaristia» (n. 17).


    L’amore di Dio rimane per sempre, è fedele a se stesso, alla «parola data per mille generazioni» (Sal 105,8). Occorre, pertanto, riannunciare, specialmente alle nuove generazioni, la bellezza invitante di questo amore divino, che precede e accompagna: esso è la molla segreta, è la motivazione che non viene meno, anche nelle circostanze più difficili.


    Cari fratelli e sorelle, è a questo amore che dobbiamo aprire la nostra vita, ed è alla perfezione dell’amore del Padre (cfr Mt 5,48) che ci chiama Gesù Cristo ogni giorno! La misura alta della vita cristiana consiste infatti nell’amare “come” Dio; si tratta di un amore che si manifesta nel dono totale di sé fedele e fecondo. Alla priora del monastero di Segovia, in pena per la drammatica situazione di sospensione in cui egli si trovava in quegli anni, San Giovanni della Croce risponde invitandola ad agire secondo Dio: «Non pensi ad altro se non che tutto è disposto da Dio; e dove non c’è amore, metta amore e raccoglierà amore» (Epistolario, 26).


    Su questo terreno oblativo, nell’apertura all’amore di Dio e come frutto di questo amore, nascono e crescono tutte le vocazioni. Ed è attingendo a questa sorgente nella preghiera, con l’assidua frequentazione della Parola e dei Sacramenti, in particolar modo dell’Eucaristia, che è possibile vivere l’amore verso il prossimo nel quale si impara a scorgere il volto di Cristo Signore (cfr Mt 25,31-46). Per esprimere il legame inscindibile che intercorre tra questi “due amori” – l’amore verso Dio e quello verso il prossimo - scaturiti dalla medesima sorgente divina e ad essa orientati, il Papa San Gregorio Magno usa l’esempio della pianticella: «Nel terreno del nostro cuore [Dio] ha piantato prima la radice dell’amore verso di Lui e poi si è sviluppato, come chioma, l’amore fraterno» (Moralium Libri, sive expositio in Librum B. Job, Lib. VII, cap. 24, 28; PL 75, 780D).


    Queste due espressioni dell’unico amore divino, devono essere vissute con particolare intensità e purezza di cuore da coloro che hanno deciso di intraprendere un cammino di discernimento vocazionale verso il ministero sacerdotale e la vita consacrata; ne costituiscono l’elemento qualificante. Infatti, l’amore per Dio, di cui i presbiteri e i religiosi diventano immagini visibili - seppure sempre imperfette - è la motivazione della risposta alla chiamata di speciale consacrazione al Signore attraverso l’Ordinazione presbiterale o la professione dei consigli evangelici. Il vigore della risposta di san Pietro al divino Maestro: «Tu lo sai che ti voglio bene» (Gv 21,15), è il segreto di una esistenza donata e vissuta in pienezza, e per questo ricolma di profonda gioia.


    L’altra espressione concreta dell’amore, quello verso il prossimo, soprattutto verso i più bisognosi e sofferenti, è la spinta decisiva che fa del sacerdote e della persona consacrata un suscitatore di comunione tra la gente e un seminatore di speranza. Il rapporto dei consacrati, specialmente del sacerdote, con la comunità cristiana è vitale e diventa anche parte fondamentale del loro orizzonte affettivo. Al riguardo, il Santo Curato d’Ars amava ripetere: «Il prete non è prete per sé; lo è per voi» (Le curé d’Ars. Sa pensée – Son coeur,Foi Vivante, 1966, p. 100).


    Cari Fratelli nell’episcopato, cari presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate, catechisti, operatori pastorali e voi tutti impegnati nel campo dell’educazione delle nuove generazioni, vi esorto con viva sollecitudine a porvi in attento ascolto di quanti all’interno delle comunità parrocchiali, delle associazioni e dei movimenti avvertono il manifestarsi dei segni di una chiamata al sacerdozio o ad una speciale consacrazione. È importante che nella Chiesa si creino le condizioni favorevoli affinché possano sbocciare tanti “sì”, quali generose risposte alla chiamata di amore di Dio.


    Sarà compito della pastorale vocazionale offrire i punti di orientamento per un fruttuoso percorso. Elemento centrale sarà l’amore alla Parola di Dio, coltivando una familiarità crescente con la Sacra Scrittura e una preghiera personale e comunitaria attenta e costante, per essere capaci di sentire la chiamata divina in mezzo a tante voci che riempiono la vita quotidiana. Ma soprattutto l’Eucaristia sia il “centro vitale” di ogni cammino vocazionale: è qui che l’amore di Dio ci tocca nel sacrificio di Cristo, espressione perfetta di amore, ed è qui che impariamo sempre di nuovo a vivere la “misura alta” dell’amore di Dio. Parola, preghiera ed Eucaristia sono il tesoro prezioso per comprendere la bellezza di una vita totalmente spesa per il Regno.


    Auspico che le Chiese locali, nelle loro varie componenti, si facciano “luogo” di attento discernimento e di profonda verifica vocazionale, offrendo ai giovani e alle giovani un saggio e vigoroso accompagnamento spirituale. In questo modo la comunità cristiana diventa essa stessa manifestazione della Carità di Dio che custodisce in sé ogni chiamata. Tale dinamica, che risponde alle istanze del comandamento nuovo di Gesù, può trovare eloquente e singolare attuazione nelle famiglie cristiane, il cui amore è espressione dell’amore di Cristo che ha dato se stesso per la sua Chiesa (cfr Ef 5,32).
    Nelle famiglie, «comunità di vita e di amore» (Gaudium et spes, 48), le nuove generazioni possono fare mirabile esperienza di questo amore oblativo. Esse, infatti, non solo sono il luogo privilegiato della formazione umana e cristiana, ma possono rappresentare «il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 53), facendo riscoprire, proprio all’interno della famiglia, la bellezza e l’importanza del sacerdozio e della vita consacrata. I Pastori e tutti i fedeli laici sappiano sempre collaborare affinché nella Chiesa si moltiplichino queste «case e scuole di comunione» sul modello della Santa Famiglia di Nazareth, riflesso armonico sulla terra della vita della Santissima
    Trinità.


    Con questi auspici, imparto di cuore la Benedizione Apostolica a voi, Venerati Fratelli nell’episcopato, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e a tutti i fedeli laici, in particolare ai giovani e alle giovani che con cuore docile si pongono in ascolto della voce di Dio, pronti ad accoglierla con adesione generosa e fedele.


    Dal Vaticano, 18 ottobre 2011


    BENEDETTO XVI

  • 16 aprile

    La nostra preghiera

    e fervidi auguri

    al nostro papa benedetto xvi

    per i suoi 85 anni!

    Ad multos annos!!!

    benedetto XVI


  • NON ESSERE INCREDULO

    Dal Vangelo secondo Giovanni(20,19-31)

    increduloLa sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

    Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

    Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. 



     

    Porte chiuse, tristezza, paura di presentarsi davanti alla gente, è il risultato della prima pasqua, quel Gesù che li aveva affascinati è finito sulla croce, non ne potevano più, e stavano pensando di come liberarsi dell’esperienza vissuta con il Nazzareno. Questi o simili i pensieri dei discepoli al mattino di Pasqua. Ma è Tommaso il discepolo che fa emergere non solo il dubbio, ma tutta la sua incredulità. Per lui è impossibile, si gioca tutto, le voci della resurrezione non hanno nessun fondamento: Io non credo, a niente e a nessuno, solo se vedo, tocco con le mie mani, solo allora, forse… Così, “otto giorni… c’era con loro anche Tommaso… Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani… Mio Signore e mio Dio!”. Il Risorto era entrato a porte chiuse, ma era entrato dentro il suo cuore che era più blindato della porta, si è fatto strada e Tommaso è crollato. Tommaso è chiamato Didimo, gemello, io, tu sono suo gemello, la sua incredulità è la mia, la tua. Lasciamo entrare il Risorto, anche noi passeremo ad una fede semplice e gioiosa.

    Ci accompagnano Francesca e Angelo del gruppo genitori messa prima comunione, a loro il grazie di tutti.

    P. Raffaele Angelo Tosto



    TOMMASO E NOI

    È forte l’espressione di Tommaso, uno dei dodici. Si ritrova con gli altri discepoli, i suoi compagni; ha condiviso con loro tanto in quegli ultimi anni. Li trova sorpresi e incerti; si sente dire: “Abbiamo visto il Signore!”. E la sua risposta è contundente, non lascia spazio alla fiducia. Se non vede, si rifiuta di credere. Questo ci fa pensare alla grandezza del dono della risurrezione. Quegli apostoli, quegli uomini e quelle donne al seguito di Gesù, avevano vissuto delle esperienze meravigliose insieme al Maestro, avevano creduto in lui, avevano constatato la presenza di Dio in un uomo. Ma la brutalità della passione di Gesù, la sua rassegnazione, la mancata risposta agli insulti, ai maltrattamenti e, infine, il suo spirare come qualsiasi altro uomo li avevano messi profondamente in crisi. Sembrava tutto perduto; sembravano essere state vane le speranze, forse un bel sogno. “Noi speravamo che fosse Lui a liberare Israele, ma…(Lc 24,21). È così bella la realtà della risurrezione che Tommaso non può crederci. Eppure Dio ci sorprende sempre e va sempre al di là di tutte le nostre migliori aspettative. Cristo torna a presentarsi ai suoi e a salutarli con le parole: “Pace a voi”. Quanta pace ci dà la presenza di Cristo risorto, quanta serenità. Veramente Lui viene ad asciugare le nostre lacrime e a portarci ciò che neanche riusciamo ad immaginarci. Gesù ha sete della fede di Tommaso e della nostra fede. “Poi disse a Tommaso: ‘…e non essere incredulo, ma credente!’”. Quanto è bella l’esperienza dell’amore di Dio nella nostra vita, che persevera nella ricerca dei suoi, che supera la nostra incredulità e ci stimola all’apertura della fede e della speranza.



     La riflessione si fa preghiera

    Padre Misericordioso,

    donaci una fede forte

    che purifichi i nostri cuori.

    Donaci una fede pura

    che solo in Te spera e confida.

    Donaci la stabilità di chi è povero in spirito

    e vive la beatitudine della tua Presenza

    e della tua Provvidenza.

    Per questo, ti prego come nel salmo:

    “crea in me, o Dio, un cuore puro

    e rinnova in me uno spirito saldo”.


    Angelo e Francesca Piazzolla



    Benedetto XVI,  Regina Cæli, 30 marzo 2008

    DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA


    divina misericordiaCari fratelli e sorelle !

    Durante il Giubileo del 2000, l’amato Servo di Dio Giovanni Paolo II stabilì che in tutta la Chiesa la Domenica dopo Pasqua, oltre che Domenica in Albis, fosse denominata anche Domenica della Divina Misericordia. Questo avvenne in concomitanza con la canonizzazione di Faustina Kowalska, umile Suora polacca, nata nel 1905 e morta nel 1938, zelante messaggera di Gesù Misericordioso. La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio, il volto con il quale Egli si è rivelato nell’antica Alleanza e pienamente in Gesù Cristo, incarnazione dell’Amore creatore e redentore. Questo amore di misericordia illumina anche il volto della Chiesa, e si manifesta sia mediante i Sacramenti, in particolare quello della Riconciliazione, sia con le opere di carità, comunitarie e individuali. Tutto ciò che la Chiesa dice e compie, manifesta la misericordia che Dio nutre per l’uomo, dunque per noi. Quando la Chiesa deve richiamare una verità misconosciuta, o un bene tradito, lo fa sempre spinta dall’amore misericordioso, perché gli uomini abbiano vita e l’abbiano in abbondanza (cfr Gv 10, 10). Dalla misericordia divina, che pacifica i cuori, scaturisce poi l’autentica pace nel mondo, la pace tra popoli, culture e religioni diverse.

    Come Suor Faustina, Giovanni Paolo II si è fatto a sua volta apostolo della Divina Misericordia. La sera dell’in dimenticabile sabato 2 aprile 2005, quando chiuse gli occhi a questo mondo, era proprio la vigilia della seconda Domenica di Pasqua, e molti notarono la singolare coincidenza, che univa in sé la dimensione mariana - il primo sabato del mese - e quella della Divina Misericordia. In effetti, il suo lungo e multiforme pontificato ha qui il suo nucleo centrale ; tutta la sua missione a servizio della verità su Dio e sull’uomo e della pace nel mondo si riassume in quest’annuncio, come egli stesso ebbe a dire a Cracovia-Łagiewniki nel 2002, inaugurando il grande Santuario della Divina Misericordia : « Al di fuori della misericordia di Dio non c’è nessun’altra fonte di speranza per gli esseri umani ». Il suo messaggio, come quello di Santa Faustina, riconduce dunque al volto di Cristo, suprema rivelazione della misericordia di Dio. Contemplare costantemente quel Volto : questa è l’eredità che egli ci ha lasciato, e che noi con gioia accogliamo e facciamo nostra.



     

    Cara famiglia,
    quest’anno dal 30 maggio al 3 giugnosi celebrerà a Milano il VII Incontro Mondiale delle famiglie sul tema: “La famiglia: il lavoro e la festa”. 

    E’ una grande occasione per festeggiare insieme l’essere famiglie che trasformano il mondo col loro lavoro, che lo popolano e lo abitano generando la vita, non solo fisica ma più profondamente quella umana e spirituale. 

    Ti preghiamo di osare e farti avanti per programmare per tempo la tua partecipazionea questo unico e speciale momento di incontro e di festa.

    Per ogni informazioni rivolgersi al parroco.


  • Coro della Parrocchia Sacro Cuore

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  • RALLEGRIAMOCI ED ESULTIAMO!

    E’ Pasqua! Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.

    risortoIn quel venerdì, “si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio” e le tenebre hanno avvolto e custodito il corpo di Gesù deposto dalla croce, lasciando anche gli amici sgomenti ed impauriti. Ma alle prime luci del primo giorno della settimana, le donne danno inizio alla corsa al sepolcro. E’ la corsa della prima pasqua, che coinvolge anche i discepoli alla notizia del sepolcro vuoto, e così, Pietro e Giovanni “correvano insieme tutti e due” e il più giovane, con fare sportivo, dà la precedenza a Pietro per rendersi conto di come stavano le cose: il sepolcro vuoto, “i teli posati là, e il sudario… avvolto in un luogo a parte”.

    Il premio della corsa: “vide e credette”. Questa corsa continua anche oggi. Quanti passi che diamo ogni giorno: per  il lavoro, per la ricerca di desideri, per incontrare gli amici, per fuggire lontano da tutti, per realizzare sogni e progetti in terre lontane, per portare tenerezza a chi soffre, per cercare la vita, per vincere la malattia, ma hai provato a correre verso il sepolcro vuoto? Ti sei commosso camminando dietro i Misteri, ma il capolinea della corsa è il Risorto, il Vivente! Giunti al sepolcro, “un giovane, vestito d’una veste bianca”, ti dice: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E’ risorto, non è qui!”. Anche lui ha ripreso a correre e ci “precede Galilea”. D’ora in poi nella corsa non sei più solo, Lui cammina con te, fa suoi i tuoi desideri, i tuoi sogni per realizzarli, le tue paure per vincerle, i tuoi peccati per perdonarli, la tua morte per vincerla. E’ Lui il Risorgente che oggi ti porta la sua presenza di pace e gioia.

    Buona Pasquada P. Raffaele Angelo Tosto e P. Luigi Murra.  




    BENEDIZIONE IN FAMIGLIA NEL GIORNO DI PASQUA CON L'ACQUA BENEDETTA.

    Cristo Signore nella Pasqua di morte e risurrezione dà in abbondanza agli uomini la sua vita, l’acqua che zampilla per la vita eterna. Per portare la grazia della Pasqua in tutte le famiglie, viene consegnata una bottiglietta contenente l’acqua benedetta nella veglia Pasquale.

    Dando a tutti la possibilità di benedire la casa si invita tutti a superare il concetto di benedizione come qualche cosa di magico, automatico o scaramantico ed a recuperare la famiglia come una realtà fatta da Dio, già da lui santificata e fonte di benedizione. Radunata la famiglia attorno alla mensa, colui che guida la preghiera dice:


    Guida: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.Amen

    Tutti:  Questo è il giorno che ha fatto il Signore,

       rallegriamoci, esultiamo e preghiamo insieme. Alleluia.


    Padre nostro, che sei nei cieli,

    sia santificato il tuo nome,

    venga il tuo regno

    sia fatta la tua volontà,

    come in cielo così in terra.

    Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

    e rimetti a noi i nostri debiti

    come noi li rimettiamo ai nostri debitori,

    e non ci indurre in tentazione,

    ma liberaci dal male. Amen

     

    Guida:Aiutaci, o Padre santo, in questo giorno di Pasqua a riscoprire il valore del giorno del Signore per imparare a far festa, per avere l’occasione di trovarci insieme a tavola e condividere l’amicizia, per cogliere una opportunità per incontrarci con te, nutrendoci della tua Parola e del tuo Pane. Amen.


    Chi guida la preghiera, porge l’acqua benedetta, eventualmente utilizzando un ramoscello d’ulivo, e ciascuno si fa il segno della croce.



     

    Cara famiglia,
    quest’anno dal 30 maggio al 3 giugnosi celebrerà a Milano il VII Incontro Mondiale delle famiglie sul tema: “La famiglia: il lavoro e la festa”. 

    E’ una grande occasione per festeggiare insieme l’essere famiglie che trasformano il mondo col loro lavoro, che lo popolano e lo abitano generando la vita, non solo fisica ma più profondamente quella umana e spirituale. 

    Ti preghiamo di osare e farti avanti per programmare per tempo la tua partecipazionea questo unico e speciale momento di incontro e di festa.

    Per ogni informazioni rivolgersi al parroco.


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