Parrocchia B.V. Maria del SS. Rosario

San Ferdinando di Puglia (BT)

  
  
  

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    DOMENICA 22 DICEMBRE 2019 


    4ª DOMENICA DI AVVENTO


     

    22122019

    IN SOGNO UN ANGELO GLI DISSE: «GIUSEPPE, NON TEMERE DI PRENDERE CON TE MARIA...»MATTEO 1,20

    Dal Vangelo secondo Matteo(1,18-24)

    Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.

    Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

    Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa "Dio con noi".

    Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa. 

     

     

     

      

     

    il parroco scrive

    Mancano solo pochi giorni per accogliere nelle nostre vite il mistero di un bimbo che nasce. È Natale e sono tanti i sentimenti di amore, pace, gioia che affollano il nostro cuore, si dice infatti che a Natale si è più buoni. Dobbiamo fare attenzione però a non cadere nel buonismo che trasforma la bontà di un giorno, in un anno di sentimenti meno nobili perché, celebrare il Natale, non dev’essere per noi ricerca di un giorno speciale ma accoglienza del Salvatore, fare spazio in noi per far si che Cristo nascendo illumini la nostra storia, trasfiguri la nostra vita e solo così tutti i bei sentimenti diverranno per noi nuovi atteggiamenti che caratterizzano il nostro quotidiano.

    In quest’ultima domenica di Avvento, Dio raggiunge Giuseppe nel sogno, nel luogo del profondo, nel momento in cui le difese sono abbassate e lo raggiunge, per rivelargli il progetto d’amore che vuole realizzare per l’umanità. E Giuseppe svegliatosi dal sonno, guarda il mondo con gli occhi di Dio e trasforma la sua storia. Che questo Natale ci veda sognatori dell’Infinito, capaci di cambiare il corso della storia.

    p. Luigi Murra

     

     

     

     

     

    SF 331 pag 2 

    SF 331 pag 3


    strada facendo n 331 IV avvento A 22 12 19 
     
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    DOMENICA 8 DICEMBRE 2019 


    2ª DOMENICA DI AVVENTO

    IMMACOLATA CONCEZIONE


     

    «NON TEMERE, MARIA, PERCHÉ  HAI TROVATO GRAZIA PRESSO DIO...»LUCA 1,30

    08122019Dal Vangelo secondo Luca(1,26-38)

    In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».

    A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

    Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».

    Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.

     

     

     

     

      

     

    AVVENTO DI FRATERNITÀ

    Caritas Diocesana Arcidiocesi Trani - Barletta - Bisceglie

     

    08122019 3Una forte scossa di terremoto di magnitudo 6.4 ha colpito l'Albania, con epicentro vicino a Durazzo. Le città più colpite sono Durazzo e Thumane, dove diversi edifici sono crollati, numerosissimi sono stati danneggiati. Si registrano morti, feriti e numerosi dispersi, ma il bilancio è destinato ad aumentare. I soccorritori e l'esercito stanno scavando sotto le macerie in molte città: Durazzo, Kruje, Lezhe, Tirana, Scutari, Lac, Lushnje, Fier. Il governo ha disposto la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado. Purtroppo lo sciame sismico continua e scosse si sono registrate in tutti i Balcani.

    Caritas Albania si è attivata subito con la propria rete delle Caritas diocesane e sta raccogliendo le prime informazioni dalle parrocchie e missioni per andare incontro alle esigenze delle persone colpite e ai numerosi sfollati che nel corso delle prossime ore non potranno rientrare nelle loro case.

    Sono stati segnalati danni anche a chiese ed edifici parrocchiali. Il Ministero dell’Interno ha comunicato che si stanno attivando 3 centri di accoglienza e raccolta sfollati a Shijak - Durazzo, 3 centri a Tirana, 1 a Helms-Kavaje e 1 a Lezhe. Nel frattempo ha fatto una richiesta ufficiale a Caritas Albania per il supporto alimentare di quanti saranno ospitati nei centri.

    Per questo motivo, con il sostegno della Conferenza Episcopale Italiana, Caritas Italiana resta in contatto costante con Caritas Albania ed è pronta a sostenerne gli sforzi per far fronte a questa nuova emergenza e venire incontro ai bisogni della popolazione.

    La Caritas Diocesana, sentito il parere del nostro Vescovo e tenendo conto dei legami che ci legano a quella Nazione, invita tutte le nostre comunità ecclesiali ad esprimere concretamente la propria vicinanza, attraverso l’Avvento di Fraternità, per affrontare sia la fase dell’emergenza che soprattutto quella della ricostruzione, per ridare serenità a quelle popolazioni così duramente colpite. 

     


    strada facendo n 329 Immacolata A 08 12 19 
     
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      MARTEDI 1 GENNAIO 2019 


     Messaggio del Papa nella Giornata della Pace 2019

    La buona politica è al servizio della pace

     

    1. “Pace a questa casa!”

    Messaggio giornata della pace 2019Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù dice loro: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi» (Lc 10,5-6).

    Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo. E questa offerta è rivolta a tutti coloro, uomini e donne, che sperano nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana. [1] La “casa” di cui parla Gesù è ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in cui Dio ci ha posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine.

    Sia questo dunque anche il mio augurio all’inizio del nuovo anno: “Pace a questa casa!”.

     

    2. La sfida della buona politica

    La pace è simile alla speranza di cui parla il poeta Charles Péguy; [2] è come un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza. Lo sappiamo: la ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie. La politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione.

    «Se uno vuol essere il primo – dice Gesù – sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti» (Mc 9,35). Come sottolineava Papa San Paolo VI: «Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità». [3]

    In effetti, la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di carità.

     

    3. Carità e virtù umane per una politica al servizio dei diritti umani e della pace

    Papa Benedetto XVI ricordava che «ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella polis. […] Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico. […] L’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana». [4] È un programma nel quale si possono ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza culturale o religiosa che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico: la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà.

    A questo proposito meritano di essere ricordate le “beatitudini del politico”, proposte dal Cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002, che è stato un fedele testimone del Vangelo:

    Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo.
    Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità.
    Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse.
    Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente.
    Beato il politico che realizza l’unità.
    Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale.
    Beato il politico che sa ascoltare.
    Beato il politico che non ha paura. [5]

    Ogni rinnovo delle funzioni elettive, ogni scadenza elettorale, ogni tappa della vita pubblica costituisce un’occasione per tornare alla fonte e ai riferimenti che ispirano la giustizia e il diritto. Ne siamo certi: la buona politica è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza.

     

    4. I vizi della politica

    Accanto alle virtù, purtroppo, anche nella politica non mancano i vizi, dovuti sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni. È chiaro a tutti che i vizi della vita politica tolgono credibilità ai sistemi entro i quali essa si svolge, così come all’autorevolezza, alle decisioni e all’azione delle persone che vi si dedicano. Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio.

     

    5. La buona politica promuove la partecipazione dei giovani e la fiducia nell’altro

    Quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro. Quando, invece, la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si diffonde nelle coscienze e sui volti. Diventa una fiducia dinamica, che vuol dire “io mi fido di te e credo con te” nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune. La politica è per la pace se si esprime, dunque, nel riconoscimento dei carismi e delle capacità di ogni persona. «Cosa c’è di più bello di una mano tesa? Essa è stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida (cfr Gen 4,1ss) o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere. Accanto al cuore e all’intelligenza, la mano può diventare, anch’essa, uno strumento di dialogo». [6]

    Ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune. La vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali. Una tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complesse. In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno. Oggi più che mai, le nostre società necessitano di “artigiani della pace” che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana.

     

    6. No alla guerra e alla strategia della paura

    Cento anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, mentre ricordiamo i giovani caduti durante quei combattimenti e le popolazioni civili dilaniate, oggi più di ieri conosciamo il terribile insegnamento delle guerre fratricide, cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura. Tenere l’altro sotto minaccia vuol dire ridurlo allo stato di oggetto e negarne la dignità. È la ragione per la quale riaffermiamo che l’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia. Il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace. Non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza. Va invece ribadito che la pace si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate.

    Il nostro pensiero va, inoltre, in modo particolare ai bambini che vivono nelle attuali zone di conflitto, e a tutti coloro che si impegnano affinché le loro vite e i loro diritti siano protetti. Nel mondo, un bambino su sei è colpito dalla violenza della guerra o dalle sue conseguenze, quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato o ostaggio dei gruppi armati. La testimonianza di quanti si adoperano per difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto mai preziosa per il futuro dell’umanità.

     

    7. Un grande progetto di pace

    Celebriamo in questi giorni il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata all’indomani del secondo conflitto mondiale. Ricordiamo in proposito l’osservazione del Papa San Giovanni XXIII: «Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli». [7]

    La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria:

    - la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”;

    - la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé;

    - la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire.

    La politica della pace, che ben conosce le fragilità umane e se ne fa carico, può sempre attingere dallo spirito del Magnificat che Maria, Madre di Cristo Salvatore e Regina della Pace, canta a nome di tutti gli uomini: «Di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; […] ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc 1,50-55).

     

    Dal Vaticano, 8 dicembre 2018

    FRANCESCO

    ________________________

    [1] Cfr Lc 2,14: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».
    [2] Cfr Le Porche du mystère de la deuxième vertu, Paris 1986.
    [3] Lett. ap. Octogesima adveniens (14 maggio 1971), 46.
    [4] Enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 7.
    [5] Cfr Discorso alla mostra-convegno “Civitas” di Padova: “30giorni”, n. 5 del 2002.
    [6] Benedetto XVI, Discorso alle Autorità del Benin, Cotonou, 19 novembre 2011.
    [7] Enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), 24.

     
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      DOMENICA 23 DICEMBRE 2018 


     

    «A CHE COSA DEVO CHE LA MADRE DEL MIO SIGNORE VENGA DA ME?»LUCA 1,43

    23122018Dal Vangelo secondo Luca(1,39-45)

    In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.

    Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

     

     

     

     

    NEI PICCOLI GESTI QUOTIDIANI

    Sono tre i punti su cui il Vangelo di Luca ci invita a riflettere:

    È la fede che ha fatto accettare a Maria il compiersi della volontà di Dio per mezzo dello Spirito Santo , non solo nel suo grembo immacolato come madre di Gesù, ma anche nel suo percorso di vita e nelle sue opere, diventando la madre di tutta l’umanità, portando assistenza, conforto e quell’amore incondizionato che una madre ha verso i suoi figli. È proprio quest’amore di madre, che la fa partire in fretta per un lungo viaggio, per portare, quanto prima, aiuto e conforto a sua cugina Elisabetta, che nonostante l’età avanzata è già al sesto mese di gravidanza.

    È sempre per la fede che, appena il saluto di Maria giunge nella casa di Zaccaria, lo Spirito Santo scende su Elisabetta e nel suo grembo (il bambino sussultò di gioia) svelandole il mistero dell’annunciazione e dell’incarnazione e facendole riconoscere in Maria la madre di Dio “benedetta tra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che devo che la madre del mio Signore venga da me”.

    Quindi è con atteggiamento di vera fede e con il cuore pieno di gioia e gratitudine che ci dobbiamo preparare al Natale, cosi da poter riconoscere il nostro Signore nei piccoli gesti quotidiani e nell’amore verso gli altri.

    Ed è proprio Maria che, facendosi tramite di Dio, con le sue opere ed il suo amore ci indica la vera via dell’avvento.

    Antonio

     

     

     

     

     

    BUON NATALE

     

    A Natale non si fanno cattivi23122018 2
    pensieri ma chi è solo
    lo vorrebbe saltare
    questo giorno.

    A tutti loro auguro di
    vivere un Natale
    in compagnia.

    Un pensiero lo rivolgo a
    tutti quelli che soffrono
    per una malattia.
    A coloro auguro un
    Natale di speranza e di letizia.
    Ma quelli che in questo giorno
    hanno un posto privilegiato
    nel mio cuore
    sono i piccoli mocciosi
    che vedono il Natale
    attraverso le confezioni dei regali.

    Agli adulti auguro di esaudire
    tutte le loro aspettative.

    Per i bambini poveri
    che non vivono nel paese dei balocchi
    auguro che il Natale
    porti una famiglia che li adotti
    per farli uscire dalla loro condizione
    fatta di miseria e disperazione.

    A tutti voi
    auguro un Natale con pochi regali
    ma con tutti gli ideali realizzati.

    Alda Merini

     

     


     

     

    SANTO PROTETTORE DELL'ANNO

    23122018 3Nelle nostre comunità il primo giorno dell’anno si è soliti compiere un gesto che la tradizione fa risalire al nostro Fondatore, quello cioè di affidare ad ogni fedele un Santo Protettore dell'anno, per invocarne la protezione, per impegnarsi ad approfondirne la vita e soprattutto ad imitarne le virtù. È interessante vedere quello che viene scritto da un religioso dell’Ordine della Madre di Dio in un libro della fine del 1700, “Diario sacro antico e moderno delle chiese di Lucca”: “In Santa Maria Corteorlandini dopo il Vespro e sacro discorso si distribuiscono a sorte i biglietti per il Santo Protettore dell'anno. Questo pio uso di assegnare a ciascuno il Santo Protettore dell'anno credo sia iniziato dai Padri della Congregazione dell'Oratorio di San Filippo... Forse però si deve l'introduzione al Ven. P. Giovanni Leonardi Lucchese Fondatore della Congregazione della Madre di Dio, che passò al Signore l'anno 1609, il quale propagò questa devozione in varie Città d'Italia, e ordinò nelle sue Costituzioni, che nel primo giorno di ciascun Mese si distribuisse ad ognuno dei suoi Religiosi un biglietto, in cui si assegna come in quello dell'Anno, il S. Protettore di quel Mese, con una frase latina presa per lo più da qualche Santo Padre, che raccomanda la pratica di qualche virtù, ed in fine si chiede il pregare per qualche pubblico, o privato bisogno”.

    Oltre a quello dell’inizio anno, ogni mese il Santo farmacista chiede ai suoi di soffermarsi a guardare la vita di un santo, di un semplice e pover’uomo che ha compreso come amare e seguire Cristo rendendo la sua vita Vangelo vivente. Allora l’invito ad essere santi per santificare diviene per tutti noi possibilità di metterci in gioco, di vedere che anche il peccato non può essere il freno per una vita nuova perché tanti uomini e donne sono riusciti a mettere da parte ciò che li rendeva schiavi per vivere in maniera nuova. Nella vita dei santi troviamo storie di bene che contrastano le storie del male e colpisce la travolgente ricerca del Paradiso che questi uomini hanno nel cuore e che affidano a noi perché anche noi possiamo custodire e vivere nella nostra vita il desiderio di diventare santi con una vita bella.

    P. Luigi Murra


     strada facendo n 291 TO B 23 12 18
     
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      DOMENICA 9 DICEMBRE 2018 


     

    «PREPARATE LA VIA DEL SIGNORE, RADDRIZZATE I SUOI SENTIERI!»LUCA 3,4

    09122018Dal Vangelo secondo Luca(3,1-6)
    Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.

    Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:

    «Voce di uno che grida nel deserto:
    Preparate la via del Signore,
    raddrizzate i suoi sentieri!
    Ogni burrone sarà riempito,
    ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
    le vie tortuose diverranno diritte
    e quelle impervie, spianate.
    Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

     

     

     

     

    il parroco scrive

    Nel deserto Giovanni è voce che permette alla Parola di giungere a me ed è, in questa domenica, invito a lasciarmi visitare da Dio in ogni fatto della mia vita.

    Lasciamoci scrutare, plasmare dal Signore, lasciamoci raggiungere da Lui e allora potremo vedere la salvezza.
    Avvento è tempo di attesa, momento favorevole in cui ci lasciamo visitare da Dio nelle nostre cose, in ogni episodio della nostro quotidiano. Dio è colui che costantemente viene verso di noi. Apriamo i nostri orecchi all’ascolto.

    Grazie a Tina Mango per la meditazione sul Vangelo.

    P. Luigi Murra

     

     

     

     

     

    LA VIA DEL CUORE

    Il vangelo di questa II domenica di Avvento ci propone la figura di Giovanni Battista.
    Tre cose mi hanno fatto riflettere:

    La Parola fu rivolta proprio e solo a Giovanni, e non a qualcuno dei potenti (Tiberio, Ponzio Pilato, Erode – oggi diremmo i politici di turno di governo e i potenti dell’economia) nominati da Luca all’inizio del brano evangelico, o quantomeno ai gran sacerdoti del tempo (oggi diremmo le Autorità della Chiesa). Dio ha scelto di rivolgere la sua Parola ad un uomo che viveva ai margini della società e per giunta nel deserto, nutrito dalla natura e vestito solo con pelli di animali. Evidentemente Dio la pensa diversamente da noi. Ha scelto Giovanni per la sua umiltà, povertà e dignità. Non quindi ai potenti si rivolge Dio ma alle persone umili, aperte al suo amore.

    Preparate la via al Signore. Quale via? Forse la via dei nostro egoismo, delle nostre ambizioni, del nostro consumismo, della nostra ipocrisia. No certamente. La via da preparare è quella del cuore. Aprire il cuore a Gesù che viene significa aprire il cuore ai fratelli che soffrono, nella malattia, nella miseria nella povertà. Significa abbandonare il nostro egoismo, le nostre ambizioni, il consumismo radicato e l’attaccamento ai beni materiali, l’ipocrisia e ogni peccato. Significa ancora entrare nel deserto della nostra anima e cercare tutto ciò che ci conduce a Dio. In una parola “convertirsi”, cioè trovare la strada per camminare con Dio.

    E allora? Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio. Cioè ciascuno di noi, convertito, potrà vedere Dio con occhi puri e il Natale acquisterà il suo vero significato.

    Tina

       

     

      

     

     

     

     

     

    "ALZATI E VAI!"


    09122018 2Domenica 2 dicembre 2018 si è svolto il secondo Meeting organizzato dal Rinnovamento nello Spirito Santo e rivolto a tutti i giovani della nostra diocesi. È stata un'occasione di ritrovo e di festa in cui l'entusiasmo ha fatto da padrone di casa conquistando noi ragazzi che ci siamo ritrovati con il desiderio di vivere un pomeriggio alternativo all'insegna dell'amicizia e della gioia.

    Tutti siamo stati coinvolti sin da subito ad iniziare da un flash mob e da un momento di animazione.

    Sono riconoscente a quei ragazzi che ci hanno riportato, nel corso dell'incontro, le loro esperienze di fede e hanno testimoniato come il Signore secondo i suoi tempi e il suo progetto può sconvolgere la vita di ognuno di noi, indicandoci la giusta via da seguire, ponendoci di fronte a situazioni impensabili, senza preavviso o alcuna spiegazione.

    In questo contesto sono stata sollecitata a riflettere su quanto troppo tempo mi dedico al "fare", (ad esempio alla preparazione del servizio che svolgo in parrocchia) ma poco tempo ad ascoltare con il cuore. Questa giornata mi ha permesso di riscoprire la grazia del ritrovo personale che molto spesso manca.

    Il momento che ho vissuto come più intenso ed emozionante è stato quello in cui insieme abbiamo adorato il Santissimo Sacramento dell'Eucaristia. Eravamo infatti solo un gruppo di ragazzi, molti dei quali si incontravano quel giorno per la prima volta, alcuni giunti al meeting su invito di qualcun'altro, senza aspettative particolari e per puro caso. Ma in quel momento ho percepito una forte sensazione di familiarità e amore perché insieme, nonostante la nostra giovane età e le nostre diversità, eravamo tutti uniti e rivolti a Gesù. Questo gruppo di giovani ha elevato al Signore un unico canto e un'unica preghiera e sono certa che lo stesso abbraccio e la stessa forza che ho percepito io, è stata condivisa dagli altri. Molti di noi tre lacrime purificatrici e di gioia si sono lasciati andare di fronte al Santissimo Sacramento, liberati dai pensieri e dagli affanni quotidiani e colmati di una pace nuova.

    "Alzati e vai!" è stato l'imperativo che il Signore, come a Giona (Giona 1,2), ha rivolto anche a noi presenti al meeting che siamo stati chiamati a farci testimoni della sua gioia e del suo operato senza timore.

    Personalmente vorrei ringraziare quanti si sono adoperati per l'organizzazione di questa giornata e in modo particolare Colui che è stato indicato come il capo cantiere che ha diretto e condotto in maniera impeccabile i lavori: Gesù . È stata per me un'altra esperienza di crescita e condivisione.

    Rivolgo a tutti i giovani l'invito a partecipare e fare tesoro di queste opportunità che ci vengono presentate ( il prossimo anno sono previsti appuntamenti mensili a livello diocesano), perché ritengo che siano delle speciali occasioni per camminare tutti insieme come un'unica grande comunità e per crescere nell'amicizia e nell'amore verso Dio e verso i fratelli.

    Ora tocca a noi rispondere a questa chiamata : "Alziamoci e andiamo!"

    Miriam Giannini


     strada facendo n 289 TO B 09 12 18
     
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  • Azione Cattolica  -  Apostolato della Preghiera  - Madrine OMD

    09122018 1a

    GIOVEDÌ 20 DICEMBRE

    16.00 Ritrovo presso la Chiesa di S. Antonio
    16.15 Celebrazione Eucaristica
    17.00 Adorazione Eucaristica
    18.30 Canto dei Vespri e benedizione Eucaristica

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     DOMENICA 24 DICEMBRE 2017 

     


    4ª DOMENICA DI AVVENTO


     

    «NON TEMERE, MARIA, PERCHÉ HAI TROVATO GRAZIA PRESSO DIO»Luca 1,30

     

    24122017Dal Vangelo secondo Luca(1,26-38)
    In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.

     

     

     

    il parroco

    È il Natale di Gesù! È gioia, è gioia grande per tutti e per te, credente! È l’angelo Gabriele, che porta a Maria questo lieto annunzio: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”. L’evangelista Luca con l’annuncio a Maria porta nel mondo la Parola che si incarna nel grembo di Maria. E’ l’inizio concreto della storia di salvezza, promessa nel tempo ed ora giunta al suo compimento. La parola dell’angelo è sconvolgente per Maria “promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe”, ora è chiamata ad una missione al di sopra di ogni visione umana, del tutto imprevista e per questo rimane “turbata”. “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”. Ecco come agisce il Signore! L’eccomi di Maria rende, possibile a Dio, di compiere quello che all’uomo è impossibile. Se anche noi lasciamo entrare “in casa” l’angelo che viene a sconvolgere i nostri progetti per orientarli a quelli di Dio, anche per noi si compirà l’impossibile. Maria in questo è esperta, lasciamoci guidare dalla sua bontà materna, sarà solo gioia! Quella che vogliamo sperimentare sempre e in questi giorni di santa letizia, nelle famiglie e nella nostra chiesa che finalmente risplende in tutta la sua bellezza di luce e di fede, con il presepe, in stile con la chiesa, opera dell’amico Fernando Martire, che ci porta a contemplare il mistero dell’Incarnazione nella sua semplicità. A lui il nostro grazie, come a Pinuccia Minunno per il Vangelo.

    A tutti auguri di gioia nel Natale di Gesù!

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)

     

     

    PARTECIPARE AL PROGETTO DI DIO

    Il Vangelo di Luca ci presenta la testimonianza di Maria, Madre di Dio che con il suo sì, collabora affinché si realizzi il progetto divino. Progetto che va oltre il concepimento nel grembo di una vergine, oltre la nascita del Messia, perché attraverso di lei abbiamo la rivelazione, la certezza che il figlio che nascerà “sarà Santo e chiamato Figlio di Dio”. Dio opera attraverso di lei con la sua adesione; attraverso il suo Sì, realizza il suo progetto. Tutti noi abbiamo un’annunciazione personale, tutti abbiamo una proposta che ci invita a partecipare al progetto di Dio. Il credente però è colui che è capace di ascoltare, di riflettere, di fidarsi e di rispondere “sì”.

    Pinuccia Minunno

     

     

     

     

     VELE DI SPERANZA

     

    Natale, 24122017 3
    mistero di un vento
    che riempie di speranza
    le vele della nostra vita.
    E fra le ali del vento
    Tu, o Cristo, 
    hai varcato le porte dell'infinito
    per cercarmi,
    per riscaldare gli inverni della mia vita
    e donare amore al mio cuore.
    E la vita rinasce,
    la storia è illuminata,
    la gioia è parte del nostro essere...
    Tra l’ondeggiare del mare,
    spiegate sono le mie vele alla brezza del mattino 
    e gonfie del vento dello Spirito,
    con fiducia solco il mare della vita
    perché Tu, oggi, Bambino,
    sei venuto nella mia storia.

     

     

     

     

     

    NATALE 2017
     
     

    Carissimi,
    24122017 2in ogni Chiesa e famiglia cristiana, in questi giorni, fanno bella mostra di sé presepi di varia fattura, con grande vanto di chi li ha allestiti. Il Bambino Gesù occuperà il centro della scena, ben illuminato da luci che ne metteranno in risalto la bellezza. Noi ci fermeremo ad ammirare e devotamente resteremo in contemplazione del Bambino che ogni anno ci guarda negli occhi dalla sua condizione di povertà e ci costringe per un attimo a riflettere sulle nostre vite.
    Chi è quel Bambino? Il profeta Isaia lo chiama: “Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace” (9,5), il Salmo 110 lo vede come il Re Messia atteso dagli ebrei, Pietro dichiarerà: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16) e Paolo: “Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. (Fil 2,6-7).
    Quel Bambino è la manifestazione dell’amore di Dio per l’uomo, e la condizione umile che ha accettato di assumere dimostra quanto sia voluto essere il più vicino possibile all’uomo, al più povero degli uomini.
    Il Signore vuole entrare nella nostra storia e, in particolare, nel cuore di ognuno, per regnarvi e per liberarlo da tutti i dominatori occulti che lo imprigionano.
    Disponiamoci con cuore aperto, carissimi, di fronte al mistero del Dio che si fa uomo, contempliamo il Bambino Gesù ed eleviamo a Lui la nostra preghiera più accorata. Abbiamo sempre dei buoni motivi per elevare a Lui la nostra preghiera, che siano personali o per le sorti dell’umanità intera.
    Quest’anno, in particolare, preghiamo per la nostra Chiesa diocesana che attende l’arrivo del nuovo Pastore nella persona di S.E Mons. Leonardo D’Ascenzo, perché dopo questo lungo periodo di “vacatio”, possiamo accogliere il nuovo Vescovo con lo stesso affetto filiale con cui abbiamo amato l’indimenticabile Mons. Giovan Battista Pichierri.
    Preghiamo per Mons. Leonardo, perché illuminato dallo Spirito Santo che scenderà su di lui, possa guidarci con la sapienza di un maestro e l’affetto di un padre, con la vitalità che ogni cosa nuova porta con sé, per condurci attraverso i doni sacramentali verso la perfezione cristiana.
    Preghiamo per quanti si trovano in questo momento nel buio della speranza, sopraffatti dalla sfiducia nel Signore e negli uomini, provati dalla precarietà del lavoro, da situazioni familiari in cui sono venuti meno l’affetto e la dedizione; per quanti si sentono abbandonati da una umanità frettolosa che non ha tempo per chi rimane indietro, per gli ammalati messi a dura prova dalla sofferenza, per i fanciulli e i giovani che sono il futuro della società e della Chiesa.
    Ognuno poi affidi al Bambino Gesù la preghiera per le situazioni personali di particolare impegno con la fiducia di chi sa di essere ascoltato.
    Il Cristo che viene squarciando i cieli e facendo di sé il più grande dono all’umanità ci insegna a fare della nostra vita un dono, a rendere il nostro cuore una casa accogliente per tutti, a condividere le nostre ricchezze materiali e spirituali, a consegnare i nostri talenti, ma anche le nostre debolezze nelle mani dei fratelli, oltre che a prenderci cura degli altri quando si consegnano a noi; e questo senza stringere troppo la presa per evitare di distruggerli, ma allo stesso tempo senza fiacchezza nelle mani per evitare che possano cadere. Vivere da figli di Dio è possibile, se impariamo a portarci l'uno nel palmo della mano dell'altro, senza riserve, senza paura, ma con l'assillo costante di custodirci con fraterna sollecitudine. Impariamo da Cristo ad essere dei ‘consegnati’, a mettere in ‘comunione’ le nostre vite per creare una ‘comunità’.

    Auguri di Buon Natale a tutti!

    firma dascenzo


     
    strada facendo n 252 IV avvento B 24 12 17
     
     

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     DOMENICA 3 DICEMBRE 2017 

     


    1ª DOMENICA DI AVVENTO


     

    «VEGLIATE! VOI NON SAPETE QUANDO IL PADRONE DI CASA RITORNERÀ...»Marco 13,35

     

    03122017Dal Vangelo secondo Marco (13,33-37)

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

     

     

     

    il parroco

    “Vegliate!” è la parola chiave, ripetuta ben 4 volte, nel Vangelo di Marco in questa prima domenica di Avvento. Siamo tutti addormentati e tutti, nello stesso tempo, abbiamo fretta. Siamo allergici all’attesa. L’inizio del nuovo anno liturgico vuol risvegliare il desiderio di andare incontro a chi è già entrato nella storia dell’uomo per riportarlo alla salvezza. Per questo abbiamo bisogno di sosta, di ascolto, di sentire il Signore che è presente nella vita quotidiana e sarà possibile, tornando ad ascoltare la Parola e a pregare. “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita di coloro che si incontrano con Gesù” ci ricorda papa Francesco. L’Avvento è questo cammino di gioia che facciamo per re-incontrare Gesù. La preghiera costituisce il punto di partenza obbligato. La proposta de “IL MONASTERO INVISIBILE” cammina in questa direzione, aspetta la tua gioiosa partecipazione, indicando il giorno e il tempo. Sogno la Chiesa del Rosario tutta orante e da qui frutti abbondanti di Vangelo. “La Chiesa non può fare a meno del polmone della preghiera e mi rallegra immensamente che si moltiplichino i gruppi di preghiera , di intercessione, di lettura orante della Parola, le adorazioni perpetue dell’Eucaristia”. Così papa Francesco e noi, con vera gioia, ci sentiamo partecipi. Sia così, iniziando da questo Avvento. Il nostro Grazie a Carmela Panzuto per la sua lettura del Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)

     

     

    INCONTRO AL SIGNORE

    Il tempo dell’Avvento è andare incontro al Signore, vegliando, con la lampada accesa, come ci ricorda l’accensione della prima lampada di Avvento. “Fate attenzione, vegliate” è il richiamo forte e preciso che ci rivolge il Signore che deve diventare una condotta abituale di vita, soprattutto nei momenti difficili, quando più spontaneo si presenta la tentazione di assopirsi rassegnati. Sono molti i modi con i quali prendiamo sonno: restando chiusi in se stessi, abbandonandosi alla facile e comoda pigrizia, senza porsi domande che ci potrebbero inquietare. La vigilanza è mantenere i piedi per terra, ma con lo sguardo in alto. Mettere tutto l’impegno possibile, ma avere la fiducia in chi mi sostiene nel realizzare quanto mi sono proposto. Non rimanere a braccia conserte, ma volgere lo sguardo al fratello, a chi è più solo e bisognoso. Vegliare è riscoprire quanto succede intorno a noi con la sapienza della fede e scorgervi il progetto di Dio. L’Avvento diventi cammino di luce per incontrare Gesù, nostra salvezza.

    Panzuto Carmela

     

     

     

     

    L'AURORA DEL MONDO NUOVO

    Papa Francesco, Angelus 8 dicembre 2015

     

    03122017 2Oggi, la festa dell’Immacolata ci fa contemplare la Madonna che, per singolare privilegio, è stata preservata dal peccato originale fin dal suo concepimento. Pur vivendo nel mondo segnato dal peccato, non ne viene toccata: Maria è nostra sorella nella sofferenza, ma non nel male e nel peccato. Anzi, il male in lei è stato sconfitto prima ancora di sfiorarla, perché Dio l’ha ricolmata di grazia (cfr Lc 1,28). L’Immacolata Concezione significa che Maria è la prima salvata dall’infinita misericordia del Padre, quale primizia della salvezza che Dio vuole donare ad ogni uomo e donna, in Cristo. Per questo l’Immacolata è diventata icona sublime della misericordia divina che ha vinto sul peccato. E noi, oggi, all’inizio del Giubileo della Misericordia, vogliamo guardare a questa icona con amore fiducioso e contemplarla in tutto il suo splendore, imitandone la fede.
    Nel concepimento immacolato di Maria siamo invitati a riconoscere l’aurora del mondo nuovo, trasformato dall’opera salvifica del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. L’aurora della nuova creazione attuata dalla divina misericordia. Per questo la Vergine Maria, mai contagiata dal peccato e sempre ricolma di Dio, è madre di una umanità nuova. E’ madre del mondo ricreato.
    Celebrare questa festa comporta due cose. Primo: accogliere pienamente Dio e la sua grazia misericordiosa nella nostra vita. Secondo: diventare a nostra volta artefici di misericordia mediante un cammino evangelico. La festa dell’Immacolata diventa allora la festa di tutti noi se, con i nostri “sì” quotidiani, riusciamo a vincere il nostro egoismo e a rendere più lieta la vita dei nostri fratelli, a donare loro speranza, asciugando qualche lacrima e donando un po’ di gioia. Ad imitazione di Maria, siamo chiamati a diventare portatori di Cristo e testimoni del suo amore, guardando anzitutto a quelli che sono i privilegiati agli occhi di Gesù. Sono coloro che Lui stesso ci ha indicato: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 35-36).
    L’odierna festa dell’Immacolata Concezione ha uno specifico messaggio da comunicarci: ci ricorda che nella nostra vita tutto è dono, tutto è misericordia. La Vergine Santa, primizia dei salvati, modello della Chiesa, sposa santa e immacolata, amata dal Signore, ci aiuti a riscoprire sempre più la misericordia divina come distintivo del cristiano. Non si può capire un cristiano vero che non sia misericordioso, come non si può capire Dio senza la sua misericordia. Essa è la parola-sintesi del Vangelo: misericordia. E’ il tratto fondamentale del volto di Cristo: quel volto che noi riconosciamo nei diversi aspetti della sua esistenza: quando va incontro a tutti, quando guarisce gli ammalati, quando siede a tavola con i peccatori, e soprattutto quando, inchiodato sulla croce, perdona; lì noi vediamo il volto della misericordia divina. Non abbiamo paura: lasciamoci abbracciare dalla misericordia di Dio che ci aspetta e perdona tutto. Nulla è più dolce della sua misericordia. Lasciamoci accarezzare da Dio: è tanto buono, il Signore, e perdona tutto.
    Per intercessione di Maria Immacolata, la misericordia prenda possesso dei nostri cuori e trasformi tutta la nostra vita.

     


     
    strada facendo n 249 I avvento B 3 12 17
     
     

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  • LA PORTA SANTA


    La Porta Santa è una porta murata, che si trova nella Basilica di San Pietro in Vaticano e nelle altre tre Basiliche maggiori di Roma: San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore. La sua apertura segna l'inizio del Giubileo ed è il simbolo di un percorso straordinario verso la salvezza. Il Giubileo della misericordia comincia con l'apertura, l'8 dicembre, della Porta Santa della Basilica di San Pietro e, in seguito, delle Porte Sante delle altre Basiliche.

    Per il Giubileo della misericordia papa Francesco ha stabilito che ogni diocesi scelga una chiesa significativa in cui aprire una «Porta della misericordia».

    La Porta Santa rimane aperta fino alla conclusione dell'Anno giubilare, il 20 novembre 2016.



  • INDULGENZA

    abc giubileo indulgenzaL'indulgenza richiama l'amore

    misericordioso di Dio nei confronti dell'uomo peccatore. «Desidero che l'indulgenza giubilare giunga per ognuno come genuina esperienza della misericordia di Dio, la quale a tutti va incontro con il volto del Padre che accoglie e perdona, dimenticando completamente il peccato commesso» (Lettera del Santo Padre Francesco, 1 settembre 2015).

    In alcune occasioni, come il Giubileo, l'indulgenza è detta «plenaria» perché è una grazia straordinaria che guarisce completamente l'uomo, facendone una nuova creatura. Si ottiene con un atteggiamento di distacco da ogni peccato, confessandosi, ricevendo l'Eucaristia, pregando secondo le intenzioni del Papa, recandosi in pellegrinaggio in una delle chiese giubilari. E attraverso atti di carità.


  • GIUBILEO

    abc giubileoIl Giubileo per i cattolici è un «tempo straordinario di grazia» dedicato alla riconciliazione e alla remissione dei peccati. Il primo fu indetto da papa Bonifacio VIII nel 1300, ma l'origine di questo evento è da cercarsi nell'Antico Testamento. La legge di Mosè prevedeva che ogni cinquant'anni fosse dichiarato un Anno Santo che restituisse l'uguaglianza a tutti i figli di Israele. Dal XV secolo la Chiesa stabilì che il Giubileo fosse indetto ogni venticinque anni, periodo di tempo che ancor oggi definisce il Giubileo ordinario. Il Pontefice può tuttavia indire Giubilei straordinari in concomitanza di eventi o periodi storici particolari.

  • Mostra d'Arte con asta di Beneficenza per sostenere le missioni OMD

    Allestimento in via Imbriani (locali parrocchiali)

    fino al 6 gennaio, ore 17.30 - 21.00

    domenica ore 10.00 - 13.00

    ingresso libero

  • concorso presepe 3

    Piccolo concorso aperto a tutti coloro che hanno allestito il presepe e che vogliono far conoscere e condividere con gli altri la loro opera.


    presepe3Per partecipare, compila la scheda d'iscrizione da consegnare entro Domenica 14 Dicembre in Parrocchia o al proprio catechista.

    Una commissione, previo appuntamento, visiterà le famiglie che partecipano al concorso per valutare e fotografare i presepi.

    remagi2Martedì 6 Gennaio 2015, giorno dell'Epifania, ci sarà la consegna a tutti i partecipanti di un diploma e un riconoscimento a quelli considerati più significativi.

    Le foto di tutti i presepi saranno pubblicate sul sito della Parrocchia: www.smrosario.org

  • La buona politica è al servizio della pace

     

    1. “Pace a questa casa!”

    Messaggio giornata della pace 2019Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù dice loro: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi» (Lc 10,5-6).

    Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo. E questa offerta è rivolta a tutti coloro, uomini e donne, che sperano nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana. [1] La “casa” di cui parla Gesù è ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in cui Dio ci ha posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine.

    Sia questo dunque anche il mio augurio all’inizio del nuovo anno: “Pace a questa casa!”.

     

    2. La sfida della buona politica

    La pace è simile alla speranza di cui parla il poeta Charles Péguy; [2] è come un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza. Lo sappiamo: la ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie. La politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione.

    «Se uno vuol essere il primo – dice Gesù – sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti» (Mc 9,35). Come sottolineava Papa San Paolo VI: «Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità». [3]

    In effetti, la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di carità.

     

    3. Carità e virtù umane per una politica al servizio dei diritti umani e della pace

    Papa Benedetto XVI ricordava che «ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella polis. […] Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico. […] L’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana». [4] È un programma nel quale si possono ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza culturale o religiosa che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico: la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà.

    A questo proposito meritano di essere ricordate le “beatitudini del politico”, proposte dal Cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002, che è stato un fedele testimone del Vangelo:

    Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo.
    Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità.
    Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse.
    Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente.
    Beato il politico che realizza l’unità.
    Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale.
    Beato il politico che sa ascoltare.
    Beato il politico che non ha paura. [5]

    Ogni rinnovo delle funzioni elettive, ogni scadenza elettorale, ogni tappa della vita pubblica costituisce un’occasione per tornare alla fonte e ai riferimenti che ispirano la giustizia e il diritto. Ne siamo certi: la buona politica è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza.

     

    4. I vizi della politica

    Accanto alle virtù, purtroppo, anche nella politica non mancano i vizi, dovuti sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni. È chiaro a tutti che i vizi della vita politica tolgono credibilità ai sistemi entro i quali essa si svolge, così come all’autorevolezza, alle decisioni e all’azione delle persone che vi si dedicano. Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio.

     

    5. La buona politica promuove la partecipazione dei giovani e la fiducia nell’altro

    Quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro. Quando, invece, la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si diffonde nelle coscienze e sui volti. Diventa una fiducia dinamica, che vuol dire “io mi fido di te e credo con te” nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune. La politica è per la pace se si esprime, dunque, nel riconoscimento dei carismi e delle capacità di ogni persona. «Cosa c’è di più bello di una mano tesa? Essa è stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida (cfr Gen 4,1ss) o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere. Accanto al cuore e all’intelligenza, la mano può diventare, anch’essa, uno strumento di dialogo». [6]

    Ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune. La vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali. Una tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complesse. In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno. Oggi più che mai, le nostre società necessitano di “artigiani della pace” che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana.

     

    6. No alla guerra e alla strategia della paura

    Cento anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, mentre ricordiamo i giovani caduti durante quei combattimenti e le popolazioni civili dilaniate, oggi più di ieri conosciamo il terribile insegnamento delle guerre fratricide, cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura. Tenere l’altro sotto minaccia vuol dire ridurlo allo stato di oggetto e negarne la dignità. È la ragione per la quale riaffermiamo che l’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia. Il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace. Non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza. Va invece ribadito che la pace si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate.

    Il nostro pensiero va, inoltre, in modo particolare ai bambini che vivono nelle attuali zone di conflitto, e a tutti coloro che si impegnano affinché le loro vite e i loro diritti siano protetti. Nel mondo, un bambino su sei è colpito dalla violenza della guerra o dalle sue conseguenze, quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato o ostaggio dei gruppi armati. La testimonianza di quanti si adoperano per difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto mai preziosa per il futuro dell’umanità.

     

    7. Un grande progetto di pace

    Celebriamo in questi giorni il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata all’indomani del secondo conflitto mondiale. Ricordiamo in proposito l’osservazione del Papa San Giovanni XXIII: «Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli». [7]

    La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria:

    - la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”;

    - la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé;

    - la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire.

    La politica della pace, che ben conosce le fragilità umane e se ne fa carico, può sempre attingere dallo spirito del Magnificat che Maria, Madre di Cristo Salvatore e Regina della Pace, canta a nome di tutti gli uomini: «Di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; […] ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc 1,50-55).

     

    Dal Vaticano, 8 dicembre 2018

    FRANCESCO

    ________________________

    [1] Cfr Lc 2,14: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».
    [2] Cfr Le Porche du mystère de la deuxième vertu, Paris 1986.
    [3] Lett. ap. Octogesima adveniens (14 maggio 1971), 46.
    [4] Enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 7.
    [5] Cfr Discorso alla mostra-convegno “Civitas” di Padova: “30giorni”, n. 5 del 2002.
    [6] Benedetto XVI, Discorso alle Autorità del Benin, Cotonou, 19 novembre 2011.
    [7] Enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), 24.

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     DOMENICA 17 DICEMBRE 2017 

     


    3ª DOMENICA DI AVVENTO


     

    NON ERA GIOVANNI LA LUCE, MA DOVEVA DARE TESTIMONIANZA ALLA LUCE.Giovanni 1,8

     

    Dal Vangelo secondo Giovanni(1,6-8.19-28)
    17122017Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell'acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

     

     

     

    il parroco

    Giovanni Battista è il profeta dell’Avvento ed anche in questa domenica la sua presenza nel Vangelo è primaria, non solo con la sua voce che grida nel deserto, ma soprattutto con la sua testimonianza di vita. Quante voci sentiamo e tutte cercano di sedurci nel seguire le loro offerte. C’è un criterio sicuro per riconoscere le voci “vere” ed è quello della testimonianza della propria vita. Nel Battista c’è questa completa corrispondenza tra la parola e la vita. Anzi, non ha approfittato del suo fascino sulle folle, che lo vedevano nelle vesti del Cristo e di Elia, afferma con chiarezza e forza la sua missione: “Io non sono il Cristo, né Elia”, si limita ad essere voce che indica il Cristo, anzi aggiunge “In mezzo a voi sta uno che non conoscete, colui che viene dopo di me”. Aggiungendo la sua grande distanza: “a lui io non sono degno di slegare il laccio dei sandali”. Anche noi, oggi, dobbiamo scoprire che in mezzo a noi “sta uno che non conosciamo”. Si nasconde nel fratello immigrato, costretto a lasciare la propria terra, per la guerra, la fame, e che ora è “in mezzo a noi”. Accoglierlo nelle nostre case nei giorni di letizia nel Natale di Gesù, dà testimonianza alla nostra fede e la conferma nel gesto semplice di condividere la tavola di famiglia. San Ferdinando non è nuova a questi gesti. Al tempo di Cernobil quante famiglie hanno accolto ragazzi offrendo una casa, una famiglia che ancora oggi fa sentire tutta la bontà di umanità e di vangelo. Apriamo prima il cuore e poi le nostre case. Sarà un Natale autentico: cristiano!
    Grazie a Rosa Lovecchio per il suo contributo al Vangelo

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)

     

     

    TESTIMONI DI LUCE

    Questo Vangelo della Terza domenica di Avvento ci invita ad essere testimoni di luce per gli altri ma, prima di tutto, occorre cercare di essere come Giovanni Battista, vivendo la nostra vita in funzione di Colui che verrà, cioè del Cristo. Quel Gesù che nacque e visse sulla terra duemila anni fa, dobbiamo farlo nascere nei nostri cuori, cosicché possiamo poi, attraverso Cristo, emanare quella luce così forte da illuminare tutte le persone che sono nelle tenebre e nella disperazione. Impariamo quindi a testimoniare la Parola di Dio come faceva Giovanni Battista, a testimoniarla non solo con le parole, ma molto di più con la nostra vita.

    Rosa Lovecchio

     

     

     

     

    DESCRIZIONE DELLO STEMMA EPISCOPALE DI
    Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Leonardo D’Ascenzo
    Arcivescovo eletto di Trani-Barletta-Bisceglie
     
    stemma vescovo dascenzio SMALL

     Secondo la tradizione araldica ecclesiastica cattolica, lo stemma di un Arcivescovo è tradizionalmente composto da:

    uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altro;
    una croce astile doppia, arcivescovile (detta anche “patriarcale”) con due bracci traversi all’asta, in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;
    un cappello prelatizio (galero), con cordoni a venti fiocchi, pendenti, dieci per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.4), il tutto di colore verde;
    un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero.


    Nel nostro caso si è scelto uno scudo rinascimentale di foggia bucranica, classico e frequentemente usato nell’araldica ecclesiastica e una croce patriarcale “lanceolata” in oro, con cinque gemme rosse a simboleggiare le cinque piaghe di Cristo.


    Descrizione araldica (blasonatura) dello scudo dell’Arcivescovo D’Ascenzo


    “D’oro, a due monti di verde uscenti dalla punta, caricati di un fascio di spighe del primo, sormontati da una stella (6) d’azzurro, col capo dello stesso, alla stella (8) del primo”.


    Il motto: MESSIS QUIDEM MULTA (Lc 10,2).
    Le parole scelte da Don Leonardo per il proprio motto episcopale sono tratte dal Vangelo di Luca laddove l’Evangelista riporta le parole di Gesù che, individuati altri settantadue discepoli, prima di inviarli in tutte le direzioni per predicare la Parola di Dio alle genti, rammenta loro che “La messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate perciò il padrone del campo perché mandi operai nella sua messe”.


    Interpretazione
    L’ornamento esterno caratterizzante lo stemma di un Arcivescovo, oltre ai venti fiocchi verdi pendenti ai due lati dello scudo, è la croce astile arcivescovile. Tale croce, detta anche “patriarcale”, a due bracci traversi, identifica la dignità arcivescovile: infatti, nel XV secolo, essa fu adottata come ornamento esterno allo scudo dai Patriarchi e, poco dopo, dagli Arcivescovi. Alcuni studiosi ritengono che il primo braccio traverso, quello più corto, volesse richiamare il cartello con l’iscrizione “INRI” posta sulla croce al momento della Crocifissione di Gesù.

    Il fascio di spighe di grano, in basso, richiama il fil rouge della vita e del ministero sacerdotale di don Leonardo, caratterizzato dall’impegno nell’ambito della pastorale delle vocazioni e rimanda alla terra di Puglia, granaio d’Italia.
    Al centro le colline e la valle, sono un riferimento al paese natale Valmontone, città adagiata su vari colli e valli, Vallis montanae.
    La stella piccola, che sovrasta il paesaggio, è riferita a don Leonardo in quanto richiama il cielo stellato dei tanti campi scuola estivi, passati in tenda, che hanno segnato la sua storia vocazionale. Una strofa della preghiera che tutte le sere veniva cantata attorno al falò recita: “Quante stelle, quante stelle… dimmi Tu la mia qual è. Non ambisco la più bella, basta sia vicino a Te!”
    In alto, la stella a otto punte, richiamo alle Beatitudini, simboleggia Gesù: “Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino” (Ap 22,16; cf 2Pt 1,19).


     
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     DOMENICA 10 DICEMBRE 2017 

     


    2ª DOMENICA DI AVVENTO


     

    GIOVANNI PROCLAMAVA UN BATTESIMO DI CONVERSIONE PER IL PERDONO DEI PECCATIMarco 1,4

     

    Dal Vangelo secondo Marco(1,1-8)
    10122017Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

     

     

     

    il parroco

    “Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”. In poche parole, Marco già ci proietta nel cuore della storia dell’uomo, annunciando “la buona notizia”. La sua voce si ricollega alla lunga storia di un popolo che, sostenuto dai profeti non si stancava di “parlare al cuore di Gerusalemme” per mantenere viva la speranza, nonostante tutte le contraddizioni, le infedeltà a Yahvè. Questo nuovo inizio è affidato a Giovanni che rinnova con forza la parola di Isaia: ”Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Perché, questo richiamo forte e urgente? Per “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati”. Ritrovare allora la via del ritorno. Giovanni l’ha sperimentata nella sua persona e in maniera forte e decisa in uno stile di vita austero, senza indulgere a facili mollezze, “vestito di peli di cammello…”. Questa voce si fa sentire, oggi, nei “deserti” della vita, nonostante luci e colori che seducono e sono capaci di ritardare la conversione del cuore, perdendo la memoria di una storia di salvezza. Nel cuore di ciascuno, certamente, c’è qualche via da “raddrizzare”. Proviamo ad ascoltare ancora una volta la voce di chi “parla al nostro cuore” per ritrovare gioia e consolazione. Può diventare per ciascuno: “Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”.
    Il nostro grazie ad Angela Giannino per la presentazione del Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)

     

     

    DESERTO NEL CUORE

    10122017 2Siamo alla II Domenica di Avvento e manca poco a Natale. Il Vangelo di Marco oggi ci presenta Giovanni il Battista, come “una voce che grida nel deserto”. Forse oggi il mondo è ancora quel deserto dove molti uomini non ascoltano quella voce. Giovanni con il suo messaggio invita il suo popolo ad un battesimo di conversione e anticipa quello di Gesù che sarà con acqua e Spirito Santo. Anche noi, oggi, siamo chiamati ad accogliere il vero messaggio del vangelo con la conversione e il pentimento dei nostri peccati. Viviamo con il cuore, e non solo con le parole quanto oggi ci ricorda Giovanni Battista, rinunciando alle tante golosità della tavola, a vestiti firmati, ai regali costosi per aiutare i fratelli più bisognosi. Sperimenteremo la gioia del donare, liberandoci dalla tristezza del deserto che si trova nel cuore dell’uomo.

    Angela Giannino

     

     

     

     

    PREGHIERA A CRISTO

    Giovanni Papini, Storia di Cristo, Vallecchi Editore, 627-629.

     

    10122017 3Tu, Cristo, hai detto una volta: «Se uno è solo io sono con lui. Rimuovi la pietra e lì mi troverai, incidi il legno ed io son qui» (agraphon). Ma per scoprirti nella pietra e nel legno è necessaria la volontà di cercarti, la capacità di vederti. E oggi il più degli uomini non vogliono, non sanno trovarti. Se non fai sentire la tua mano sopra il loro capo e la tua voce ne' loro cuori, seguiteranno a cercare solamente se stessi, senza trovarsi, perché nessuno si possiede se non ti possiede. Noi ti preghiamo dunque, Cristo, noi, i rinnegatori, i colpevoli, i nati fuori di tempo, noi che ci rammentiamo ancora di te e ci sforziamo di vivere con te, ma sempre troppo lontani da te, noi, gli ultimi, i disperati, i reduci dai precipizi, noi ti preghiamo che tu ritorni ancora una volta fra gli uomini che ti uccisero, fra gli uomini che seguitano a ucciderti, per ridare a tutti noi, assassini nel buio, la luce della vita vera.
    Più d'una volta sei apparso, dopo la Risurrezione, ai viventi. A quelli che credevano d'odiarti, a quelli che ti avrebbero amato anche se tu non fossi figliolo di Dio, hai mostrato il tuo viso ed hai parlato con la tua voce. Gli asceti nascosti tra le ripe e le sabbie, i monaci nelle lunghe notti dei cenobi, i santi sulle montagne, ti videro e ti udirono e da quel giorno non chiesero che la grazia della morte per riunirsi con te. Tu eri luce e parola sulla strada di Paolo, fuoco e sangue nello speco di Francesco, amore disperato e perfetto nelle celle di Caterina e di Teresa. Se tornasti per uno perché non torni, una volta, per tutti? Se quelli meritavano di vederti, per i diritti dell'appassionata speranza, noi possiamo invocare i diritti della nostra deserta disperazione. Quell'anime ti evocarono col potere della innocenza; le nostre ti chiamano dal fondo della debolezza e dell'avvilimento. Se appagasti l'estasi dei Santi perché non dovresti accorrere al pianto dei Dannati? Non dicesti d'esser venuto per gl'infermi e non per i sani, per quello che s'è perduto e non per quelli che son rimasti? Ed ecco tu vedi che tutti gli uomini sono appestati e febbricitanti e che ognuno di noi, cercando sé, s'è smarrito e ti ha perso. Mai come oggi il tuo Messaggio è stato necessario e mai come oggi fu dimenticato o spregiato.
    Ma noi, gli Ultimi, ti aspettiamo, ti aspetteremo ogni giorno, a dispetto della nostra indegnità e d'ogni impossibile. E tutto l'amore che potremo torchiare dai nostri cuori devastati sarà per te, Crocifisso, che fosti tormentato per amor nostro e ora ci tormenti con tutta la potenza del tuo implacabile amore.


     
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      DOMENICA 18 DICEMBRE 2016


    4ª DOMENICA DI AVVENTO

    candelacandelacandelacandela


    GIUSEPPE FECE COME GLI AVEVA ORDINATO L'ANGELO DEL SIGNORE E PRESE CON SÉ LA SUA SPOSA.Matteo 1,24

    18122016Dal Vangelo secondo Matteo (1,18-24)

    Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.

    Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

    Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa "Dio con noi".

    Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.




    il parroco

    "Così fu generato Gesù Cristo" è l'inizio del Vangelo di questa ultima domenica di Avvento. Maria e Giuseppe, sono chiamati ad essere partecipi di un evento sublime, dare un corpo al Figlio di Dio, il Salvatore dell'uomo. La pagina di Matteo ci presenta il tormento interiore di Giuseppe nel mettersi accanto a Maria, che porta nel grembo un bambino concepito dallo Spirito Santo. Giuseppe, "uomo giusto", non obbedisce alla legge, che avrebbe esposto alla lapidazione Maria per aver concepito fuori dal matrimonio, e pensa di lasciarla in segreto. "Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve un sogno un angelo del Signore..." che rasserena il cuore di Giuseppe, rivelando il vero senso degli avvenimenti che lo sconvolgono nel profondo. Giuseppe accetta a collaborare al disegno di Dio, accogliendo Maria nella sua casa, per compiere il ruolo di "padre": "Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù". Ecco, dove porta l'umiltà, la fiducia e l'obbedienza a Dio, quando gli eventi appaiono così difficili. Nel sogno Giuseppe scopre la chiamata di Dio, e lui "giusto" dice il suo "eccomi", come Maria a Nazareth. Il Signore compie, sempre, cose grandi con gli umili, i poveri. Emanuele è l'altro nome di Gesù, "Dio con noi", Giuseppe è il primo a sperimentarlo. Gesù, facendosi uomo, ha condiviso in ogni cosa la nostra umanità, e ancora, oggi, continua a sostenerci per dare luce e forza per superare le prove della vita. Chiediamo a Giuseppe, di avere un cuore umile e docile, per obbedire all'angelo che ci rivela la Sua volontà. Sperimenteremo che il Bambino che nasce a Betlemme, è l'Emanuele: "Dio con noi".

    Grazie a Margherita Ronzino per il suo contributo al Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)




    NELLE DIFFICOLTA' DELLA VITA

    Sono molto emozionata a scrivere un commento al vangelo, ma vista l'insistenza del parroco, ci provo. Ho letto il brano dell'evangelista Matteo che ci parla della nascita di Gesù, mettendo in evidenza la figura di un uomo, grande e giusto, Giuseppe che si viene a trovare in una situazione molto difficile. Maria, promessa sposa, è incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe pensa di lasciarla in segreto e di ritirarsi, perché se l'avesse denunciata, Maria sarebbe stata lapidata. Nel sogno l'angelo gli parla con grande chiarezza: "Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo". A questo punto Giuseppe obbedisce e accoglie Maria, così svolge il ruolo di padre verso Gesù. Il brano del Vangelo mi fa meditare e pensare: quante volte anche noi, ci troviamo nelle difficoltà e incertezze. Giuseppe ci insegna come comportarci nelle difficoltà della vita e trovare la fiducia nel Signore.

    Margherita


      


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    strada facendo 211 pag 2

       

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      DOMENICA 1° GENNAIO 2017


    MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA 50ª GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

    La nonviolenza: stile di una politica per la pace


    1. All'inizio di questo nuovo anno porgo i miei sinceri auguri di pace ai popoli e alle nazioni del mondo, ai Capi di Stato e di Governo, nonché ai responsabili delle comunità religiose e delle varie espressioni della società civile. Auguro pace ad ogni uomo, donna, bambino e bambina e prego affinché l'immagine e la somiglianza di Dio in ogni persona ci consentano di riconoscerci a vicenda come doni sacri dotati di una dignità immensa. Soprattutto nelle situazioni di conflitto, rispettiamo questa «dignità più profonda»[1] e facciamo della nonviolenza attiva il nostro stile di vita.

    Questo è il Messaggio per la 50ª Giornata Mondiale della Pace. Nel primo, il beato Papa Paolo VI si rivolse a tutti i popoli, non solo ai cattolici, con parole inequivocabili: «E' finalmente emerso chiarissimo che la pace è l'unica e vera linea dell'umano progresso (non le tensioni di ambiziosi nazionalismi, non le conquiste violente, non le repressioni apportatrici di falso ordine civile)». Metteva in guardia dal «pericolo di credere che le controversie internazionali non siano risolvibili per le vie della ragione, cioè delle trattative fondate sul diritto, la giustizia, l'equità, ma solo per quelle delle forze deterrenti e micidiali». Al contrario, citando la Pacem in terris del suo predecessore san Giovanni XXIII, esaltava «il senso e l'amore della pace fondata sulla verità, sulla giustizia, sulla libertà, sull'amore».[2] Colpisce l'attualità di queste parole, che oggi non sono meno importanti e pressanti di cinquant'anni fa.

    mappamondoIn questa occasione desidero soffermarmi sulla nonviolenza come stile di una politica di pace e chiedo a Dio di aiutare tutti noi ad attingere alla nonviolenza nelle profondità dei nostri sentimenti e valori personali. Che siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali. Quando sanno resistere alla tentazione della vendetta, le vittime della violenza possono essere i protagonisti più credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace. Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell'ordine mondiale, possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme.

     

    Un mondo frantumato

    2. Il secolo scorso è stato devastato da due guerre mondiali micidiali, ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e un gran numero di altri conflitti, mentre oggi purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi. Non è facile sapere se il mondo attualmente sia più o meno violento di quanto lo fosse ieri, né se i moderni mezzi di comunicazione e la mobilità che caratterizza la nostra epoca ci rendano più consapevoli della violenza o più assuefatti ad essa.

    In ogni caso, questa violenza che si esercita "a pezzi", in modi e a livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli: guerre in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalità e attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta; la devastazione dell'ambiente. A che scopo? La violenza permette di raggiungere obiettivi di valore duraturo? Tutto quello che ottiene non è forse di scatenare rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo a pochi "signori della guerra"?

    La violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiché grandi quantità di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane dei giovani, delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei malati, della grande maggioranza degli abitanti del mondo. Nel peggiore dei casi, può portare alla morte, fisica e spirituale, di molti, se non addirittura di tutti.


    La Buona Notizia

    3. Anche Gesù visse in tempi di violenza. Egli insegnò che il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive» (Mc 7,21). Ma il messaggio di Cristo, di fronte a questa realtà, offre la risposta radicalmente positiva: Egli predicò instancabilmente l'amore incondizionato di Dio che accoglie e perdona e insegnò ai suoi discepoli ad amare i nemici (cfr Mt 5,44) e a porgere l'altra guancia (cfr Mt 5,39). Quando impedì a coloro che accusavano l'adultera di lapidarla (cfr Gv 8,1-11) e quando, la notte prima di morire, disse a Pietro di rimettere la spada nel fodero (cfr Mt 26,52), Gesù tracciò la via della nonviolenza, che ha percorso fino alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha realizzato la pace e distrutto l'inimicizia (cfr Ef 2,14-16). Perciò, chi accoglie la Buona Notizia di Gesù, sa riconoscere la violenza che porta in sé e si lascia guarire dalla misericordia di Dio, diventando così a sua volta strumento di riconciliazione, secondo l'esortazione di san Francesco d'Assisi: «La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori».[3]

    madre teresaEssere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza. Essa – come ha affermato il mio predecessore Benedetto XVI – «è realistica, perché tiene conto che nel mondo c'è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo "di più" viene da Dio».[4] Ed egli aggiungeva con grande forza: «La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l'atteggiamento di chi è così convinto dell'amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell'amore e della verità. L'amore del nemico costituisce il nucleo della "rivoluzione cristiana"».[5] Giustamente il vangelo dell'amate i vostri nemici (cfr Lc 6,27) viene considerato «la magna charta della nonviolenza cristiana»: esso non consiste «nell'arrendersi al male [...] ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell'ingiustizia».[6]


    Più potente della violenza

    4. La nonviolenza è talvolta intesa nel senso di resa, disimpegno e passività, ma in realtà non è così. Quando Madre Teresa ricevette il premio Nobel per la Pace nel 1979, dichiarò chiaramente il suo messaggio di nonviolenza attiva: «Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri [...] E potremo superare tutto il male che c'è nel mondo».[7] Perché la forza delle armi è ingannevole. «Mentre i trafficanti di armi fanno il loro lavoro, ci sono i poveri operatori di pace che soltanto per aiutare una persona, un'altra, un'altra, un'altra, danno la vita»; per questi operatori di pace, Madre Teresa è «un simbolo, un'icona dei nostri tempi».[8] Nello scorso mese di settembre ho avuto la grande gioia di proclamarla Santa. Ho elogiato la sua disponibilità verso tutti attraverso «l'accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. [...] Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini – dinanzi ai crimini! – della povertà creata da loro stessi».[9] In risposta, la sua missione – e in questo rappresenta migliaia, anzi milioni di persone – è andare incontro alle vittime con generosità e dedizione, toccando e fasciando ogni corpo ferito, guarendo ogni vita spezzata.

    La nonviolenza praticata con decisione e coerenza ha prodotto risultati impressionanti. I successi ottenuti dal Mahatma Gandhi e Khan Abdul Ghaffar Khan nella liberazione dell'India, e da Martin Luther King Jr contro la discriminazione razziale non saranno mai dimenticati. Le donne, in particolare, sono spesso leader di nonviolenza, come, ad esempio, Leymah Gbowee e migliaia di donne liberiane, che hanno organizzato incontri di preghiera e protesta nonviolenta (pray-ins) ottenendo negoziati di alto livello per la conclusione della seconda guerra civile in Liberia.

    Né possiamo dimenticare il decennio epocale conclusosi con la caduta dei regimi comunisti in Europa. Le comunità cristiane hanno dato il loro contributo con la preghiera insistente e l'azione coraggiosa. Speciale influenza hanno esercitato il ministero e il magistero di san Giovanni Paolo II. Riflettendo sugli avvenimenti del 1989 nell'Enciclica Centesimus annus (1991), il mio predecessore evidenziava che un cambiamento epocale nella vita dei popoli, delle nazioni e degli Stati si realizza «mediante una lotta pacifica, che fa uso delle sole armi della verità e della giustizia».[10] Questo percorso di transizione politica verso la pace è stato reso possibile in parte «dall'impegno non violento di uomini che, mentre si sono sempre rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo trovare di volta in volta forme efficaci per rendere testimonianza alla verità». E concludeva: «Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza, rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne ed alla guerra in quelle internazionali».[11]

    La Chiesa si è impegnata per l'attuazione di strategie nonviolente di promozione della pace in molti Paesi, sollecitando persino gli attori più violenti in sforzi per costruire una pace giusta e duratura.

    Questo impegno a favore delle vittime dell'ingiustizia e della violenza non è un patrimonio esclusivo della Chiesa Cattolica, ma è proprio di molte tradizioni religiose, per le quali «la compassione e la nonviolenza sono essenziali e indicano la via della vita».[12] Lo ribadisco con forza: «Nessuna religione è terrorista».[13] La violenza è una profanazione del nome di Dio.[14] Non stanchiamoci mai di ripeterlo: «Mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!».[15]


    La radice domestica di una politica nonviolenta

    5. Se l'origine da cui scaturisce la violenza è il cuore degli uomini, allora è fondamentale percorrere il sentiero della nonviolenza in primo luogo all'interno della famiglia. È una componente di quella gioia dell'amore che ho presentato nello scorso marzo nell'Esortazione apostolica Amoris laetitia, a conclusione di due anni di riflessione da parte della Chiesa sul matrimonio e la famiglia. La famiglia è l'indispensabile crogiolo attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell'altro, la misericordia e il perdono.[16] Dall'interno della famiglia la gioia dell'amore si propaga nel mondo e si irradia in tutta la società.[17] D'altronde, un'etica di fraternità e di coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli non può basarsi sulla logica della paura, della violenza e della chiusura, ma sulla responsabilità, sul rispetto e sul dialogo sincero. In questo senso, rivolgo un appello in favore del disarmo, nonché della proibizione e dell'abolizione delle armi nucleari: la deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca assicurata non possono fondare questo tipo di etica.[18] Con uguale urgenza supplico che si arrestino la violenza domestica e gli abusi su donne e bambini.

    nome di dioIl Giubileo della Misericordia, conclusosi nel novembre scorso, è stato un invito a guardare nelle profondità del nostro cuore e a lasciarvi entrare la misericordia di Dio. L'anno giubilare ci ha fatto prendere coscienza di quanto numerosi e diversi siano le persone e i gruppi sociali che vengono trattati con indifferenza, sono vittime di ingiustizia e subiscono violenza. Essi fanno parte della nostra "famiglia", sono nostri fratelli e sorelle. Per questo le politiche di nonviolenza devono cominciare tra le mura di casa per poi diffondersi all'intera famiglia umana. «L'esempio di santa Teresa di Gesù Bambino ci invita alla pratica della piccola via dell'amore, a non perdere l'opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e amicizia. Una ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell'egoismo».[19]


    Il mio invito

    6. La costruzione della pace mediante la nonviolenza attiva è elemento necessario e coerente con i continui sforzi della Chiesa per limitare l'uso della forza attraverso le norme morali, mediante la sua partecipazione ai lavori delle istituzioni internazionali e grazie al contributo competente di tanti cristiani all'elaborazione della legislazione a tutti i livelli. Gesù stesso ci offre un "manuale" di questa strategia di costruzione della pace nel cosiddetto Discorso della montagna. Le otto Beatitudini (cfr Mt 5,3-10) tracciano il profilo della persona che possiamo definire beata, buona e autentica. Beati i miti – dice Gesù –, i misericordiosi, gli operatori di pace, i puri di cuore, coloro che hanno fame e sete di giustizia.

    Questo è anche un programma e una sfida per i leader politici e religiosi, per i responsabili delle istituzioni internazionali e i dirigenti delle imprese e dei media di tutto il mondo: applicare le Beatitudini nel modo in cui esercitano le proprie responsabilità. Una sfida a costruire la società, la comunità o l'impresa di cui sono responsabili con lo stile degli operatori di pace; a dare prova di misericordia rifiutando di scartare le persone, danneggiare l'ambiente e voler vincere ad ogni costo. Questo richiede la disponibilità «di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo».[20] Operare in questo modo significa scegliere la solidarietà come stile per fare la storia e costruire l'amicizia sociale. La nonviolenza attiva è un modo per mostrare che davvero l'unità è più potente e più feconda del conflitto. Tutto nel mondo è intimamente connesso.[21] Certo, può accadere che le differenze generino attriti: affrontiamoli in maniera costruttiva e nonviolenta, così che «le tensioni e gli opposti [possano] raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita», conservando «le preziose potenzialità delle polarità in contrasto».[22]

    Assicuro che la Chiesa Cattolica accompagnerà ogni tentativo di costruzione della pace anche attraverso la nonviolenza attiva e creativa. Il 1° gennaio 2017 vede la luce il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che aiuterà la Chiesa a promuovere in modo sempre più efficace «i beni incommensurabili della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato» e della sollecitudine verso i migranti, «i bisognosi, gli ammalati e gli esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di qualunque forma di schiavitù e di tortura».[23] Ogni azione in questa direzione, per quanto modesta, contribuisce a costruire un mondo libero dalla violenza, primo passo verso la giustizia e la pace.


    In conclusione

    MP-OY7. Come da tradizione, firmo questo Messaggio l'8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Maria è la Regina della Pace. Alla nascita di suo Figlio, gli angeli glorificavano Dio e auguravano pace in terra agli uomini e donne di buona volontà (cfr Lc 2,14). Chiediamo alla Vergine di farci da guida.

    «Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti e molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla».[24] Nel 2017, impegniamoci, con la preghiera e con l'azione, a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, e a costruire comunità nonviolente, che si prendono cura della casa comune. «Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace».[25]

    Dal Vaticano, 8 dicembre 2016

    firma papa


    Note

    [1] Esort. ap. Evangelii gaudium, 228.
    [2] Messaggio per la celebrazione della 1a Giornata Mondiale della Pace, 1° gen. 1968.
    [3] «Leggenda dei tre compagni»: Fonti Francescane, n. 1469.
    [4] Angelus, 18/02/2007. [5] Ibid. [6] Ibid.
    [7] Madre Teresa, Discorso per il Premio Nobel, 11 dicembre 1979.
    [8] Meditazione "La strada della pace", Cappella della Domus Sanctae Marthae, 19 novembre 2015.
    [9] Omelia per la canonizzazione della Beata Madre Teresa di Calcutta, 4 settembre 2016.
    [10] N. 23. [11] Ibid.
    [12] Discorso nell'Udienza interreligiosa, 3 novembre 2016.
    [13] Discorso al 3° Incontro mondiale dei movimenti popolari, 5 novembre 2016.
    [14] Cfr Discorso nell'Incontro con lo Sceicco dei Musulmani del Caucaso e con Rappresentanti delle altre Comunità religiose, Baku, 2 ottobre 2016.
    [15] Discorso, Assisi, 20 settembre 2016.
    [16] Cfr Esort. ap. postsin. Amoris laetitia, 90-130.
    [17] Cfr ibid., 133.194.234.
    [18] Cfr Messaggio in occasione della Conferenza sull'impatto umanitario delle armi nucleari, 7 dicembre 2014.
    [19] Enc. Laudato si', 230.
    [20] Esort. ap. Evangelii gaudium, 227.
    [21] Cfr Enc. Laudato si', 16.117.138.
    [22] Esort. ap. Evangelii gaudium, 228.
    [23] Lettera apostolica in forma di "Motu proprio" con la quale si istituisce il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, 17 agosto 2016.
    [24] Regina Caeli, Betlemme, 25 maggio 2014.
    [25] Appello, Assisi, 20 settembre 2016.



     il parroco

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)

    "Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace". È l'augurio più atteso e certo che il Signore ci offre fin dal primo giorno del nuovo anno 2017! A Lui, tutta la nostra gratitudine, perché non si stanca di manifestarci il suo grande amore personale nel cammino quotidiano, soprattutto, quando le tenebre ci oscurano il suo volto e ci sembra di essere soli e abbandonati. Il Giubileo della Misericordia ha visto la nostra chiesa quale luogo privilegiato per vivere la Misericordia del Padre, ora l'anno è chiuso, come ci ricorda la targa all'ingresso della nostra Chiesa, ma ci attende Maria e noi continueremo a invocarla con fede: "Salve, o Regina, Madre di Misericordia...e mostraci Gesù, il frutto benedetto del tuo seno. O clemente, o pia, o dolce vergine Maria". Con Maria, auguri di pace e serenità per il nuovo anno, dai vostri sacerdoti:

    P. Luigi Murra,
    P. Luigi Piccolo,
    P. Raffaele Angelo Tosto.

      

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      DOMENICA 11 DICEMBRE 2016


    3ª DOMENICA DI AVVENTO

    candelacandelacandela


    «GIOVANNI, DAL CARCERE, MANDÒ A DIRGLI: «SEI TU COLUI CHE DEVE VENIRE?»Matteo 11,3

    Dal Vangelo secondo Matteo (11,2-11)

    11122016In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

    Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: "Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via".

    In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».




    il parroco

    "Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino." L'invito a rallegrarsi può sembrare canzonatorio, in un mondo segnato da violenza e tristezza. La gioia promessa è offerta, non viene dalle cose, ma: "Il Signore è vicino". Nel Vangelo è ancora Giovanni il Battista a far sentire, dal carcere, la sua voce e si domanda sulle attese del Messia liberatore e manda i suoi discepoli da Gesù: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". La risposta è immediata e fa riferimento a quanto sta avvenendo davanti agli occhi di tutti: "I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo". Ecco la fonte della gioia: il Vangelo! Quanto è avvenuto allora è possibile, anche per noi, ad una condizione: se ci facciamo veramente "poveri", accogliendo il Vangelo di Gesù, con la fiducia che nasce da un cuore che sente la tristezza e la sofferenza. Però, dobbiamo riconoscere che facciamo più affidamento sulle nostre sicurezze, suchi promette una gioia immediata, effimera nel soddisfare le passioni, che portano alla tristezza e molto spesso alla morte. In questo proprio Giovanni Battista - che si è fatto povero - pagando con il carcere, viene presentato da Gesù, quale esempio da seguire: "Tra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui". Siamo invitati a farci piccoli per incontrare Gesù, fonte di vera e grande gioia.

    La nostra gratitudine a Luana Cassanelli per il contributo del Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)




    NON DOBBIAMO VERGOGNARCI

    Il popolo di Israele aspettava da tanto tempo il Messia, difatti, con la nascita di Giovanni Battista molti discepoli compresero che lui era il profeta che avrebbe preparato la via al grande Messia. Ricordiamo la frase che il Battista ripeteva: "Io vi battezzo con l'acqua, ma verrà colui che vi battezzerà in Spirito santo e fuoco". Ora, nel momento in cui fu arrestato, dentro di sé non aveva la piena consapevolezza che Gesù fosse il Messia tanto atteso. Alla domanda di Giovanni Battista, Gesù risponde: il Messia non è venuto in veste di guerriero, bensì come guaritore dell'anima e del corpo. Gesù, con la sua parola, ci vuol dire che la vera grandezza sta nell'essere semplici e puri di cuore. Non serve avere abiti di lusso, grandi palazzi, o titoli di studio per comprendere la volontà del Padre. Gesù, vuole farci capire che non dobbiamo vergognarci di seguirlo, solo così sarà certa e grande la ricompensa nel regno dei cieli.

    Luana




    LA GIOIA DI GESU'!

    Papa Francesco, Angelus III Domenica di Avvento "Gaudete", 14 dicembre 2014

    11122016 2Già da due settimane il Tempo di Avvento ci ha invitato alla vigilanza spirituale per preparare la strada al Signore che viene. In questa terza domenica la liturgia ci propone un altro atteggiamento interiore con cui vivere questa attesa del Signore, cioè la gioia. La gioia di Gesù, come dice quel cartello: "Con Gesù la gioia è di casa". Ecco, ci propone la gioia di Gesù!

    Il cuore dell'uomo desidera la gioia. Tutti desideriamo la gioia, ogni famiglia, ogni popolo aspira alla felicità. Ma qual è la gioia che il cristiano è chiamato a vivere e a testimoniare? E' quella che viene dalla vicinanza di Dio, dalla sua presenza nella nostra vita. Da quando Gesù è entrato nella storia, con la sua nascita a Betlemme, l'umanità ha ricevuto il germe del Regno di Dio, come un terreno che riceve il seme, promessa del futuro raccolto. Non occorre più cercare altrove! Gesù è venuto a portare la gioia a tutti e per sempre. Non si tratta di una gioia soltanto sperata o rinviata al paradiso: qui sulla terra siamo tristi ma in paradiso saremo gioiosi. No! Non è questa ma una gioia già reale e sperimentabile ora, perché Gesù stesso è la nostra gioia, e con Gesù la gioia di casa, come dice quel vostro cartello: con Gesù la gioia è di casa. Tutti, diciamolo: "Con Gesù la gioia è di casa". Un'altra volta: "Con Gesù la gioia è di casa". E senza Gesù c'è la gioia? No! Bravi! Lui è vivo, è il Risorto, e opera in noi e tra noi specialmente con la Parola e i Sacramenti.

    Tutti noi battezzati, figli della Chiesa, siamo chiamati ad accogliere sempre nuovamente la presenza di Dio in mezzo a noi e ad aiutare gli altri a scoprirla, o a riscoprirla qualora l'avessero dimenticata. Si tratta di una missione bellissima, simile a quella di Giovanni Battista: orientare la gente a Cristo – non a noi stessi! – perché è Lui la meta a cui tende il cuore dell'uomo quando cerca la gioia e la felicità.

    Ancora san Paolo, nella liturgia di oggi, indica le condizioni per essere "missionari della gioia": pregare con perseveranza, rendere sempre grazie a Dio, assecondare il suo Spirito, cercare il bene ed evitare il male (cfr 1 Ts 5,17-22). Se questo sarà il nostro stile di vita, allora la Buona Novella potrà entrare in tante case e aiutare le persone e le famiglie a riscoprire che in Gesù c'è la salvezza. In Lui è possibile trovare la pace interiore e la forza per affrontare ogni giorno le diverse situazioni della vita, anche quelle più pesanti e difficili. Non si è mai sentito di un santo triste o di una santa con la faccia funebre. Mai si è sentito questo! Sarebbe un controsenso. Il cristiano è una persona che ha il cuore ricolmo di pace perché sa porre la sua gioia nel Signore anche quando attraversa i momenti difficili della vita. Avere fede non significa non avere momenti difficili ma avere la forza di affrontarli sapendo che non siamo soli. E questa è la pace che Dio dona ai suoi figli.

    Con lo sguardo rivolto al Natale ormai vicino, la Chiesa ci invita a testimoniare che Gesù non è un personaggio del passato; Egli è la Parola di Dio che oggi continua ad illuminare il cammino dell'uomo; i suoi gesti – i Sacramenti – sono la manifestazione della tenerezza, della consolazione e dell'amore del Padre verso ogni essere umano. La Vergine Maria, "Causa della nostra gioia", ci renda sempre lieti nel Signore, che viene a liberarci da tante schiavitù interiori ed esteriori.



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      DOMENICA 4 DICEMBRE 2016


    2ª DOMENICA DI AVVENTO

    candelacandela


    «COLUI CHE VIENE DOPO DI ME È PIÙ FORTE DI ME...»Matteo 3,11

    Dal Vangelo secondo Matteo (3,1-12)

    04122016In In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».

    E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

    Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: "Abbiamo Abramo per padre!". Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».




    il parroco

    "Convertitevi: il regno di Dio è vicino!". E' la domenica di Giovanni il Battista, il profeta dell'Avvento. Si presenta con la forza della sua parola e un'immagine da attirare l'attenzione per la sua forza morale: "Portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi, il suo cibo erano cavallette e miele selvatico". Un uomo vero che non vuol ingannare nessuno con immagini seducenti, ma solo con la forza della parola e la testimonianza della vita, riuscendo a scuotere le coscienze dei benpensanti di allora, "farisei e sadducei". Rivolge una parola forte, toccante, pungente "razza di vipere", per suscitare una vera conversione. Non basta una fede tradizionale, fatta di memoria, se poi non si traduce in opere di vita nuova. Quanto è attuale anche per noi l'invito del Battista! Ci sentiremmo toccati nel vivo, offesi, se fossimo chiamati "razza di vipere", ma dobbiamo riconoscere che, talvolta, ci consideriamo 'religiosi', ma le opere non sono altrettanto coerenti. Allora, l'invito alla conversione si fa più pressante che mai: è tempo di "risvegliarci dal sonno" per una vita degna di fede. Giovanni va oltre l'invito: "ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco", una minaccia che non deve spaventare, ma scuoterci per una vita nuova. Ora è Gesù, che, non solo chiede di convertirci, ma ci sostiene per produrre buoni frutti. Allora con umiltà e fiducia affidiamoci a Colui che, in questi giorni di Avvento, può rendere, vera e gioiosa la conversione.

    La nostra gratitudine a Mariolina Farano per il suo contributo al vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto (tostangelo@yahoo.it)




    UN AMORE CHE STA PER GIUNGERE

    La figura di Giovanni Battista viene messa in risalto dall'evangelista Matteo. Il suo modo di presentarsi con umiltà, ma deciso ad esortare tanti alla conversione vera, mettendo da parte ogni cosa, perfino le vesti, per espiare per primo i propri peccati, invita tutti noi a fare lo stesso perché il regno dei cieli è vicino! Giovanni predica nel deserto della propria vita alla ricerca di Dio. In molti lo seguono fino a giungere al fiume Giordano per poter "lavare" i propri peccati ed intraprendere la nuova vita. L'annuncio del Vangelo di Matteo riecheggia nei nostri cuori in una maniera del tutto singolare e apparentemente strana, ma in realtà è un invito ad andare sempre controcorrente, a non assorbire i falsi idoli che la società moderna offre. Il messaggio è autentico perché parla di un Amore che sta per giungere e noi non possiamo farci trovare impreparati.

    Mariolina




    TUTTE LE COSE CREATE
    CANTINO E DANZINO ALLEGRAMENTEE

    Sant'Andrea di Creta, Omelia 1 per la Natività della Santissima Madre di Dio.

    04122016 3"Esulti oggi tutta la creazione e frema di gioia la natura. Si rallegri il cielo lassù in alto e le nubi spargano la giustizia. Distillino i monti la dolcezza del miele e giubilo le colline, perché il Signore ha avuto misericordia del suo popolo e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide suo servo, vale a dire, nella immacolatissima e purissima Vergine, mediante la quale arriva la salvezza e l'attesa dei popoli.

    "Le anime buone e grate intonino un cantico di gioia; la natura convochi tutte le creature per annunciare loro la buona novella del loro rinnovamento e l'inizio della loro riforma [...]. Facciano salti di gioia le madri, perché colei che non aveva discendenza [Sant'Anna] ha generato una Madre vergine e immacolata. Si rallegrino le vergini, perché un terreno non seminato dall'uomo porterà come frutto Colui che procede dal Padre senza separazione, secondo una modalità più ammirevole di quanto possa dirsi. Applaudano le donne, perché se in altri tempi una donna fu occasione imprudente di peccato, ancora una donna oggi ci porta le primizie della salvezza; e quella che prima fu rea, si manifesta ora approvata dal giudizio divino: Madre che non conosce uomo, eletta dal suo Creatore, restauratrice del genere umano".

    "Tutte le cose create cantino e danzino allegramente, e contribuiscano adeguatamente a questa giornata di gioia. Sia oggi una e comune la celebrazione del cielo e della terra, e quanto c'è in questo mondo e nell'altro facciano festa di comune accordo. Infatti oggi è stato creato ed eretto il purissimo santuario del Creatore di tutte le cose, e la creatura ha preparato al suo Autore un alloggio nuovo e appropriato".

    Oggi la natura, anticamente estromessa dal paradiso, riceve la divinità e corre con passo gioioso verso la cima più alta della gloria. Oggi Adamo offre Maria a Dio a nome nostro, come le primizie della nostra natura; e queste primizie, che non sono state unite col resto della massa, sono trasformate in pane per la riparazione del genere umano".

    "Oggi l'umanità, in tutto lo splendore della sua nobiltà immacolata, riceve il dono della sua prima formazione dalle mani divine e ritrova la sua antica bellezza. Le vergogne del peccato avevano oscurato lo splendore e gl'incanti della natura umana; ma nasce la Madre del Bello per eccellenza, la natura stessa riacquista in Lei i suoi antichi privilegi ed è modellata seguendo un modello perfetto e veramente degno di Dio. Questa formazione è una perfetta restaurazione; questa restaurazione, una divinizzazione; e questa, una parificazione allo stato primitivo".

    "Oggi è sfavillata la porpora divina e la miserabile natura umana si è rivestita della dignità regale. Oggi, secondo la profezia, è fiorito lo scettro di Davide, il ramo sempre verde di Aronne, che per noi ha prodotto Cristo, il ramo della forza. Oggi da Giuda e da Davide è uscita una giovane vergine, portando il sigillo del regno e del sacerdozio di Colui che, secondo l'ordine di Melchisedek, ricevette il sacerdozio di Aronne. Oggi la grazia, purificando l'efod mistico del divino sacerdozio, ha tessuto - alla maniera di simbolo - la veste del seme levitico e Dio ha impregnato di porpora reale il sangue di Davide".

    "In altre parole, oggi comincia la riforma della nostra natura: il mondo invecchiato, sottoposto ora a una trasformazione totalmente divina, riceve le primizie di una seconda creazione".




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      DOMENICA 27 DICEMBRE 2015


    DOPO TRE GIORNI LO TROVARONO NEL TEMPIO, SEDUTO IN MEZZO AI MAESTRI Lc 1,46


    Immagine1Dal Vangelo secondo Luca
    (2,41-52)

    I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.

    Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava.

    E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.

    Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

    Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.



     

    il parroco

    La famiglia è al centro della liturgia di questa domenica. L'episodio del vangelo di Luca di questa domenica fa riferimento al primo pellegrinaggio che Gesù compie con i genitori. Balza subito la docilità di tutta la famiglia ad andare al Tempio per compiere i riti prescritti e soprattutto la prima uscita pubblica di Gesù che ascolta e risponde con sapienza alle domande dei grandi dottori. Meraviglia, stupore anche per noi oggi e se ci mettiamo ad ascoltarlo, saprà dare risposte giuste alle nostre domande. Dalla famiglia di Nazareth riscopriamo il primato di Dio, nell'andare al Tempio e nel dialogo familiare, guarigione

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    UMILTA', OBBEDIENZA E FEDE

    sacra famigliaLa festa che oggi celebriamo, ossia la Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, è un tutt'uno con quella del Santo Natale che abbiamo recentemente festeggiato. Gesù è venuto ad abitare in mezzo a noi, e quale contesto sociale migliore poteva scegliere se non una famiglia umana con tutti i problemi, dubbi e incertezze di tante altre famiglie? Certo per noi la Santa Famiglia resta un modello a cui tendere, ma possiamo veramente imitarla? E come? Il Vangelo che la liturgia oggi ci propone, sembra dire proprio di sì, e lo fa con due immagini: la presentazione di Gesù al tempio da parte di Maria e Giuseppe e il ritorno a Nazareth dopo aver adempiuto ogni cosa. La chiave di lettura di entrambe sono le parole "secondo la legge del Signore". E già, l'obbedienza al Signore della Famiglia di Nazareth è normale, diremo quasi scontata, ma per noi? Obbedire è un verbo estraneo al nostro vocabolario perché esige da parte nostra l'annientamento della nostra volontà, e quindi della nostra personalità. Si sa il nostro orgoglio è duro a morire, vogliamo sempre fare a testa nostra e... guai a chi ci contraddice. L'obbedienza di Maria e Giuseppe nasce da una fede forte, non passiva, che li fa mettere nelle mani di Dio ed accettare il suo disegno nella loro vita. E... la nostra fede? Come qualificarla? Siamo così presi dalle nostre cose, che Dio rimane ai margini, anzi, vogliamo che non entri affatto nella nostra vita. Noi al centro di tutto e di tutti. E che dire poi delle parole offrire, ringraziare e lodare? Maria e Giuseppe per obbedire alla legge del Signore si recano al tempio per presentare (offrire) Gesù e nello stesso tempo ringraziarlo per il dono ricevuto. Anche qui i due verbi, offrire e ringraziare, sono a noi per lo più sconosciuti. L'egoismo dilaga e ci è difficile già pensare agli altri che vediamo, figuriamoci a Dio che non vediamo. L'altra immagine che vogliamo contemplare è riportata nelle ultime frasi del Vangelo: "quando ebbero adempiuto ogni cosa, secondo la legge del Signore fecero ritorno.....alla loro città di Nazareth". La famiglia di Nazareth ritorna alla quotidianità, all'anonimato, è schiva di pubblicità esterne, vuole vivere nella normalità obbedendo al Signore, il quale non fa mancare la sua protezione, la sua sapienza e la sua grazia sul bambino Gesù e su tutta la famiglia. E noi come viviamo la nostra quotidianità? Spesso preferiamo il frastuono, le pubblicità, le lodi e gli onori, insomma vogliamo stare sempre un gradino al di sopra degli altri. Il Vangelo ci richiama alla umiltà, all'obbedienza, e soprattutto alla fede.

    Tina e Franco

     



    MISERICORDIA, ANDATA E RITORNO

    Papa Francesco ci esorta a fare questo cammino di conversione insieme con tutti gli uomini e le donne.


    misericordia a rIl sentiero della misericordia è per noi ben segnato dallo stesso papa Francesco, nella Bolla di indizione del Giubileo, con una vera e propria road map.

    La guida per il cammino non ci può che venire dall'ascolto della Parola di Dio, che il Papa ci invita a leggere e rileggere più che mai. Con quel silenzio necessario a farla risuonare dentro di noi. Ed ecco il pellegrinaggio. Che è strada che scorre sotto i nostri passi o, più probabilmente per molti di noi, a bordo di un comodo pullman: perché è certo comunque distanze da colmare, case familiari da lasciare e santuari da raggiungere, tempo sottratto alle occupazioni solite e da riempire di altri pensieri e sogni, panorami estranei da contemplare, disagi.

    Ma il viaggio esteriore
    è solo segno e richiamo
    di quello interiore.

    Come poetò molto bene Jalal al-Dın Rumı, mistico sufi del XIII secolo: «O gente partita in pellegrinaggio! Dove mai siete, dove mai siete? / L'Amato è qui, tornate, tornate! / L'Amato è un tuo vicino, vivete muro a muro: / che idea v'è venuta di vagare nel deserto d'Arabia? / A ben vedere la forma senza forma dell'Amato, / il Padrone e la casa e la Ka'ba siete voi!».

    E infatti la «prova del nove» del nostro pellegrinaggio, suggerisce sempre il Papa, è la misericordia ricevuta che diventa nella vita di ognuno di noi misericordia donata agli altri, soprattutto ai più poveri. Recarsi finanche a Roma, vale tanto quanto andare verso le periferie dell'umanità. Tutti, ci suggerirebbe san Francesco, dovremmo «essere lieti» quando viviamo «tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, infermi e lebbrosi e tra i mendicanti lungo la strada» (Regola non bollata). Il Papa propone che le opere di misericordia corporale e spirituale caratterizzino quest'anno speciale.

    Pit-stop, stazione del nostro camminare reale e spirituale non può che essere la riconciliazione sacramentale. Da riscoprire e di cui approfittare come incontro rigenerante con il Padre delle misericordie! Ma esortando anche i sacerdoti a distribuirla a piene mani.

    Un'ultima e non scontata indicazione ci dona il Papa. A fare questo cammino di conversione assieme a tutti gli uomini e donne. In particolare ai nostri fratelli e sorelle musulmani, per i quali al-Rahman (il Misericordioso) è uno dei novantanove nomi di Dio. E ai nostri fratelli e sorelle ebrei, per i quali invece l'amore viscerale di Dio si dice rahamim (rehem è l'utero).

    Così potremo «entrare e uscire» da Cristo, nostra porta (Gv 10,9), inaspettata misericordia A/R!

    Fra Fabio Scarsato


    Tratto da: Giubiliamo, Piccolo manuale per vivere bene il Giubileo della Misericordia, Messaggero S. Antonio Ed.




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      DOMENICA 20 DICEMBRE 2015


    «BENEDETTA TU FRA LE DONNE E BENEDETTO IL FRUTTO DEL TUO GREMBO!» Lc 1,42

    benedetta tu mariaDal Vangelo secondo Luca (1,39-45 )

    In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.

    Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».


     

    il parroco

    Il cammino dell'Avvento giunge al suo culmine. Ci hanno fatto buona compagnia i profeti, Giovanni Battista ed ora in questa ultima domenica due donne: Maria e Elisabetta. La loro presenza è per noi invito e modello di grande speranza per andare incontro al Signore Gesù, sempre non solo in questi giorni di Natale. Hanno accolto nel cuore la Parola con fede ed umiltà e la testimoniano nella gioia. Maria nell'annuncio dell'angelo riceve la notizia della prossima maternità della parente Elisabetta e "andò in fretta verso la regione montuosa". Così è la prima missionaria, si mette in uscita, affronta oltre i 100 km di distanza, superando le difficoltà di un cammino così impegnativo. Grazie, Maria! Ci dai una spinta, con questo gesto, a superare le nostre piccole difficoltà ad uscire di casa. L'incontro in casa di Zaccaria si fa festa di gioia per tutti. Ognuno benedice il Signore con esultanza, tocca con mano la presenza del Signore che ha visitato la loro vita. "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!". Il bambino custodito nel grembo di Elisabetta trasmette la gioia a modo suo danzando nel grembo. Una gioia grande che nasce dall'aver accolto la Parola del Signore. E questo è per noi, oggi, che facciamo fatica a metterci con fiducia nelle mani del Signore. Il Natale è pienezza di vita, se lo viviamo con la fede di Maria. Allora seguiamola ci porterà a Betlemme incontreremo Gesù, gioia e salvezza dell'uomo.

    Alla famiglia Dinuzzi la nostra gratitudine.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    AFFIDARCI SENZA TIMORE

    Il vangelo di questa quarta domenica di Avvento ci parla di Maria che diventerà la madre di Gesù e sua cugina Elisabetta: entrambe hanno creduto pienamente alla Parola dell'angelo che il Signore aveva loro inviato. Maria anche a noi, oggi, dice di affidarci senza timore all'ascolto della Parola di Dio e di essere pronti nell'aprire il nostro cuore a Gesù, amore e misericordia verso ogni uomo. Ciascuno di noi, sull'esempio di Maria, che si mise subito in viaggio verso la montagna per assistere Elisabetta anche Lei visitata dal Signore, è chiamato ad andare in fretta incontro alle necessità, materiali e spirituali dei nostri fratelli più poveri e bisognosi. Anche noi dobbiamo essere fermamente convinti che Maria ci guida all'incontro con il Signore Gesù ogni giorno, ma con un desiderio ancora più grande in questo Natale.

    Antonietta e Michele

     



    DIO E' BELLEZZA. ANCHE NEL CONFESSIONALE.

    Fermati, e sentirai che vivere non è un vuoto inseguire il vento, ma che la vita si nutre pure di contemplazione.


    Il confessionale assomiglia davvero a «un ospedale da campo», dopo le battaglie della vita, dove si curano le ferite e si riscalda il cuore (papa Francesco), dove si raccolgono forse più lacrime che peccati.

    Ho capito alcune cose da quella navigazione tra gli scogli della vita:

    - Non mandare via nessuno. Gesù non lo ha mai fatto, ha sempre aperto strade e insegnato respiri.

    - Mettere al centro non il comandamento o la legge, ma la persona, il volto dell'altro, la carne con il suo dolore, la fatica e la gioia contagiosa.

    - Ascoltare sant'Ambrogio: dove c'è misericordia c'è Dio, dove c'è rigore forse ci sono i ministri di Dio, ma Dio non c'è (Deus deest)!

    - Seguire il cardinale Martini: in ogni situazione, anche in quella che vi sembra più perduta e senza uscita, indicate un passo da compiere. Un primo passo è sempre possibile, per tutti.

    Ho imparato molto dalla fragilità delle persone: che Dio è più grande del nostro cuore, che vivere è l'infinita pazienza di ricominciare, che nessun uomo equivale al suo peccato. A non chiudere nessuno nella gabbia ferrea dell'ideale, ma ad avviare processi e iniziare percorsi. Ho imparato a temere più di tutto la «durezza di cuore», quella che rischia di farmi burocrate delle regole e analfabeta del cuore.

    Quando poi arriva il momento di dare la penitenza, spesso mi gusto l'aria un po' stranita delle persone. Si attendono le classiche tre ave marie, invece spesso propongo loro: adesso ti fermi qualche minuto, ti domandi qual è stata la gioia più bella che hai provato in quest'ultimo mese; poi la fai riemergere, la rivivi, la gusti di nuovo davanti al Signore, e lo ringrazi di cuore. Abbiamo tutti archivi interiori ricchi di volti e sorrisi, di cose belle, ma ne abbiamo buttato via la chiave. Se non impariamo a custodirle e a meditarle, a gustarle e a dire grazie, non saremo mai felici.

    «Penitenza» significa cambiare visione e leggere la vita con lo sguardo di Maria che conservava e meditava nel cuore ciò che le era accaduto, angeli e Giuseppe, pastori e stelle, miracoli e fughe. In questa ottica di penitenza - cambiamento, mi piace tanto un'altra proposta, il cui copyright appartiene al francese padre Maurice Zundel: stasera per un quarto d'ora ti fermi a contemplare il tramonto.

    E capirai che non sei tu il centro del mondo. Ti sentirai accolto da una ospitalità cosmica, in una grande casa comune, dove il cielo, la luce, il sole e tutte le creature sono i tuoi fratelli e le tue sorelle minori. Fermati, e sentirai che vivere non è un vuoto inseguire il vento, ma che la vita si nutre anche di contemplazione. Perché «Dio è bellezza» (san Francesco).

    padre Ermes Ronchi


    Tratto da: Giubiliamo, Piccolo manuale per vivere bene il Giubileo della Misericordia, Messaggero S. Antonio Ed.




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      DOMENICA 13 DICEMBRE 2015


    LE FOLLE INTERROGAVANO GIOVANNI DICENDO: «CHE COSA DOBBIAMO FARE?» Lc 3,10

    folle a giovanniDal Vangelo secondo Luca (3, 10-18 )

    In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».

    Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».

    Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

    Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

    Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.


     

    il parroco

    "Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino". Così l'inizio della liturgia di questa III domenica di Avvento. Nonostante le vicende di paura e terrore dei nostri giorni. Il motivo della gioia: il Signore è vicino! Allora siamo chiamati a riscoprire la presenza di chi può riempire di vera gioia il cuore dell'uomo. Nel brano evangelico di oggi, è Giovanni Battista che offre indicazioni concrete alle folle del suo tempo, ma valide e attuali per noi oggi. Al primo annuncio di raddrizzare le proprie vie la gente gli chiede: "Che cosa dobbiamo fare?". Una domanda che scende al concreto, non si accontenta di proclami o di parole. Tutti sappiamo quello che dobbiamo fare, poi al momento di agire restiamo fermi. Se ognuno facesse la sua parte tutti potremmo vedere i frutti di bene, di gioia. Il Battista dà indicazioni concrete per ogni stato di vita: ognuno faccia il suo dovere. Facile a dirsi, impegnativo a realizzarlo. Ma questo è il metro che permette di misurare la nostra coerenza e questa è la via che porta alla gioia vera e grande. Chi ci offre la gioia non ci lascia soli, ma si mette accanto a noi, anzi è dentro di noi. Quando abbiamo operato nel male siamo stati causa di tristezza per noi e per gli altri, iniziamo a tradurre nella vita quanto sappiamo di dover fare. Sapere e non fare non appartiene all'onestà dell'uomo e tanto meno a chi si chiama e si riconosce cristiano.

    Grazie alla famiglia Michele e Florinda Capuano per la Parola condivisa con noi.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    INCONTRARE E VIVERE LA PAROLA

    In questa terza domenica risuona forte e continua una domanda: "e noi che cosa dobbiamo fare?". Ogni categoria pone a Giovanni questa domanda e ognuno riceve una risposta precisa, ma tutte convergono in un'unica descrizione, una conversione autentica: incontrare e vivere la Parola.

    Oggi anche noi ci chiediamo "e noi che cosa dobbiamo fare?" e vogliamo accogliere quest'invito ed impegnarci ad aprire il nostro cuore a quello della nostra famiglia per ricevere e vivere la Parola. Siamo convinti che solo in questo modo possiamo incontrare il Signore e quest'incontro ci dona gioia piena, vera, autentica non quella di un momento ma quella che dura per sempre.

    Questa domenica è anche detta della gioia. Tutti siamo chiamati a questo incontro perché tuti siamo predestinati alla gioia, alla vita. Dobbiamo solo accogliere e lasciarci guidare dalla Parola che trasformerà tutta la nostra esistenza rendendoci chicchi di frumento nel granaio del Signore e non paglia destinata a bruciare.

    Michele e Florinda

     



    UNA CONVERGENZA DI SGUARDI

    Il logo del Giubileo è opera di padre Marko Ivan Rupnik, gesuita e artista, direttore del Centro Aletti di Roma.


    Durante questo Giubileo della misericordia vedremo spesso questa immagine: è il logo che raffigura Gesù che porta sulle spalle Adamo. È un simbolo potente che, con il motto «Misericordiosi come il Padre» (Lc 6,36), ci accompagnerà durante tutto quest'Anno Santo. È opera di padre Marko Ivan Rupnik, gesuita e artista, direttore dell'Atelierd'arte Centro Aletti di Roma. Ce ne parla lui stesso.


    anno-della-misericordiaChe cosa raffigura il logo?

    Rupnik. Raffigura la discesa agli inferi del nostro Signore. Sin dai primi secoli dell'iconografia cristiana l'immagine del Cristo risorto era quella del suo sprofondare nella tomba, infrangendo la porta degli inferi per distruggere l'impero della morte. Sulla base di questa iconografia c'è una ricca innologia soprattutto della Chiesa siriaca. In essa, al di là della bellissima descrizione del duello tra Cristo e la morte, viene molto spesso anche rappresentato Cristo che recupera dalla tomba i protogenitori, Adamo ed Eva. È quel Buon Pastore che è andato a cercare la pecora smarrita e, trovandola, se la carica sulle spalle come fa ogni buon pastore. Il nuovo Adamo ha finalmente recuperato il vecchio Adamo e il vecchio Adamo finalmente vede il suo prototipo, a immagine del quale fu creato. Penso che non esista immagine più potente della misericordia di Dio che quella del Padre che manda il Figlio, il quale per amore degli uomini subisce la morte e così può entrare nella tomba dove si è nascosto Adamo dopo il peccato. Cristo gli ridà la vita senza chiedergli nulla in cambio. Mi sembra particolarmente significativo il fatto che Cristo, come Figlio di Dio, assume l'umanità affinché l'uomo possa ricevere la vita divina e vedere le cose con gli occhi di Dio. Perciò gli sguardi si partecipano e si uniscono.

    L'amore ci fa guardare verso lo stesso orizzonte, il Padre misericordioso.


    Ha sperimentato nella sua vita la grande misericordia di Dio?

    Ogni volta che scopro il mio errore di pensare di farcela da solo e di riuscire a cavarmela. Perciò, luogo di misericordia per me è l'esperienza di comunione che i volti del mio quotidiano mi fanno sentire.

    Per fare arte nelle chiese, lei dice, ci vuole «purificazione, umiltà e affidamento alla misericordia».

    Purificazione, umiltà e affidamento alla misericordia ci vogliono in ogni cosa che il cristiano vive e fa. Per gli artisti delle chiese, poi, questi aspetti sono particolarmente importanti, perché l'arte sulle pareti della chiesa è il volto della Chiesa. È la Sposa che si presenta allo Sposo. Non si può esprimere la vita del Corpo di Cristo se non si è parte di questo Corpo, con tutto ciò che fluisce attraverso questo mistero. Per essere un letto di fiume, in cui lo Spirito Santo possa fluire con la sua vita e la carità, non si può essere pieni di fango.

     

    Il Buon Pastore oggi si carica sulle spalle i poveri, i migranti?

    Il Buon Pastore si carica sulle spalle l'uomo. Di ogni tempo e di ogni luogo. E chiunque partecipa alla vita del Pastore, come direbbe papa Francesco, avrà l'odore delle pecore.


    Tratto da: Giubiliamo, Piccolo manuale per vivere bene il Giubileo della Misericordia, Messaggero S. Antonio Ed.




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      DOMENICA 6 DICEMBRE 2015



    LA PAROLA DI DIO VENNE SU GIOVANNI NEL DESERTO Lc 3,2

    2avvento.jpgDal Vangelo secondo Luca (3, 1-6 )

    Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.

    Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:

    «Voce di uno che grida nel deserto:
    Preparate la via del Signore,
    raddrizzate i suoi sentieri!
    Ogni burrone sarà riempito,
    ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
    le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate.
    Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».


     

    il parroco

    "Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare,...la parola di Dio venne su Giovanni nel deserto". Così Luca ci presenta l'ingresso della Parola nella storia dell'uomo al tempo di Giovanni, come oggi per noi. Una parola che si fa voce, anzi, grida nel deserto della vita. Un linguaggio geografico (sentieri, monti, colli) che descrive la realtà della condizione umana. Siamo un deserto, le nostre vie sono storte, i cuori ricolmi di superbia e altro. Su di noi "scende" la Parola che ci invita al cambiamento, alla conversione, ma da che cosa? L'Avvento è guardare avanti, alzare lo sguardo, camminare incontrare Qualcuno che viene a risollevarci. Nel passato troppe volte abbiamo messo Dio dietro alla nostra vita, ora è tempo di rimetterlo davanti. Questa è la prima conversione, che nasce dall'ascolto della Parola, dal silenzio, dalla preghiera. Fondamentale, essenziale quella della domenica, senza trascurare quella personale e familiare, liberandoci dalla pigrizia spirituale, iniziando a muovere i nostri passi verso chi ci è venuto incontro. "Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!". Non rimane che mettersi in cammino per sperimentare la bellezza e la gioia di questa salvezza nei giorni di grazia dell' Avvento.

    La nostra gratitudine alla famiglia Lina e Riccardo Caggia per il vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    IL PROFETA DELLA STORIA

    Il vangelo di oggi ci presenta il profeta della storia. Storia che attualizza la Parola di Dio nell'uomo. La grandezza di Giovanni Battista è aver saputo accogliere la Parola di Dio nel suo cuore per gridarla nel deserto della nostra vita. Quante volte quella voce ha gridato nel deserto dei nostri cuori e quante volte non è stata ascoltata per paura di essere giudicati da Dio, da colui che sa tutto di noi e non si vergogna della sordità dei suoi figli. Oggi riconosciamo che quel deserto è nascosto nei nostri cuori, è il momento opportuno per accogliere la Parola di Dio affinché operi dentro di noi nella nostra famiglia, per raddrizzare le vie tortuose e, indicarci la via della salvezza per essere testimoni attivi e della Parola con franchezza e con gioia. Amen.

    Lina e Riccardo

     



    LA VERITA' E' UN INCONTRO

    Il Giubileo della misericordia affronta la crisi di fede di un mondo che rischia di smarrire il volto di Dio.



    anno-della-misericordiaLa misericordia non è un'entità astratta, un'idea. Il rischio più pericoloso che corre il cristianesimo è quello di trasformarsi in un sistema di idee o di precetti. La misericordia non è esente dal rischio di essere considerata l'elemento di un sistema logico. E invece essa è un'esperienza. E non se ne comprendono i tratti se non c'è un incontro.

    Anzi: «La verità è un incontro», ha detto papa Francesco in un'omelia a Santa Marta. Solo questo incontro col Signore – e non una spiegazione teologica – apre il cuore alla fiducia e allo Spirito Santo. Le idee su Dio non illuminano il mondo: sono un «chiarore» e possono aiutare a illuminare la fede. Ma solo chi è stato «accarezzato – sono parole del Papa – dalla tenerezza della misericordia, si trova bene con il Signore». Ecco, il Giubileo della misericordia affronta con coraggio e con passione la crisi di fede di un mondo che rischia di smarrire il volto di Dio, che appare a molti distante, freddo, o comunque sbiadito, a volte proprio dall'ombra di un «giudizio » non rettamente inteso. Ecco il punto centrale, il cuore del messaggio dell'Anno Santo: «Nessuno può essere escluso dalla misericordia di Dio». La misericordia è innanzitutto quella di Dio per noi.

    Per papa Francesco la misericordia è una prossimità, frutto di un processo compiuto innanzitutto da Dio che ci attende. Una persona che ha ricevuto dal Pontefice un biglietto personale – si tratta di un'artista dalla vicenda travagliata – mi ha letto con commozione questa frase: «Dio ci cerca, Dio ci aspetta, Dio ci trova... prima che noi lo cerchiamo, prima che noi lo aspettiamo, prima che noi lo troviamo. Questo è il mistero della santità».

    In un suo colloquio col rabbino Abraham Skorka, Bergoglio confessava: «Direi che Dio lo si trova mentre si cammina, si passeggia, lo si cerca e ci si lascia cercare da Lui. Sono due strade che s'incontrano. Da una parte, lo cerchiamo spinti da un istinto che nasce dal cuore. E poi, quando c'incontriamo, ci rendiamo conto che Lui ci stava già cercando, ci aveva preceduti».

    C'è dunque una dimensione di attesa molto profonda nel modo in cui Bergoglio legge la misericordia. Essa evoca anche la «pazienza» di questa attesa (cf. Angelus di domenica 9 giugno 2013).

    Il misericordiae vultus, il volto della misericordia, è quello paziente di Dio. È il volto del padre del figlio prodigo della parabola evangelica, un volto tutto teso a scorgere all'orizzonte il ritorno del figlio che ama.

    Antonio Spadaro S.I.
    direttore della rivista «La Civiltà Cattolica»


    Tratto da: Giubiliamo, Piccolo manuale per vivere bene il Giubileo della Misericordia, Messaggero S. Antonio Ed.




    strada facendo 171 II avvento c

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  • LA BOLLA


    ls bollaÈ la lettera del Papa che indice il Giubileo, la sua consegna e lettura ne sono il primo atto.

    Nella Bolla del prossimo Giubileo straordinario della misericordia, Misericordiae Vultus, papa Francesco spiega: «Misericordia: è la via che unisce Dio e l'uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato». La Bolla annuncia che l'Anno Santo si apre l'8 dicembre, solennità dell'Immacolata Concezione, a cinquant'anni esatti e in ideale continuità con il Concilio Ecumenico Vaticano II, che si concluse l'8 dicembre del 1965.

    «La Chiesa – scrive il Pontefice – sente il bisogno di mantenere vivo quell'evento».


  • LA PORTA SANTA


    La Porta Santa è una porta murata, che si trova nella Basilica di San Pietro in Vaticano e nelle altre tre Basiliche maggiori di Roma: San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore. La sua apertura segna l'inizio del Giubileo ed è il simbolo di un percorso straordinario verso la salvezza. Il Giubileo della misericordia comincia con l'apertura, l'8 dicembre, della Porta Santa della Basilica di San Pietro e, in seguito, delle Porte Sante delle altre Basiliche.

    Per il Giubileo della misericordia papa Francesco ha stabilito che ogni diocesi scelga una chiesa significativa in cui aprire una «Porta della misericordia».

    La Porta Santa rimane aperta fino alla conclusione dell'Anno giubilare, il 20 novembre 2016.



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    «NON TEMERE, MARIA, PERCHÉ HAI TROVATO GRAZIA PRESSO DIO»Lc 1,30

    non temere mariaDal Vangelo secondo Luca (1, 26-38)

    In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».

    A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

    Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».

    Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.



    il parroco

    "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". E' il "sì" più importante della storia dell'uomo, è il sì di Maria all'annuncio dell'angelo che le rivela il disegno di Dio. A Nazareth ha inizio il mistero dell'Incarnazione e Maria, "l'umile serva", si fa grembo accogliente della Parola e "lo Spirito Santo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio". Maria è la prima culla che accoglie Gesù. Tutto avviene in pienezza di gioia, fin dal primo momento: "Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te". Siamo giunti al Natale di Gesù, e la gioia è la sua caratteristica principale, anzi viene imposta per trovarla nelle dissipazioni e banalità, oscurando quella vera che è la presenza, la nascita di Gesù. Questa è la bella e buona notizia, un amore di un Dio che si avvicina all'uomo, facendosi uomo, come noi! Maria è stata la creatura che si è abbandonata totalmente al Signore e può accompagnarci sui sentieri della vera gioia. Nella visita pastorale alle famiglie ho visto in ogni casa il presepio segno di vangelo e di tradizione, ma se Gesù non nasce nel cuore di ciascuno, non è Natale. Facciamo festa, accogliendo Gesù nella Betlemme delle nostre famiglie.

    Grazie a Giuseppe Crudele per averci spezzato la Parola.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    L'INIZIO DELLA STORIA

    L'annunciazione è l'inizio della storia del Figlio dell'Uomo in mezzo a noi: comincia così, semplicemente, con una "Parola" rivolta dall'Arcangelo Gabriele ad una donna. E' l'inizio della nostra salvezza: una cosa tanto grande, quanto semplice, è il suo inizio. Maria accetta in pieno questa "Parola" senza richiedere segni, miracoli, effetti speciali. La salvezza della nostra anima è altrettanto semplice da compiersi. Alcuni possono pensare, credere che debba avvenire in modo spettacolare, eclatante, altri pensano che sia impossibile da compiersi, invece è facilissimo: basta accogliere una "Parola", una semplice "Parola", una Notizia: Dio viene a te, Dio ti ma, Dio ti è vicino. Basta accettare, credere in questo e lo Spirito Santo inizia a lavorare dentro. Come nella Vergine ha posto le basi per la nascita del Giusto, del Figlio di Dio, così in noi pone le basi per la nascita dell'uomo nuovo, tempio di Dio, indipendentemente da ciò che sei stato e sei. Il Signore non guarda al tuo passato, a patto che ti abbandoni, come Maria, al Signore e ti lasci amare e modellare da Lui e vedrai pian piano, giorno dopo giorno, l'uomo nuovo crescere dentro di te.

    Giuseppe Crudele



    preghiera a tavola
    Padre misericordioso,
    che hai mandato il tuo Figlio
    per darci la vita,
    benedici noi e
    il cibo che stiamo per prendere,
    tuo dono e frutto del nostro lavoro,
    affinché, rinvigoriti nelle forze,
    attendiamo vigilanti la sua venuta.
    Amen


      

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    «IO SONO VOCE DI UNO CHE GRIDA: RENDETE DIRITTA LA VIA DEL SIGNORE»Gv 1,23

    Dal Vangelo secondo Giovanni (1,6-8.19-28)

    io sono voce desertoVenne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.

    Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

    Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

    Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».

    Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell'acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.



    il parroco

    La pagina evangelica di Giovanni si apre con la presentazione di Giovanni Battista. "Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero...". Nel popolo è forte l'attesa di un Messia, di un liberatore e scoprono nella persona di Giovanni colui che può realizzare le loro aspettative, soprattutto umane, politiche, di liberazione dalla schiavitù. In tale contesto si inserisce la presenza del Battista che invita a prepararsi a ricevere il Salvatore. La sua parola si rende credibile perché è testimoniata dalla vita austera, coerente. Non approfitta del facile successo della folla, ma a chi gli chiede chi sia, risponde con forza e chiarezza: "Io non sono il Cristo,... io sono voce di chi uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore". Lo ha incontrato, si sente "l'amico dello sposo" e per questo può annunciarlo: "Io battezzo con acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete". Queste parole sono rivolte a noi oggi che non conosciamo il Signore, non ancora lo incontriamo personalmente. Giovanni Battista, oggi, si rivolge a noi si fa voce per annunziarlo e a diventare "amico dello sposo". E' la domenica della gioia. Quale gioia? Quella di incontrare Il Signore Gesù. Vengono spontanee le parole di Papa Francesco: " La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù". Sia questo il nostro Avvento.

    Grazie a Franco Guarino per la sua lettura del vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    UNA CHIAVE CAPACE DI APRIRE LA PORTA DEL CUORE

    La liturgia di questa terza domenica di avvento esorta ogni cristiano ad essere testimone di Cristo, come Giovanni Battista che testimoniò la vera luce che doveva venire, Gesù Cristo.

    Cristo, fu manifestato dal Battesimo di Giovanni, ma fu glorificato dal suo proprio Battesimo cioè dalla sua passione. Gioia è la parola chiave di questa liturgia, una chiave capace di aprire la porta del cuore di ogni uomo. La gioia non è un dettaglio marginale, ma un tutt'uno con la fede. Essere testimoni della luce vuol dire dunque essere testimoni della gioia. Gioia di essere amato da Dio e da Lui reso capace di amare. Siamo persone e cristiani gioiosi? Comunichiamo gioia con la nostra presenza e la nostra vita? Siamo solo credenti o siamo anche credibili? In un mondo che sembra aver perso la gioia perché ha preferito la scorciatoia del piacere, del potere, del divertimento e del benessere, io sono chiamato da Dio a rendere diritta la mia via perché altri possano incontrare il Signore della gioia.

    Franco Guarino



    preghiera a tavola
    Vieni alla nostra mensa,
    Signore Gesù,
    e benedici la nostra famiglia
    che ti attende con cuore vigilante.
    A te la lode e la gloria nei secoli.
    Amen.


     GAUDETE!

    gaudeteOggi è la terza domenica di Avvento, detta anche domenica Gaudete, cioè domenica della gioia. Nella liturgia risuona più volte l'invito a gioire, a rallegrarsi, perché? Perché il Signore è vicino. Il Natale è vicino. Il messaggio cristiano si chiama "evangelo", cioè "buona notizia", un annuncio di gioia per tutto il popolo; la Chiesa non è un rifugio per gente triste, la Chiesa è la casa della gioia! E coloro che sono tristi trovano in essa la gioia, trovano in essa la vera gioia!

    Ma quella del Vangelo non è una gioia qualsiasi. Trova la sua ragione nel sapersi accolti e amati da Dio.... Dio è colui che viene a salvarci, e presta soccorso specialmente agli smarriti di cuore. La sua venuta in mezzo a noi irrobustisce, rende saldi, dona coraggio, fa esultare e fiorire il deserto e la steppa, cioè la nostra vita quando diventa arida. E quando diventa arida la nostra vita? Quando è senza l'acqua della Parola di Dio e del suo Spirito d'amore. Per quanto siano grandi i nostri limiti e i nostri smarrimenti, non ci è consentito essere fiacchi e vacillanti di fronte alle difficoltà e alle nostre stesse debolezze. Al contrario, siamo invitati ad irrobustire le mani, a rendere salde le ginocchia, ad avere coraggio e non temere, perché il nostro Dio ci mostra sempre la grandezza della sua misericordia. Lui ci dà la forza per andare avanti. Lui è sempre con noi per aiutarci ad andare avanti. E' un Dio che ci vuole tanto bene, ci ama e per questo è con noi, per aiutarci, per irrobustirci e andare avanti. Coraggio! Sempre avanti! Grazie al suo aiuto noi possiamo sempre ricominciare da capo. Come? Ricominciare da capo? Qualcuno può dirmi: "No, Padre, io ne ho fatte tante... Sono un gran peccatore, una grande peccatrice... Io non posso rincominciare da capo!". Sbagli! Tu puoi ricominciare da capo! Perché? Perché Lui ti aspetta, Lui è vicino a te, Lui ti ama, Lui è misericordioso, Lui ti perdona, Lui ti dà la forza di ricominciare da capo! A tutti! Allora siamo capaci di riaprire gli occhi, di superare tristezza e pianto e intonare un canto nuovo. E questa gioia vera rimane anche nella prova, anche nella sofferenza, perché non è una gioia superficiale, ma scende nel profondo della persona che si affida a Dio e confida in Lui.

    La gioia cristiana, come la speranza, ha il suo fondamento nella fedeltà di Dio, nella certezza che Lui mantiene sempre le sue promesse. Il profeta Isaia esorta coloro che hanno smarrito la strada e sono nello sconforto a fare affidamento sulla fedeltà del Signore, perché la sua salvezza non tarderà ad irrompere nella loro vita. Quanti hanno incontrato Gesù lungo il cammino, sperimentano nel cuore una serenità e una gioia di cui niente e nessuno potrà privarli. La nostra gioia è Gesù Cristo, il suo amore fedele inesauribile! Perciò, quando un cristiano diventa triste, vuol dire che si è allontanato da Gesù. Ma allora non bisogna lasciarlo solo! Dobbiamo pregare per lui, e fargli sentire il calore della comunità.

    La Vergine Maria ci aiuti ad affrettare il passo verso Betlemme, per incontrare il Bambino che è nato per noi, per la salvezza e la gioia di tutti gli uomini. A lei l'Angelo disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Lei ci ottenga di vivere la gioia del Vangelo in famiglia, al lavoro, in parrocchia e in ogni ambiente. Una gioia intima, fatta di meraviglia e di tenerezza. Quella che prova una mamma quando guarda il suo bambino appena nato, e sente che è un dono di Dio, un miracolo di cui solo ringraziare!

    Papa Francesco,
    Angelus 15 Dicembre 2013

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    «ECCO, DINANZI A TE IO MANDO IL MIO MESSAGGERO: EGLI PREPARERÁ LA TUA VIA» Mc 1,2

    ecco mando il mio messaggeroDal Vangelo secondo Marco (1,1-8)

    Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

    Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:

    egli preparerà la tua via.

    Voce di uno che grida nel deserto:

    Preparate la via del Signore,

    raddrizzate i suoi sentieri»,

    vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.

    Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

    Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».



    il parroco

    "Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio". Così si apre il vangelo di Marco che accompagna il cammino di vita nella liturgia della preghiera domenicale. Poche parole, ma piene di grande significato e soprattutto portatrici di speranza. Il vangelo, la bella notizia ha un "inizio", nasce con Gesù, anzi è Lui, che si è fatto vangelo nel tempo degli uomini. L'evangelista ci mostra come questa Buona notizia ha iniziato a rivelarsi, è stata preparata da lunga attesa, mantenuta viva dai profeti ed ora, finalmente, Giovanni Battista si fa precursore, apripista che con la sua voce ne annuncia la presenza. "Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri". La voce di Giovanni è quanto mai attuale per noi oggi che viviamo l'esperienza del deserto di frastuono, di affanni, di angosce, di ricerca di segni, di parole e soprattutto di Qualcuno che dia consolazione e speranza vere alla vita. Giovanni presenta Gesù, Figlio di Dio, capace di portare a compimento i desideri profondi di vita vera, di fraternità, di comunione, di pace. Ma perché questo avvenga occorre raddrizzare i sentieri che portano all'incontro con Gesù, Figlio di Dio. L'Avvento accompagna ogni uomo - a maggior ragione il credente - alla grotta di Betlemme, perché in qualsiasi situazione si trovi, possa sperimentare un nuovo "inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio".

    Gratitudine a Raffaele Garbetta per il suo intervento.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    PREPARARE IL NOSTRO CUORE!

    Questa seconda domenica di Avvento ci invita a preparare il nostro cuore e vivere nell'attesa del nostro Signore Gesù Cristo che nasce per la salvezza del mondo intero. Il Vangelo è una lieta novella per tutti, per chi vive nell'oscurità del peccato e per coloro che vogliono ascoltare una parola di speranza e di salvezza. Questa lieta novella è che Dio ci ama nonostante noi spesso ci allontaniamo da Lui. Infatti Gesù, il Messia, vuole salvare tutta l'umanità di questo mondo con la sua venuta, se noi accogliamo la sua parola che, nella sua misericordia, ci rende figli di Dio. Sta a noi accoglierla con la nostra conversione da un cuore chiuso, superbo pieno di orgoglio ad un cuore mite ed umile, capace di amare il prossimo.

    Giovanni Battista con il battesimo nel fiume Giordano ci invita a ricordare il nostro battesimo, in cui ci è stato donato lo Spirito Santo consolatore che veglia su di noi per il perdono dei peccati.

    Preghiamo sempre il Signore ringraziandolo del suo amore.

    Raffaele Garbetta



    preghiera a tavola
    Insegnaci Signore
    ad ascoltare ogni giorno la tua voce,
    ad accoglierti come ha fatto Maria,
    a vivere sempre attenti ai bisogni
    di quanti non hanno il necessario.
    Benedici oggi questa nostra mensa.
    Amen


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    "MARIA CUSTODIVA TUTTE QUESTE COSE,
    MEDITANDOLE NEL SUO CUORE"
    Lc 2,19

    maria custodivaDal Vangelo secondo Luca (2,16-21)

    In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.

    Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.

    I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.

    Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.


    il parroco

    nr 100E' il primo giorno del 2014, è il n° 100 di "Strada facendo"! Una coincidenza, che moltiplica gli auguri di gioia e di bene! Una gioia grande nell'ottavo giorno del Natale di Gesù, "nato da donna" e con Maria siamo chiamati a custodire, contemplare, stupirci e meditare l'evento del Bambino adagiato nella mangiatoia, per viverlo nel quotidiano della vita.

    "Strada facendo" raggiunge un piccolo traguardo: siamo al numero 100! Lo stupore del primo numero si prolunga di settimana in settimana nel rendere attuale la Parola di Gesù: "Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino". Il nome è diventato familiare, punto di riferimento per il percorso parrocchiale, espressione e testimonianza di parola e di vita, amico nei giorni dell'anno nei volti e nella storia della Chiesa del Rosario che ha festeggiato il suo 80° compleanno. Siamo solo ai primi passi, ne abbiamo di strada da percorrere, per scoprire, vivere il Vangelo, "Strada facendo" vuole essere strumento di gioia per incontrare il Signore Gesù. Accogliamo gli auguri che il Signore ci rivolge: " Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace". A questi uniamo i nostri di serenità e pace per ogni giorno del nuovo anno.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)




    "FRATERNITA', FONDAMENTO E VIA PER LA PACE"

    fraternita fondamentoQuesto è il tema della 47ª Giornata Mondiale per la Pace, la prima di Papa Francesco, che ha scelto come tema del suo primo Messaggio la fraternità. Sin dall'inizio del suo ministero di vescovo di Roma, il Papa ha sottolineato l'importanza di superare una «cultura dello scarto» e di promuovere la «cultura dell'incontro», per camminare verso la realizzazione di un mondo più giusto e pacifico.

    La fraternità è una dote che ogni uomo e donna reca con sé in quanto essere umano, figlio di uno stesso Padre. Davanti ai molteplici drammi che colpiscono la famiglia dei popoli – povertà, fame, sottosviluppo, conflitti, migrazioni, inquinamenti, disuguaglianza, ingiustizia, criminalità organizzata, fondamentalismi -, la fraternità è fondamento e via per la pace.

    La cultura del benessere fa perdere il senso della responsabilità e della relazione fraterna. Gli altri, anziché nostri «simili», appaiono antagonisti o nemici e sono spesso «cosificati».

    Non è raro che i poveri e i bisognosi siano considerati un «fardello», un impedimento allo sviluppo. Tutt'al più sono oggetto di aiuto assistenzialistico o compassionevole. Non sono visti cioè come fratelli, chiamati a condividere i doni del creato, i beni del progresso e della cultura, a partecipare alla stessa mensa della vita in pienezza, ad essere protagonisti dello sviluppo integrale ed inclusivo.

    La fraternità, dono e impegno che viene da Dio Padre, sollecita all'impegno di essere solidali contro le diseguaglianze e la povertà che indeboliscono il vivere sociale, a prendersi cura di ogni persona, specie del più piccolo ed indifeso, ad amarla come se stessi, con il cuore stesso di Gesù Cristo.

    In un mondo che accresce costantemente la propria interdipendenza, non può mancare il bene della fraternità, che vince il diffondersi di quella globalizzazione dell'indifferenza, alla quale Papa Francesco ha più volte accennato.

    La globalizzazione dell'indifferenza deve lasciare posto ad una globalizzazione della fraternità.

    La fraternità impronti tutti gli aspetti della vita, compresi l'economia, la finanza, la società civile, la politica, la ricerca, lo sviluppo, le istituzioni pubbliche e culturali.

    Papa Francesco, all'inizio del suo ministero, con un Messaggio che si pone in continuità con quello dei suoi Predecessori, propone a tutti la via della fraternità, per dare un volto più umano al mondo.


    papa-francesco34


    MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO

    1. In questo mio primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, desidero rivolgere a tutti, singoli e popoli, l'augurio di un'esistenza colma di gioia e di speranza. Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna alberga, infatti, il desiderio di una vita piena, alla quale appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare.

    Infatti, la fraternità è una dimensione essenziale dell'uomo, il quale è un essere relazionale. La viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura. E occorre subito ricordare che la fraternità si comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia, soprattutto grazie ai ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi membri, in particolare del padre e della madre. La famiglia è la sorgente di ogni fraternità, e perciò è anche il fondamento e la via primaria della pace, poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore.

    Il numero sempre crescente di interconnessioni e di comunicazioni che avviluppano il nostro pianeta rende più palpabile la consapevolezza dell'unità e della condivisione di un comune destino tra le Nazioni della terra. Nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata così la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri. Tale vocazione è però ancor oggi spesso contrastata e smentita nei fatti, in un mondo caratterizzato da quella "globalizzazione dell'indifferenza" che ci fa lentamente "abituare" alla sofferenza dell'altro, chiudendoci in noi stessi.

    In tante parti del mondo, sembra non conoscere sosta la grave lesione dei diritti umani fondamentali, soprattutto del diritto alla vita e di quello alla libertà di religione. Il tragico fenomeno del traffico degli esseri umani, sulla cui vita e disperazione speculano persone senza scrupoli, ne rappresenta un inquietante esempio. Alle guerre fatte di scontri armati si aggiungono guerre meno visibili, ma non meno crudeli, che si combattono in campo economico e finanziario con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie, di imprese.

    La globalizzazione, come ha affermato Benedetto XVI, ci rende vicini, ma non ci rende fratelli.[1] Inoltre, le molte situazioni di sperequazione, di povertà e di ingiustizia, segnalano non solo una profonda carenza di fraternità, ma anche l'assenza di una cultura della solidarietà. Le nuove ideologie, caratterizzate da diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo materialistico, indeboliscono i legami sociali, alimentando quella mentalità dello "scarto", che induce al disprezzo e all'abbandono dei più deboli, di coloro che vengono considerati "inutili". Così la convivenza umana diventa sempre più simile a un mero do ut des pragmatico ed egoista.

    In pari tempo appare chiaro che anche le etiche contemporanee risultano incapaci di produrre vincoli autentici di fraternità, poiché una fraternità priva del riferimento ad un Padre comune, quale suo fondamento ultimo, non riesce a sussistere.[2] Una vera fraternità tra gli uomini suppone ed esige una paternità trascendente. A partire dal riconoscimento di questa paternità, si consolida la fraternità tra gli uomini, ovvero quel farsi "prossimo" che si prende cura dell'altro.

     

    «Dov'è tuo fratello?» (Gen 4,9)

    2. Per comprendere meglio questa vocazione dell'uomo alla fraternità, per riconoscere più adeguatamente gli ostacoli che si frappongono alla sua realizzazione e individuare le vie per il loro superamento, è fondamentale farsi guidare dalla conoscenza del disegno di Dio, quale è presentato in maniera eminente nella Sacra Scrittura.

    Secondo il racconto delle origini, tutti gli uomini derivano da genitori comuni, da Adamo ed Eva, coppia creata da Dio a sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,26), da cui nascono Caino e Abele. Nella vicenda della famiglia primigenia leggiamo la genesi della società, l'evoluzione delle relazioni tra le persone e i popoli.

    Abele è pastore, Caino è contadino. La loro identità profonda e, insieme, la loro vocazione, è quella di essere fratelli, pur nella diversità della loro attività e cultura, del loro modo di rapportarsi con Dio e con il creato. Ma l'uccisione di Abele da parte di Caino attesta tragicamente il rigetto radicale della vocazione ad essere fratelli. La loro vicenda (cfr Gen 4,1-16) evidenzia il difficile compito a cui tutti gli uomini sono chiamati, di vivere uniti, prendendosi cura l'uno dell'altro. Caino, non accettando la predilezione di Dio per Abele, che gli offriva il meglio del suo gregge – «il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta» (Gen 4,4-5) – uccide per invidia Abele. In questo modo rifiuta di riconoscersi fratello, di relazionarsi positivamente con lui, di vivere davanti a Dio, assumendo le proprie responsabilità di cura e di protezione dell'altro. Alla domanda «Dov'è tuo fratello?», con la quale Dio interpella Caino, chiedendogli conto del suo operato, egli risponde: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?» (Gen 4,9). Poi, ci dice la Genesi, «Caino si allontanò dal Signore» (4,16).

    Occorre interrogarsi sui motivi profondi che hanno indotto Caino a misconoscere il vincolo di fraternità e, assieme, il vincolo di reciprocità e di comunione che lo legava a suo fratello Abele. Dio stesso denuncia e rimprovera a Caino una contiguità con il male: «il peccato è accovacciato alla tua porta» (Gen 4,7). Caino, tuttavia, si rifiuta di opporsi al male e decide di alzare ugualmente la sua «mano contro il fratello Abele» (Gen 4,8), disprezzando il progetto di Dio. Egli frustra così la sua originaria vocazione ad essere figlio di Dio e a vivere la fraternità.

    Il racconto di Caino e Abele insegna che l'umanità porta inscritta in sé una vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo tradimento. Lo testimonia l'egoismo quotidiano, che è alla base di tante guerre e tante ingiustizie: molti uomini e donne muoiono infatti per mano di fratelli e di sorelle che non sanno riconoscersi tali, cioè come esseri fatti per la reciprocità, per la comunione e per il dono.

     

    «E voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8)

    3. Sorge spontanea la domanda: gli uomini e le donne di questo mondo potranno mai corrispondere pienamente all'anelito di fraternità, impresso in loro da Dio Padre? Riusciranno con le loro sole forze a vincere l'indifferenza, l'egoismo e l'odio, ad accettare le legittime differenze che caratterizzano i fratelli e le sorelle?

    Parafrasando le sue parole, potremmo così sintetizzare la risposta che ci dà il Signore Gesù: poiché vi è un solo Padre, che è Dio, voi siete tutti fratelli (cfr Mt 23,8-9). La radice della fraternità è contenuta nella paternità di Dio. Non si tratta di una paternità generica, indistinta e storicamente inefficace, bensì dell'amore personale, puntuale e straordinariamente concreto di Dio per ciascun uomo (cfr Mt 6,25-30). Una paternità, dunque, efficacemente generatrice di fraternità, perché l'amore di Dio, quando è accolto, diventa il più formidabile agente di trasformazione dell'esistenza e dei rapporti con l'altro, aprendo gli uomini alla solidarietà e alla condivisione operosa.

    In particolare, la fraternità umana è rigenerata in e da Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione. La croce è il "luogo" definitivo di fondazione della fraternità, che gli uomini non sono in grado di generare da soli. Gesù Cristo, che ha assunto la natura umana per redimerla, amando il Padre fino alla morte e alla morte di croce (cfr Fil 2,8), mediante la sua risurrezione ci costituisce come umanità nuova, in piena comunione con la volontà di Dio, con il suo progetto, che comprende la piena realizzazione della vocazione alla fraternità.

    Gesù riprende dal principio il progetto del Padre, riconoscendogli il primato su ogni cosa. Ma il Cristo, con il suo abbandono alla morte per amore del Padre, diventa principio nuovo e definitivo di tutti noi, chiamati a riconoscerci in Lui come fratelli perché figli dello stesso Padre. Egli è l'Alleanza stessa, lo spazio personale della riconciliazione dell'uomo con Dio e dei fratelli tra loro. Nella morte in croce di Gesù c'è anche il superamento della separazione tra popoli, tra il popolo dell'Alleanza e il popolo dei Gentili, privo di speranza perché fino a quel momento rimasto estraneo ai patti della Promessa. Come si legge nella Lettera agli Efesini, Gesù Cristo è colui che in sé riconcilia tutti gli uomini. Egli è la pace, poiché dei due popoli ne ha fatto uno solo, abbattendo il muro di separazione che li divideva, ovvero l'inimicizia. Egli ha creato in se stesso un solo popolo, un solo uomo nuovo, una sola nuova umanità (cfr 2,14-16).

    Chi accetta la vita di Cristo e vive in Lui, riconosce Dio come Padre e a Lui dona totalmente se stesso, amandolo sopra ogni cosa. L'uomo riconciliato vede in Dio il Padre di tutti e, per conseguenza, è sollecitato a vivere una fraternità aperta a tutti. In Cristo, l'altro è accolto e amato come figlio o figlia di Dio, come fratello o sorella, non come un estraneo, tantomeno come un antagonista o addirittura un nemico. Nella famiglia di Dio, dove tutti sono figli di uno stesso Padre, e perché innestati in Cristo, figli nel Figlio, non vi sono "vite di scarto". Tutti godono di un'eguale ed intangibile dignità. Tutti sono amati da Dio, tutti sono stati riscattati dal sangue di Cristo, morto in croce e risorto per ognuno. È questa la ragione per cui non si può rimanere indifferenti davanti alla sorte dei fratelli.

     

    La fraternità, fondamento e via per la pace

    4. Ciò premesso, è facile comprendere che la fraternità è fondamento e via per la pace. Le Encicliche sociali dei miei Predecessori offrono un valido aiuto in tal senso. Sarebbe sufficiente rifarsi alle definizioni di pace della Populorum progressio di Paolo VI o della Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II. Dalla prima ricaviamo che lo sviluppo integrale dei popoli è il nuovo nome della pace.[3] Dalla seconda, che la pace è opus solidaritatis.[4]

    Paolo VI afferma che non soltanto le persone, ma anche le Nazioni debbono incontrarsi in uno spirito di fraternità. E spiega: «In questa comprensione e amicizia vicendevoli, in questa comunione sacra noi dobbiamo [...] lavorare assieme per edificare l'avvenire comune dell'umanità».[5] Questo dovere riguarda in primo luogo i più favoriti. I loro obblighi sono radicati nella fraternità umana e soprannaturale e si presentano sotto un triplice aspetto: il dovere di solidarietà, che esige che le Nazioni ricche aiutino quelle meno progredite; il dovere di giustizia sociale, che richiede il ricomponimento in termini più corretti delle relazioni difettose tra popoli forti e popoli deboli; il dovere di carità universale, che implica la promozione di un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri.[6]

    Così, se si considera la pace come opus solidaritatis, allo stesso modo, non si può pensare che la fraternità non ne sia il fondamento precipuo. La pace, afferma Giovanni Paolo II, è un bene indivisibile. O è bene di tutti o non lo è di nessuno. Essa può essere realmente conquistata e fruita, come miglior qualità della vita e come sviluppo più umano e sostenibile, solo se si attiva, da parte di tutti, «una determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune»[7]. Ciò implica di non farsi guidare dalla «brama del profitto» e dalla «sete del potere». Occorre avere la disponibilità a «"perdersi" a favore dell'altro invece di sfruttarlo, e a "servirlo" invece di opprimerlo per il proprio tornaconto. [...] L'"altro" – persona, popolo o Nazione – [non va visto] come uno strumento qualsiasi, per sfruttare a basso costo la sua capacità di lavoro e la resistenza fisica, abbandonandolo poi quando non serve più, ma come un nostro "simile", un "aiuto"».[8]

    La solidarietà cristiana presuppone che il prossimo sia amato non solo come «un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale eguaglianza davanti a tutti, ma [come] viva immagine di Dio Padre, riscattata dal sangue di Gesù Cristo e posta sotto l'azione permanente dello Spirito Santo»[9], come un altro fratello. «Allora la coscienza della paternità comune di Dio, della fraternità di tutti gli uomini in Cristo, "figli nel Figlio", della presenza e dell'azione vivificante dello Spirito Santo, conferirà – rammenta Giovanni Paolo II – al nostro sguardo sul mondo come un nuovo criterio per interpretarlo»,[10] per trasformarlo.

     

    Fraternità, premessa per sconfiggere la povertà

    5. Nella Caritas in veritate il mio Predecessore ricordava al mondo come la mancanza di fraternità tra i popoli e gli uomini sia una causa importante della povertà.[11] In molte società sperimentiamo una profonda povertà relazionale dovuta alla carenza di solide relazioni familiari e comunitarie. Assistiamo con preoccupazione alla crescita di diversi tipi di disagio, di emarginazione, di solitudine e di varie forme di dipendenza patologica. Una simile povertà può essere superata solo attraverso la riscoperta e la valorizzazione di rapporti fraterni in seno alle famiglie e alle comunità, attraverso la condivisione delle gioie e dei dolori, delle difficoltà e dei successi che accompagnano la vita delle persone.

    Inoltre, se da un lato si riscontra una riduzione della povertà assoluta, dall'altro lato non possiamo non riconoscere una grave crescita della povertà relativa, cioè di diseguaglianze tra persone e gruppi che convivono in una determinata regione o in un determinato contesto storico-culturale. In tal senso, servono anche politiche efficaci che promuovano il principio della fraternità, assicurando alle persone - eguali nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali - di accedere ai "capitali", ai servizi, alle risorse educative, sanitarie, tecnologiche affinché ciascuno abbia l'opportunità di esprimere e di realizzare il suo progetto di vita, e possa svilupparsi in pienezza come persona.

    Si ravvisa anche la necessità di politiche che servano ad attenuare una eccessiva sperequazione del reddito. Non dobbiamo dimenticare l'insegnamento della Chiesa sulla cosiddetta ipoteca sociale, in base alla quale se è lecito, come dice san Tommaso d'Aquino, anzi necessario «che l'uomo abbia la proprietà dei beni»[12], quanto all'uso, li «possiede non solo come propri, ma anche come comuni, nel senso che possono giovare non unicamente a lui ma anche agli altri»[13].

    Infine, vi è un ulteriore modo di promuovere la fraternità - e così sconfiggere la povertà - che dev'essere alla base di tutti gli altri. È il distacco di chi sceglie di vivere stili di vita sobri ed essenziali, di chi, condividendo le proprie ricchezze, riesce così a sperimentare la comunione fraterna con gli altri. Ciò è fondamentale per seguire Gesù Cristo ed essere veramente cristiani. È il caso non solo delle persone consacrate che professano voto di povertà, ma anche di tante famiglie e tanti cittadini responsabili, che credono fermamente che sia la relazione fraterna con il prossimo a costituire il bene più prezioso.

     

    La riscoperta della fraternità nell'economia

    6. Le gravi crisi finanziarie ed economiche contemporanee - che trovano la loro origine nel progressivo allontanamento dell'uomo da Dio e dal prossimo, nella ricerca avida di beni materiali, da un lato, e nel depauperamento delle relazioni interpersonali e comunitarie dall'altro - hanno spinto molti a ricercare la soddisfazione, la felicità e la sicurezza nel consumo e nel guadagno oltre ogni logica di una sana economia. Già nel 1979 Giovanni Paolo II avvertiva l'esistenza di «un reale e percettibile pericolo che, mentre progredisce enormemente il dominio da parte dell'uomo sul mondo delle cose, di questo suo dominio egli perda i fili essenziali, e in vari modi la sua umanità sia sottomessa a quel mondo, ed egli stesso divenga oggetto di multiforme, anche se spesso non direttamente percettibile, manipolazione, mediante tutta l'organizzazione della vita comunitaria, mediante il sistema di produzione, mediante la pressione dei mezzi di comunicazione sociale».[14]

    Il succedersi delle crisi economiche deve portare agli opportuni ripensamenti dei modelli di sviluppo economico e a un cambiamento negli stili di vita. La crisi odierna, pur con il suo grave retaggio per la vita delle persone, può essere anche un'occasione propizia per recuperare le virtù della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza. Esse ci possono aiutare a superare i momenti difficili e a riscoprire i vincoli fraterni che ci legano gli uni agli altri, nella fiducia profonda che l'uomo ha bisogno ed è capace di qualcosa in più rispetto alla massimizzazione del proprio interesse individuale. Soprattutto tali virtù sono necessarie per costruire e mantenere una società a misura della dignità umana.

     

    La fraternità spegne la guerra

    7. Nell'anno trascorso, molti nostri fratelli e sorelle hanno continuato a vivere l'esperienza dilaniante della guerra, che costituisce una grave e profonda ferita inferta alla fraternità.

    Molti sono i conflitti che si consumano nell'indifferenza generale. A tutti coloro che vivono in terre in cui le armi impongono terrore e distruzioni, assicuro la mia personale vicinanza e quella di tutta la Chiesa. Quest'ultima ha per missione di portare la carità di Cristo anche alle vittime inermi delle guerre dimenticate, attraverso la preghiera per la pace, il servizio ai feriti, agli affamati, ai rifugiati, agli sfollati e a quanti vivono nella paura. La Chiesa alza altresì la sua voce per far giungere ai responsabili il grido di dolore di quest'umanità sofferente e per far cessare, insieme alle ostilità, ogni sopruso e violazione dei diritti fondamentali dell'uomo[15].

    Per questo motivo desidero rivolgere un forte appello a quanti con le armi seminano violenza e morte: riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e fermate la vostra mano! Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all'altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi! «In quest'ottica, appare chiaro che nella vita dei popoli i conflitti armati costituiscono sempre la deliberata negazione di ogni possibile concordia internazionale, creando divisioni profonde e laceranti ferite che richiedono molti anni per rimarginarsi. Le guerre costituiscono il rifiuto pratico a impegnarsi per raggiungere quelle grandi mete economiche e sociali che la comunità internazionale si è data»[16].

    Tuttavia, finché ci sarà una così grande quantità di armamenti in circolazione come quella attuale, si potranno sempre trovare nuovi pretesti per avviare le ostilità. Per questo faccio mio l'appello dei miei Predecessori in favore della non proliferazione delle armi e del disarmo da parte di tutti, a cominciare dal disarmo nucleare e chimico.

    Non possiamo però non constatare che gli accordi internazionali e le leggi nazionali, pur essendo necessari ed altamente auspicabili, non sono sufficienti da soli a porre l'umanità al riparo dal rischio dei conflitti armati. È necessaria una conversione dei cuori che permetta a ciascuno di riconoscere nell'altro un fratello di cui prendersi cura, con il quale lavorare insieme per costruire una vita in pienezza per tutti. È questo lo spirito che anima molte delle iniziative della società civile, incluse le organizzazioni religiose, in favore della pace. Mi auguro che l'impegno quotidiano di tutti continui a portare frutto e che si possa anche giungere all'effettiva applicazione nel diritto internazionale del diritto alla pace, quale diritto umano fondamentale, pre-condizione necessaria per l'esercizio di tutti gli altri diritti.

     

    La corruzione e il crimine organizzato avversano la fraternità

    8. L'orizzonte della fraternità rimanda alla crescita in pienezza di ogni uomo e donna. Le giuste ambizioni di una persona, soprattutto se giovane, non vanno frustrate e offese, non va rubata la speranza di poterle realizzare. Tuttavia, l'ambizione non va confusa con la prevaricazione. Al contrario, occorre gareggiare nello stimarsi a vicenda (cfr Rm 12,10). Anche nelle dispute, che costituiscono un aspetto ineliminabile della vita, bisogna sempre ricordarsi di essere fratelli e perciò educare ed educarsi a non considerare il prossimo come un nemico o come un avversario da eliminare.

    La fraternità genera pace sociale perché crea un equilibrio fra libertà e giustizia, fra responsabilità personale e solidarietà, fra bene dei singoli e bene comune. Una comunità politica deve, allora, agire in modo trasparente e responsabile per favorire tutto ciò. I cittadini devono sentirsi rappresentati dai poteri pubblici nel rispetto della loro libertà. Invece, spesso, tra cittadino e istituzioni, si incuneano interessi di parte che deformano una tale relazione, propiziando la creazione di un clima perenne di conflitto.

    Un autentico spirito di fraternità vince l'egoismo individuale che contrasta la possibilità delle persone di vivere in libertà e in armonia tra di loro. Tale egoismo si sviluppa socialmente sia nelle molte forme di corruzione, oggi così capillarmente diffuse, sia nella formazione delle organizzazioni criminali, dai piccoli gruppi a quelli organizzati su scala globale, che, logorando in profondità la legalità e la giustizia, colpiscono al cuore la dignità della persona. Queste organizzazioni offendono gravemente Dio, nuocciono ai fratelli e danneggiano il creato, tanto più quando hanno connotazioni religiose.

    Penso al dramma lacerante della droga, sulla quale si lucra in spregio a leggi morali e civili; alla devastazione delle risorse naturali e all'inquinamento in atto; alla tragedia dello sfruttamento del lavoro; penso ai traffici illeciti di denaro come alla speculazione finanziaria, che spesso assume caratteri predatori e nocivi per interi sistemi economici e sociali, esponendo alla povertà milioni di uomini e donne; penso alla prostituzione che ogni giorno miete vittime innocenti, soprattutto tra i più giovani rubando loro il futuro; penso all'abominio del traffico di esseri umani, ai reati e agli abusi contro i minori, alla schiavitù che ancora diffonde il suo orrore in tante parti del mondo, alla tragedia spesso inascoltata dei migranti sui quali si specula indegnamente nell'illegalità. Scrisse al riguardo Giovanni XXIII: «Una convivenza fondata soltanto su rapporti di forza non è umana. In essa infatti è inevitabile che le persone siano coartate o compresse, invece di essere facilitate e stimolate a sviluppare e perfezionare se stesse»[17]. L'uomo, però, si può convertire e non bisogna mai disperare della possibilità di cambiare vita. Desidererei che questo fosse un messaggio di fiducia per tutti, anche per coloro che hanno commesso crimini efferati, poiché Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cfr Ez 18,23).

    Nel contesto ampio della socialità umana, guardando al delitto e alla pena, viene anche da pensare alle condizioni inumane di tante carceri, dove il detenuto è spesso ridotto in uno stato sub-umano e viene violato nella sua dignità di uomo, soffocato anche in ogni volontà ed espressione di riscatto. La Chiesa fa molto in tutti questi ambiti, il più delle volte nel silenzio. Esorto ed incoraggio a fare sempre di più, nella speranza che tali azioni messe in campo da tanti uomini e donne coraggiosi possano essere sempre più sostenute lealmente e onestamente anche dai poteri civili.

     

    La fraternità aiuta a custodire e a coltivare la natura

    9. La famiglia umana ha ricevuto dal Creatore un dono in comune: la natura. La visione cristiana della creazione comporta un giudizio positivo sulla liceità degli interventi sulla natura per trarne beneficio, a patto di agire responsabilmente, cioè riconoscendone quella "grammatica" che è in essa inscritta ed usando saggiamente le risorse a vantaggio di tutti, rispettando la bellezza, la finalità e l'utilità dei singoli esseri viventi e la loro funzione nell'ecosistema. Insomma, la natura è a nostra disposizione, e noi siamo chiamati ad amministrarla responsabilmente. Invece, siamo spesso guidati dall'avidità, dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non custodiamo la natura, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura e da mettere a servizio dei fratelli, comprese le generazioni future.

    In particolare, il settore agricolo è il settore produttivo primario con la vitale vocazione di coltivare e custodire le risorse naturali per nutrire l'umanità. A tale riguardo, la persistente vergogna della fame nel mondo mi incita a condividere con voi la domanda: in che modo usiamo le risorse della terra? Le società odierne devono riflettere sulla gerarchia delle priorità a cui si destina la produzione. Difatti, è un dovere cogente che si utilizzino le risorse della terra in modo che tutti siano liberi dalla fame. Le iniziative e le soluzioni possibili sono tante e non si limitano all'aumento della produzione. E' risaputo che quella attuale è sufficiente, eppure ci sono milioni di persone che soffrono e muoiono di fame e ciò costituisce un vero scandalo. È necessario allora trovare i modi affinché tutti possano beneficiare dei frutti della terra, non soltanto per evitare che si allarghi il divario tra chi più ha e chi deve accontentarsi delle briciole, ma anche e soprattutto per un'esigenza di giustizia e di equità e di rispetto verso ogni essere umano. In tal senso, vorrei richiamare a tutti quella necessaria destinazione universale dei beni che è uno dei principi-cardine della dottrina sociale della Chiesa. Rispettare tale principio è la condizione essenziale per consentire un fattivo ed equo accesso a quei beni essenziali e primari di cui ogni uomo ha bisogno e diritto.

     

    Conclusione

    10. La fraternità ha bisogno di essere scoperta, amata, sperimentata, annunciata e testimoniata. Ma è solo l'amore donato da Dio che ci consente di accogliere e di vivere pienamente la fraternità.

    Il necessario realismo della politica e dell'economia non può ridursi ad un tecnicismo privo di idealità, che ignora la dimensione trascendente dell'uomo. Quando manca questa apertura a Dio, ogni attività umana diventa più povera e le persone vengono ridotte a oggetti da sfruttare. Solo se accettano di muoversi nell'ampio spazio assicurato da questa apertura a Colui che ama ogni uomo e ogni donna, la politica e l'economia riusciranno a strutturarsi sulla base di un autentico spirito di carità fraterna e potranno essere strumento efficace di sviluppo umano integrale e di pace.

    Noi cristiani crediamo che nella Chiesa siamo membra gli uni degli altri, tutti reciprocamente necessari, perché ad ognuno di noi è stata data una grazia secondo la misura del dono di Cristo, per l'utilità comune (cfr Ef 4,7.25; 1 Cor 12,7). Cristo è venuto nel mondo per portarci la grazia divina, cioè la possibilità di partecipare alla sua vita. Ciò comporta tessere una relazionalità fraterna, improntata alla reciprocità, al perdono, al dono totale di sé, secondo l'ampiezza e la profondità dell'amore di Dio, offerto all'umanità da Colui che, crocifisso e risorto, attira tutti a sé: «Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35). È questa la buona novella che richiede ad ognuno un passo in più, un esercizio perenne di empatia, di ascolto della sofferenza e della speranza dell'altro, anche del più lontano da me, incamminandosi sulla strada esigente di quell'amore che sa donarsi e spendersi con gratuità per il bene di ogni fratello e sorella.

    Cristo abbraccia tutto l'uomo e vuole che nessuno si perda. «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17). Lo fa senza opprimere, senza costringere nessuno ad aprirgli le porte del suo cuore e della sua mente. «Chi fra voi è il più grande diventi come il più piccolo e chi governa diventi come quello che serve» – dice Gesù Cristo – «io sono in mezzo a voi come uno che serve» (Lc 22,26-27). Ogni attività deve essere, allora, contrassegnata da un atteggiamento di servizio alle persone, specialmente quelle più lontane e sconosciute. Il servizio è l'anima di quella fraternità che edifica la pace.

    Maria, la Madre di Gesù, ci aiuti a comprendere e a vivere tutti i giorni la fraternità che sgorga dal cuore del suo Figlio, per portare pace ad ogni uomo su questa nostra amata terra.

    libro animato

  • riaprono lupetti

    I LUPETTI sono ragazzi di 8-11 anni che si riuniscono in unità denominate Branchi, in cui si propone al Lupetto di vivere gioiosamente nello spirito della cristiana letizia, facendo del proprio meglio, in volontaria e cosciente obbedienza, in franca sincerità e fraterna bontà, per essere degno dei fratelli più grandi cui si unirà un giorno.

    I Lupetti apprendono, secondo lo spirito del loro protettore San Francesco d'Assisi, che il Creato è opera grande e buona e ne canta, attraverso tutti gli esseri, la gloria.

    Il Lupettismo identifica le caratteristiche personali di ogni ragazzo, per poi soddisfarne le esigenze attraverso il gioco, la vita all'aperto, la gioia; suscita l'interesse, creando per lui l'ambiente fantasioso e sfruttando il suo desiderio di compiacere l'adulto e la sua buona volontà, stimola il suo amor proprio, portandolo a vincere spontaneamente i suoi difetti e a conquistare determinate capacità ed abitudini.

    volpe scoutIl nome "Lupetto "è conseguente alla storia fantasiosa che viene vissuta e giocata nel Branco che si rifà al "Libro della Giungla "di R. Kipling nella interpretazione educativa che ne ha dato il fondatore dello scoutismo.

    Per il bambino il gioco è vita: insegnandogli a giocar bene, gli insegneremo a vivere bene (la vita del Branco è dunque un "gioco"; ma attenzione: dobbiamo fare tutto "col gioco" ma niente "per gioco"!).

    Per informazioni rivolgersi ai capi scout la Domenica dalle ore 10.00 alle 13.00 presso la sede in Via Nicotera


  • logo strada facendo anno di fede



    NON TEMERE

    Dal Vangelo secondo Matteo (1,18-24)

    maria incintaCosì fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.

    Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

    Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa "Dio con noi".

    Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.


    il parroco

    Carissimi, è il Natale di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come a Betlemme ai pastori, così, oggi, a noi risuona la lieta notizia: "Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo; oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore".

    "Strada facendo" è lieta di dare voce ad Annunziata Visaggio, nella sua bella ed entusiasmante esperienza della maternità, vissuta con tremore e stupore, come Maria. Le esprimiamo gratitudine e rivolgiamo auguri di gioia ad ogni mamma che dona la vita perché, in ogni figlio che nasce, risplende il volto di Gesù.

    BUON NATALE!

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    MATERNITA'

    maternitaL'arrivo del Natale non può eludere una riflessione, anche minima, da pare di chi ha vissuto da poco, come me, l'esperienza della maternità. Non starò qui a spalmare melassa sul tema della maternità; piuttosto parlerò della mia esperienza di donna che ad un certo punto ha vissuto lo smarrimento di sentire la responsabilità di una nuova vita che cresceva dentro di se, mentre lei stessa stava cambiando per sempre. Parlerò dell'emozione di sentire quel battito, sia pure filtrato dallo schermo di un monitor, che poi dopo alcuni mesi è diventato un sussulto nel mio grembo, che si faceva strada, sempre più prepotente, schiacciandomi a volte tanto da farmi mancare il fiato. Infine dirò di quel sentimento che ho provato vedendo per la prima volta la mia creatura, quella parte di me che tanto avevo immaginato e che ora aveva finalmente un volto: amore puro, superiore, eterno e indiscusso contro l'effimero soffio di qualunque altra passione. Il paradigma materno è un valore universale, in quanto non storico e non culturale; il figlio, l'oggetto amato, diviene lo specchio in cui la madre ritrova se stessa. Il figlio e la madre infatti costituiscono i due estremi di una originaria unità, sono figure complementari. Al momento della nascita, nell'atto stesso dell'espulsione dal grembo, la madre vive una sorta di frattura che la allontana dall'essere con cui era tutt'uno, ma ciò è necessario perché l'individuo si affermi, perché si affacci una nuova vita, anche se con il grembo egli perpetuerà la conservazione di una intima e viscerale unione. L'amore per il proprio figlio segna per la donna un'opportunità di riscatto, in quanto la costringe a mettersi in penombra, in secondo piano rispetto a lui che diviene il centro catalizzatore di tutte le sue energie vitali. Tutto questo però non rappresenta un sacrificio per la mamma che ama, al contrario ella si dedica al piccolo con estrema gioia. Questo sentimento, unito allo stupore che accompagna ogni fase della crescita del piccolo, i progressi quotidiani, i sorrisi che lui le regala sono parte integrante di una esperienza straordinaria, quale è la maternità. La donna che ha generato un bambino subisce una profonda metamorfosi, non è più per se stessa, ma dentro di se recupera il desiderio e la gioia di vivere un quotidiano fatto di piccole cose, tra mille difficoltà, solo per ricevere in cambio il sorriso di suo figlio, quel piccolo essere che è stato dentro di lei, che in lei si è nutrito e ha trovato rifugio.

    E' stata sicuramente anche l'esperienza di Maria. La vediamo così nel presepe, con le mani incrociate sul petto, gli occhi bassi, sempre rivolti a suo figlio Gesù, e sul volto uno stupore beato che sembra quasi sussurrare, in silenzio, il suo pensiero d'amore.

    Annunziata Visaggio


    libro animato

  • In 176 quest'anno al "Michele dell'Aquila" di San Ferdinando di Puglia

    A NATALE PUOI... FARE UN PO' DI SOLIDARIETÀ!

    5ª edizione del pranzo della solidarietà: il ricavato per il progetto Socio-Sanitario del Congo


    pranzosol01"Il nostro stare insieme è più di dover condividere un pranzo, ma è condividere una parte della nostra vita con le altre persone: Persone che hanno bisogno del nostro calore umano!". Con queste parole, padre Luigi Piccolo ha inaugurato ufficialmente il 5°Pranzo della solidarietà di San Ferdinando di Puglia. Il ricavato di quest'anno andrà in beneficienza al fine di realizzare un ambulatorio in un villaggio del Congo.

    pranzosol02I volontari della nostra parrocchia "Beata Vergine Maria del SS. Rosario" e dell'associazione EsseGiElle, anche quest'anno sono riusciti nella realizzazione di questo evento che, ormai giunto alla 5a edizione, acquisisce sempre più consensi sia da parte dei più giovani che dei meno giovani. Tutti accomunati dal desiderio di trascorrere una domenica diversa del comune, all'insegna dello stare insieme condividendo un pranzo con lo scopo di cercare di migliorare la qualità della vita delle popolazioni che non si trovano nelle nostre stesse condizioni di benessere.

    pranzosol03Quest'anno i partecipanti sono stati ben 176, tutti riuniti nell'atrio di piano terra della Scuola Superiore del nostro paese intitolata al prof. "Michele dell'Aquila". Una grande tavolata, quindi, accompagnata da momenti di ballo e divertimento.

    pranzosol04Una piccola scenetta realizzata dai ragazzi della parrocchia ha evidenziato uno dei grandi problemi della nostra società consumistica dei nostri giorni: spesso, infatti, si perdono di vista i veri ideali, per rincorrere il "dio denaro" alla ricerca di una falsa felicità; la felicità della mente, ben lontana dalla felicità del cuore e dell'animo. In chiusura dell'angolo teatrale: il karaoke della canzone "A Natale Puoi..." perché come si ripete sempre: "A Natale si è tutti più buoni" e si può dare di più.

    pranzosol05A fine di giornata, non poteva mancare una grande tombolata natalizia con tantissimi premi offerti da tutti i generosissimi esercenti e dalle aziende del nostro paese.

    pranzosol06Un buon risultato, quindi, con l'auspicio di continuare questa bellissima tradizione nei prossimi anni e raccogliere sempre più consensi da parte dei fedeli perché come dice un detto popolare: "Più si è e più...si fa solidarietà".

    pranzosol07

  • eco della parola



    II Domenica di Avvento (2013)

    Immacolata Concezione


    Ci prepariamo al Natale per essere presi, non lasciati.

    Presi dalla sconcertante notizia di un Dio che si fa uomo, di un Dio che rischia tutto diventando un bambino. Fragile, inerme.

    Uomini e donne ci annunciano la venuta di Cristo nella gloria, mentre a noi è dato di accoglierlo nella storia personale di ciascuno.

    Isaia, immenso profeta, sogna un mondo in cui il Messia riporta l'armonia che abbiamo perso per strada.

    Paolo, alla fine del suo percorso di annunciatore, scrive ai cristiani di Roma invitandoli a tenere viva la speranza a partire dalla consolazione che deriva dall'ascolto delle Scritture, messaggio di Dio inviato a noi.

    Certo: la Storia è al di sopra e al di là della nostra capacità di comprensione. Ma nel cammino verso la pienezza, la Parola e la Profezia ci aiutano a conservare la speranza, nell'attesa che venga il Signore della gloria.

    Quest'anno la Solennità di Maria Immacolata e la seconda domenica di Avvento coincidono: queale migliore occasione per riflettere su ciò che è l'attesa del Messia insieme a colei prima tra i credenti lo ha atteso e d amato. Solo Maria può davvero dirci che cosa significa Avvento.

    Ma chi è Maria?

    Maria la bella, la ragazzina quattordicenne di Nazareth ci insegna a dimorare nella fede, giorno per giorno. Maria ci suggerisce di essere pronti, perché Dio viene quando meno te lo aspetti, anche nel nascondimento di un paesino come Nazareth.

    E per nascere in noi Cristo, il Figlio di del Dio vivente, chiede accoglienza, disponibilità, un cuore trasparente e puro come quello di una Vergine. Un cuore che sappia riconoscere gli angeli e le tante annunciazioni che riceviamo quotidianamente. Maria diventa la porta che permette a Dio di entrare nella storia. Maria, la porta del cielo. Se lo facciamo fare, se, come lei, spalanchiamo il nostro cuore, anche noi diventiamo strumento nelle mani del Dio che incessantemente è in cerca dell'uomo, è in cerca di noi.

    Ma Maria non è la donna fuori dall'ordinario, quella che la devozione popolare ci mostra, un'immagine di inarrivabile perfezione e bellezza da risultare distante: " cos'ha a che vedere con le mie fragilità, i miei problemi questa donna fuori dall'ordinario?" Maria può diventare per paradosso quasi un ostacolo nel cammino di fede. E invece NO!

    Bisogna, trovare il coraggio di tornare al Vangelo, di ripercorrere l'esperienza di Maria così come ci viene proposta dai Vangeli, andare all'origine e alla causa dell'amore nei confronti di questa acerba adolescente di Nazareth. Maria emerge dai racconti di Luca e degli altri evangelisti come una ragazza di grande equilibrio, con un'esperienza di vita che assomiglia alla nostra.

    Mi chiedo: quanto è durato questo incontro tra l'angelo e Maria? L'evangelista Luca ce lo racconta in modo breve ed essenziale, come deve essere un racconto scritto o la sceneggiatura di un film, dove i dialoghi e gli incontri hanno breve durata ma il significato è affidato ai simboli e alla capacità di coglierli del lettore.

    Dicevamo, domenica scorsa, della necessità di svegliarci, del grosso rischio che corriamo di vivere un po' 'addormentati', fuori dalla vera vita; tutti indaffarati a trovare degli spazi per riposarci, dimenticando l'essenziale.

    Anche Maria, giovane credente, ha il suo tran-tran famigliare: lavoro (che per l'epoca era casalingo), amicizie, tempo libero... Ed in questo contesto avviene l'inaudito. A Maria viene chiesto di diventare la porta d'ingresso di Dio nel mondo. Sembra facile, no? E se fosse successo a noi, se Dio ci avesse detto: 'Senti, conto su di te per salvare il mondo', cosa avremmo risposto?

    Mi domando ancora, quanto tempo sarà passato tra le parole di Gabriele e il "si" di Maria pronunciato alla fine?

    Quello che l'angelo chiede a Maria non è per nulla facile e di immediata accoglienza. Pensare che Maria non abbia faticato a dare il suo assenso, la trasformerebbe in un essere davvero irreale e disumano. Quando l'evangelista accenna al suo turbamento iniziale e quando lei stessa mette davanti all'angelo la difficoltà di capire come si possa realizzare quello che le viene detto, in questo ci viene restituita una immagine davvero reale e umana di questa giovane donna.

    Anche lei davanti alla vita con i suoi imprevisti e difficoltà appare smarrita e dubbiosa, come accade ad ogni essere umano nel cammino di vita. E arrivare a dire "si" non è mai questione di 5 minuti, a volte ci vogliono anni o persino una vita intera.

    Maria tentenna, fatica: come è possibile tutto questo? Ma l'angelo le ricorda che non bisogna mettere ostacoli a Dio: lui sa quello che fa! E Maria crede; comprende che se si fida Dio la condurrà per mano e non le serve più sapere come avverrà, e cosa dovrà fare, tutto quanto farà lo farà per Dio e per il suo progetto d'amore per il mondo e l'uomo. Si resta attoniti, increduli, stupiti dalla semplicità di questa risposta: 'eccomi'. Non un sì generico, passivo ma Eccomi, sono qui, pronta ad agire. Quante conseguenze avrà questa disponibilità! Che razza di radicale cambiamento porterà questo 'sì ' a Maria!

    Problemi con la sua situazione famigliare, annunciare un gravidanza a 14 anni non sarà stato facile neanche per lei. Paura della gente che non era molto tenera nei confronti delle donne incinta prima del tempo. Terrore di perdere il suo fidanzato a cui chiederà di accettare Dio come concorrente in amore, come padre naturale del loro unico figlio.

    Problemi con questo bambino che dovrà essere continuamente guardato e protetto come un Mistero. Fuggire e vivere come una profuga.

    Problemi con questo figlio che divenuto Rabbì è tutto preso nell'annuncio e si dimenticherà della propria famiglia per aprirsi ad una famiglia più ampia, lasciandola sola e vedova.

    Sofferenza nel vedere questo figlio innocente, per il quale ha speso tutta la sua vita, condannato a morte.

    Maria non ha avuto miseria che non sia stata anche nostra eppure al contrario di noi si fida, nessuna esitazione, dal principio e per sempre lei crede nel Dio dell'impossibile. Sua cugina Elisabetta, a qualche settimana da quell'annuncio angelico, le dirà: 'Ma come hai fatto, Maria, a credere a una cosa del genere?'

    Sì, leggiamo il Vangelo senza pregiudizi, con cuore puro, e chiediamoci anche noi allibiti: come hai fatto, Maria, a credere? Capiremo perché la Chiesa ha sempre additato la madre come la prima tra i credenti, la prima cristiana, la discepola per definizione, capiremo perché questa piccola adolescente, di cui sappiamo poco, è diventata il gigante della fede: con la sua audacia, Maria ha dato al mondo il Salvatore.

    Ecco un modo concreto di svegliarsi: fidarsi di Dio, mettersi a sua disposizione, accogliere il suo progetto (anche se folle)...Siamo disposti a fidarci di Dio? Oppure, ancora una volta, detteremo a Dio le nostre condizioni, gli spiegheremo cosa deve fare per esistere?

    Siamo seri! Siamo realisti! Maria è la donna concreta, che sa quanto Dio può abitare una vita. Mi viene da ripetere una delle citazioni più belle di un filosofo, Albert Camus: "Siate realisti. Chiedete l'impossibile". Dare spazio a Dio, è l'unica cosa che veramente ci può far acquistare uno sguardo di realismo sulle cose fatto di speranza che quel mondo fantastico che già Isaia ci proponeva la settimana scorsa è realizzabile se ciascuno di noi dice il suo si a Dio e non lo ritratta e va avanti e si fida.

    Due, quindi, sono gli atteggiamenti che la festa di oggi ci suggerisce: il primo è quello di acquistare consapevolezza del fatto che il Signore si manifesta nella quotidianità, non nella occasioni strepitose, particolari, eccezionali. Dio si manifesta nel vivere settimanale, nelle vicende piccole e grandi di tutti i giorni. E il secondo aspetto è quello della fede, della risposta che possiamo dare a questa chiamata. Pensateci un po': e se Maria si fosse detta 'Ho preso troppo sole, e adesso vedo gli angeli' o se prima di rispondere si fosse confrontata con un amico o fosse andata a fare buona visita neurologica? O se, più semplicemente avesse detto: 'Forse, Signore, ti sei sbagliato: non ho tempo, non sono capace, non me la sento? Non sono queste le nostre reazioni? I muri che innalziamo davanti alla proposta di grazia del Signore? E' lui che prende l'iniziativa, lui che vuole salvarci, lui che ci viene incontro, lui che fa grazia. Non chiudiamo il nostro cuore!

    Maria nel racconto del Vangelo dice "si" e scopre che "nulla è impossibile a Dio". Nella sua storia rivedo la storia di Chiara ed Enrico, e le storie di tanti che hanno percorso la strada del "si" a Dio, alla vita e all'amore. È la strada che possiamo fare anche noi, con i nostri tempi, con i nostri timori e dubbi.

    Chiara Corbella ed Enrico Petrillo sono due giovani sposi ventenni. Si sono conosciuti a Medjugorje e poi sposati nel 2008. La loro vita è quella di una giovane coppia cristiana, impegnata nella vita ecclesiale e affiatata. Ma la vita mette loro davanti scelte difficili e "si" quasi impossibili.

    Chiara ed Enrico devono scegliere per due volte se mettere al mondo oppure no un figlio che, secondo le diagnosi prima del parto, presenta grossissime malformazioni. Dicono di si, ma entrambe le gravidanze finiscono con la morte dei nascituri.

    La terza gravidanza rivela invece che il bambino, Francesco, è sano. Ma purtroppo la mamma, durante questa ultima gravidanza, scopre un tumore che la attacca in modo forte e devastante. Ed ecco ancora il "si" di Chiara e anche del marito Enrico, a portare avanti la gravidanza nonostante questo comporti la non-cura del tumore fino alla nascita del bambino.

    Francesco nasce, ma Chiara purtroppo dopo qualche tempo (12 giugno 2012) muore perché il tumore è troppo avanzato per una possibile cura. Il funerale di Chiara diventa la sua consacrazione finale a Dio, insieme a quella di suo marito con il quale ha preso queste decisioni così importanti e difficili. Chiara dice " la grazia che chiediamo è proprio questa, la grazia di vivere la grazia" ed aggiunge "Se il Signore ha permesso questo per me vuol dire che questa è la cosa migliore per me e per tutti quelli che mi stanno accanto" e mentre muore consola i suoi dicendo "state sereni, io sono contenta, contenta." Chiara ha scelto di garantire la vita di Francesco prima di dare la sua, non ha rinunciato alla sua ma ha detto "ho un figlio lo devo tutelare perché lui non c'entra niente con gli altri problemi", poi ha fatto tutto il possibile, documentandosi, consultando altri medici, per guarire, e quando non c'è riuscita l'ha accettata senza forzare la mano di Dio pretendendo il miracolo.

    Più forte della paura era la fiducia in un Signore che l'ha accompagnata che benediceva la sua storia e che c'era. Chiara muore felice! E allora uno si domanda ma come si può morire felici!

    Piccoli passi possibili ogni giorno in cui dire sì a Dio questo è il segreto dell'Avvento. Il segreto di far nascere Dio in noi, di accoglierlo e generarlo al mondo partendo da noi. Bisogna solo fidarsi di Dio. Come farlo quando si vivono certi drammi? Ponendosi tre domande di cui solo la terza fornisce la risposta: Perché? Come? Per chi vivere? Chiara ha sempre pensato che la sua storia fosse benedetta, che la grazia ci fosse sempre. Non bisogna avere paura della vita. Per essere felici non bisogna scappare, siamo già nel posto giusto e quello che ci accade può essere sempre un'opportunità, una grazia quindi per fare della nostra vita la gloria di Dio. Come ha sintetizzato Enrico: "Chiara è un chicco di grano che muore in una terra che chiamerei Padre e porta tanto frutto"!!!

    Non è stato certo questione di 5 minuti dire "eccomi..." come Maria, davanti a così tante chiamate ad essere testimoni di fede. Penso che Chiara e Enrico hanno testimoniato che dire di "si" a Dio non è impossibile e non toglie spazio alla vita, quella vera, che va anche oltre la morte e che rende il mondo un luogo di amore.

    La storia di Chiara Corbella Petrillo e di suo marito Enrico con Francesco richiama altre storie passate (pensiamo alla beata Gianna Beretta Molla) e anche attuali e vicine a noi, storie che mostrano come la storia di Maria e la sua chiamata a far vincere la vita e la vita con Dio, anche quando sembra impossibile, non è solo un racconto letterario.

    Che Maria, prima tra i discepoli, ci insegni ancora una volta a fidarci del Dio dell'impossibile.

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  • eco della parola



    I Domenica di Avvento (2013)

    Buon Anno!
    Proprio così, buon anno!
    Diamo inizio a un nuovo anno con Dio!

    Oggi si apre infatti l'anno liturgico, e nuovamente e per intero possiamo fare nostra l'esperienza del Creato che ha atteso ed invocato Dio per secoli fino a che Lui - per noi uomini e per la nostra salvezza - è sceso sulla terra, si è fatto uomo, è morto ed è risorto lasciandoci con la promessa che di nuovo tornerà per dare compimento, compiutezza, perfezione assoluta a quella felicità piena e duratura che è già nostra ma che spesso ci sfugge.

    Ci sfugge, presi come Marta da mille preoccupazioni, o come il giovane ricco dai tanti nostri progetti - e sottolineo nostri progetti; gravati dalle angosce del quotidiano, o come il figliol prodigo presi dalla ricerca di una ebbrezza galvanizzante, dallo voglia di sballo, da una sorta di scossa elettrica che dica "è bello vivere" salvo magari lasciarci in corto, come un motore andato in massa, dopo l'ebbrezza del momento.

    Talvolta è invece il pessimismo a prendere il sopravvento, quella vocina che dice ma "chi me lo fa fare", "ma non ne vale la pena, meglio lasciar perdere", bivaccare, vivacchiare e intanto scordiamo quel lascito, quella eredità deposta da Dio in ciascuno di noi: mia immagine, mia somiglianza, mia creatura, Figlio mio, mia vera gioia! Se ascoltassimo questo martellante messaggio di Dio sapremmo di essere parte di un progetto che porta dritto alla felicità senza fine.

    Vi è un'unica la condizione: far nascere in me Gesù, non ridurlo alla statuina che metterò nel presepe e magari mentre celebro il suo giorno Natale, la sua nascita, il suo compleanno ecco sono io a ricevere regali!

    Il solo pensiero che il compleanno sia suo e che i suoi doni siano per me, dovrebbe bastare ad accoglierlo con gioia in me e chiedergli ogni momento come fare per vivere come lui, e sfidare il tempo, il male, persino la morte, pur di spendere la vita per vivere per sempre con amore e per amore. Per amare.

    Celebrare l'Avvento ogni anno vuol dire avere l'opportunità di fare sul serio, di vivere sul serio il Natale con quella fecondità e disponibilità di Maria che sa dire "Magari quello che dici avvenga! Non vedo l'ora di entrare in gioco per questo progetto meraviglioso" e ogni momento della sua vita lo trascorre con Gesù!

    Forse questo avvento ci servirà a comprendere qual è l'orizzonte entro cui ci stagliamo, se è quello contingente dei tempi di Noè, in cui prendere moglie e marito, gioire e soffrire la vita di tutti i giorni lasciandoci travolgere da essa oppure se realmente nel cuore ci stiamo lasciando traghettare da Cristo verso quella Gerusalemme celeste che Lui ci ha ottenuto e promesso.

    Tra la nascita di Cristo e la venuta definitiva ci sta il Suo avvento in me e questo è meno scontato e più incerto perchè mi chiede quella attenzione, quella prontezza, quello sguardo rivolto oltre a cui questo tempo ci invita.

    Ecco il grido dell'amico-fratello-salvatore:

    "Tenetevi pronti" dice Gesù ad ogni singolo uomo. Lo dice a me che leggo questo Vangelo e che lo prego con altri in Chiesa. E attraverso di me cristiano Gesù lo dice a tanti che non lo conoscono. Non è una minaccia quella che Gesù pronuncia oggi. La venuta del Figlio dell'uomo, così come è detto nella pagina dell'evangelista Matteo, non è definibile nei tempi e nei modi, ma è certa.

    Non importa sapere quando e come Dio si ripresenterà nella storia, ma è importante sapere che la storia non gira a vuoto e senza senso. Stiamo attenti dunque, e non lasciamoci piegare dal pessimismo e dal senso dell'abbandono o dalla golosa ricerca di piaceri istantanei da fast-food.

    La profezia di Isaia ci presenta questa domenica un mondo ideale, quasi fin troppo bello. E' il mondo che Dio ha in mente, un luogo dove gli uomini di tutte le genti:

    "...spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri,delle loro lance faranno falci;
    una nazione non alzerà più la spada
    contro un'altra nazione,
    non impareranno più l'arte della guerra..." (Isaia 2,1-5)

    Questo mondo non è un falso ideale. E' possibile: Gesù con la sua venuta nella storia, ha inaugurato questo mondo! Noi viviamo nel tempo della sua realizzazione, anche se non sembra, anche se la guerre e le violenze umane sembrano distruggere quell'ideale.

    Stiamo attenti e pronti!

    E facciamo coraggio a chiunque incontriamo.

    "Attenti! Sembra dirci oggi e magari domani e domani l'altro il Signore come rivolto al suo esercito speciale di cui facciamo parte. Come gli scout dovremmo ripeterci spesso: "Estote parati!" appunto "siate pronti" perchè verrà il tempo futuro nel quale Dio, nel suo abbraccio eterno ci dirà con voce di Padre: "riposati in me, dimora in me come io in te. Pace"

    Già oggi il Signore promette:

    "Alzate il capo presto verrò e sarà festa!
    A casa mia, a casa nostra,
    con tutti i compagni di viaggio di ieri e di oggi,
    degli altari e degli scanni
    delle piazze e dei crocicchi."
    E allora, Maranathà! Signore vieni presto,
    non tardare
    perchè il cuore batte forte
    dal desiderio di felicità piena
    batte
    al pensiero del banchetto della gioia senza fine.
    Maranathà Signore!
    Rendi spediti i nostri piedi
    salde le ginocchia
    forti le mani per varcare
    le porte della santa Gerusalemme
    la casa della Gioia,
    la Tua, la nostra.
    Amen.

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  • albero con note


    Domenica 22 Dicembre 2013

    ore 20.30 concerto natalizio

    A. C. "strumenti e figure"

    GOSPEL ITALIAN SINGER

    Patrocinato dall'Amministrazione Comunale, Assessorato alle Politiche Culturali e Scolastiche

  • calendario

    Visita Pastorale del Parroco

    per incontrare le famiglie e consegnare il calendario

    "Strada Facendo 2014"

  • logo strada facendo anno di fede



    RALLEGRATEVI

    Dal Vangelo secondo Matteo (11,2-11)


    carcere giovanniIn quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

    Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: "Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via".

    In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».


    il parroco

    Nel "Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino". Così l'antifona con cui si apre la liturgia di questa terza domenica d'Avvento. Il motivo insistente alla gioia è dato dalla presenza ravvicinata del Signore. Questa gioia la troviamo nella risposta che Gesù dà ai discepoli di Giovanni: "I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risorgono". Una gioia grande soprattutto i più poveri, gli esclusi. Inizia, così, con Gesù un tempo nuovo, si rivela quale Messia atteso e annunciato dai profeti, non parla di se, ma parlano le opere, mostrando tenerezza e misericordia. I discepoli di Giovanni avevano chiesto: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". E Gesù dà voce alle opere, a quanto tutti possono vedere e toccare con mano. È vero, ancora oggi sono troppi i mali che imprigionano l'uomo, si spendono fiumi di parole ma poco è l'impegno concreto per risolverli. Papa Francesco nel "Vangelo della gioia" ci dice: "Perciò, se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita". La testimonianza dei missionari laici e credenti che, per grazia di Dio, non mancano, anche oggi ce ne da prova. E, "Beato colui che non trova in me motivi di scandalo!". La parola scandalo è in senso evangelico, il discepolo che vive in pienezza il Vangelo e quindi è capace di produrre frutti di salvezza come il suo Maestro. Questo è lo stile di Giovanni che Gesù mette in evidenza, anzi lo propone come esempio. "Chi siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?... Un uomo vestito con abiti di lusso?... Un profeta?... Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta". Poi allarga lo sguardo e lo dirige verso di noi: "il più piccolo del regno dei cieli è più grande di lui".

    Io, tu, noi siamo un "Giovanni" che vuol scoprire chi sia Gesù, facendosi domande di senso per scoprirne l'identità e poter sperimentare i benefici effetti di liberazione dalla cecità e sordità, dalla paralisi e morte nel cuore. Tornare alla vera gioia della vita!

    Il nostro grazie a Mara Binetti per il suo contributo al Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    NEL DUBBIO

    Il Vangelo mette in risalto il dubbio di Giovanni che in quel momento buio della sua vita quando è in carcere, la sua fede è in crisi, tanto che per mezzo dei discepoli manda a chiedere a Gesù se Lui è davvero il Messia. Gesù risponde: riferite a Giovanni quello che avete visto. Giovanni, il più grande tra i nati di donna, è stato inviato per prepararle strade del Signore che viene. Gesù sembra sentirsi tradito dal Suo amico più intimo, anche se la cosa è contraddittoria perché Giovanni è in carcere a causa della sua fedeltà alla Parola di Dio. Oggi come allora anche noi viviamo nel dubbio più assoluto, non siamo sicuri di niente nemmeno della nostra identità, siamo incerti e per questo dobbiamo approfondire la conoscenza su Gesù ponendoci gli interrogativi, tenendo gli occhi ben aperti per giudicare attraverso i segni che Lui stesso ci ha lasciato e così giungere alla vera fede.

    Mara Binetti

      


    riaprono lupetti

    I LUPETTI sono ragazzi di 8-11 anni che si riuniscono in unità denominate Branchi, in cui si propone al Lupetto di vivere gioiosamente nello spirito della cristiana letizia, facendo del proprio meglio, in volontaria e cosciente obbedienza, in franca sincerità e fraterna bontà, per essere degno dei fratelli più grandi cui si unirà un giorno.

    I Lupetti apprendono, secondo lo spirito del loro protettore San Francesco d'Assisi, che il Creato è opera grande e buona e ne canta, attraverso tutti gli esseri, la gloria.

    Il Lupettismo identifica le caratteristiche personali di ogni ragazzo, per poi soddisfarne le esigenze attraverso il gioco, la vita all'aperto, la gioia; suscita l'interesse, creando per lui l'ambiente fantasioso e sfruttando il suo desiderio di compiacere l'adulto e la sua buona volontà, stimola il suo amor proprio, portandolo a vincere spontaneamente i suoi difetti e a conquistare determinate capacità ed abitudini.

    volpe scoutIl nome "Lupetto "è conseguente alla storia fantasiosa che viene vissuta e giocata nel Branco che si rifà al "Libro della Giungla "di R. Kipling nella interpretazione educativa che ne ha dato il fondatore dello scoutismo.

    Per il bambino il gioco è vita: insegnandogli a giocar bene, gli insegneremo a vivere bene (la vita del Branco è dunque un "gioco"; ma attenzione: dobbiamo fare tutto "col gioco" ma niente "per gioco"!).

    Per informazioni rivolgersi ai capi scout la Domenica dalle ore 10.00 alle 13.00 presso la sede in Via Nicotera


    libro animato

  • 12 novembre 1933 - 12 novembre 2013: ottant'anni di dedicazione della Chiesa del Rosario, evento commemorativo, celebrativo e partecipato sia dall'intera comunità parrocchiale che cittadina, con una serie di iniziative spirituali e di fede.

    Le celebrazioni per la fausta ricorrenza si sono snodate in tre momenti contraddistinti e significativi:

    la Peregrinatio Mariae con l'effigie della Madonna del Rosario; la riscoperta della fede con i sacerdoti di San Ferdinando di Puglia; la commemorazione dell'evento del 1933.


    La Peregrinatio Mariae

    Per la prima volta l'effigie della Madonna del Rosario, che si venera nella parrocchia, dal 14 al 28 ottobre ha visitato in pellegrinaggio le altre comunità parrocchiali, sostando per una settimana, prima nella novella parrocchia del Sacro Cuore, poi nella chiesa matrice, per far ritorno nella sua "casa del Rosario", voluta e costruita, dopo appena un cinquantennio dalla fondazione del paese, dal sacerdote don Raffaele Lopez, con il soldo settimanale dei fedeli sanferdinandesi, in una zona periferica diventata poi un quartiere popolare. Proprio negli strati popolari la devozione alla Vergine Maria è stata sempre la più diffusa. La Peregrinatio, come ha più volte sottolineato padre Raffaele Tosto, ha rivestito un significato prettamente missionario, di conversione e di cambiamento dei cuori contro il dilagare del materialismo e di certa modernità. La Peregrinatio ha voluto racchiudere una sintesi di valori ecclesiali nella realtà in cui si opera, poiché non si può dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo. E' anche una fede da scoprire o riscoprire, specie in quelle famiglie in cui si è consumato un netto distacco dalla fede, da rifondare dopo i sacramenti dell'iniziazione cristiana, specie per coloro che vivono di fatto lontani dalla Chiesa. Una fede da sviluppare in quanto rimasta allo stadio della prima formazione cristiana.

    L'esperienza della Peregrinatio, specie nei trasferimenti dell'effigie da una parrocchia all'altra, ha evidenziato come Maria sia il modello di sequela e di slancio missionario ed esprime come la presenza della parrocchia nel territorio definisce e rafforza il senso dell'appartenenza ecclesiale.


    Riscoperta della fede con i sacerdoti di San Ferdinando

    Momento centrale per la preparazione alla commemorazione della dedicazione della chiesa è stata la "missione" dei sacerdoti sanferdinandesi tra i loro concittadini, con cinque pensieri sulla figura di Maria per la riscoperta della nostra fede, durante la concelebrazione eucaristica vespertina.

    La Lettera d'indizione dell'Anno della Fede aveva presentato il ruolo paradigmatico della Vergine nel percorso di rinnovata comprensione della fede. L'esercizio sapienziale dell'ascolto, attraverso il quale la fede, che è risposta obbediente a Dio, diviene anche strumento di lettura del proprio cammino e delle vicende nelle quali la Chiesa adempie la sua missione.

    I padri leonardini della parrocchia del Rosario hanno voluto inserire proprio il ruolo di Maria Vergine nel cammino di preparazione alla dedicazione della chiesa.

    Ad aprire il piccolo compendio mariologico, il 6 novembre, è stato padre Rosario Piazzolla, vicario generale OMD, che si è soffermato sulla meditazione "Eccomi sono la Serva del Signore". A padre Ignazio Miccolis, il 7 novembre, tracciare le linee della Madre di Dio come "Maria premurosa nella carità". " Dal grembo verginale di Maria, Cristo" è stata la meditazione di padre Michele Lopopolo. Don Mimmo Marrone, parroco della Chiesa matrice, si è intrattenuto su "Maria Immagine e Madre della Chiesa". Padre Tommaso Galasso, primo sacerdote sanferdinandese dell'Ordine della Madre di Dio, con alcuni ricordi di ragazzo prima e di giovane poi, ha tratteggiato "Maria Vergine fonte di luce e di vita".


    La dedicazione della chiesa nel 1933

    L'avvenimento della dedicazione è stato preceduto, il giorno 11 novembre, dal ricordo dell'affidamento della Chiesa del Rosario ai Chierici regolari della Madre di Dio, con la presenza di padre Francesco Petrillo, rettore generale OMD. Ultimata e consacrata la chiesa del Rosario mons. Raffaele Lopez desiderava affidarla alle cure di una comunità religiosa e furono presi i primi contatti con i chierici OMD che operavano in Candela. L'iter dell'affidamento alla comunità religiosa fu lungo e pieno di difficoltà ma mons. Lopez non potè vederlo realizzato, essendo venuto meno il 21 dicembre 1945.

    La Curia Generalizia dell'Ordine della Madre di Dio assicurava che avrebbe mandato i suoi religiosi nella Chiesa del Rosario. Gli accordi tra l'Ordine della Madre di Dio e la Curia Arcivescovile si intensificarono fino a quando quest'ultima, con decreto n. 1958-46 del 18 dicembre 1946 autorizzava i Chierici Regolari della Madre di Dio a prendere in custodia la Chiesa del Rosario.

    I Religiosi presero ufficialmente possesso della nuova Chiesa il 9 marzo 1947.

    In quella occasione all'ingresso del paese, sulla strada statale 16 per Bari, fu collocata una croce in ferro su un massiccio piedistallo a "Ricordo Sante Missioni tenute dai Chierici Regolari della Madre di Dio per la loro venuta (9 marzo 1947)". Il monumento fu fatto eseguire a cura e devozione della famiglia di Savino Ferreri.

    Nell'occasione dell'ottantesimo di dedicazione della chiesa, la Confraternita del Rosario ha provveduto a far restaurare il monumento che l'incuria e l'azione degli agenti atmosferici l' avevano degradato. Con un sapiente lavoro di restauro la croce della missione leonardina è stata riportata al suo originario splendore. A benedire il monumento commemorativo è stato padre Francesco Petrillo.

    Rifacciamo un passo indietro nella storia della chiesa del Rosario. Ci vollero ben 20 anni di duro lavoro, di sofferenze e di sacrifici, durante i quali, a mons. Raffaele Lopez, era balenata l'idea di mollare tutto!

    Si giungeva così, nel 1933 e con somma meraviglia degli stessi promotori, la chiesa poteva dirsi ultimata.

    Il 12 novembre 1933, tra la commozione generale di tutti i sanferdinandesi, raccolti per l'occasione nel tempio, S. E. mons. Giuseppe Maria Leo, arcivescovo di Trani, con una suggestiva cerimonia consacrava il Tempio alla Vergine Maria del Rosario. All'interno della Chiesa, a ricordo di quel memorabile giorno, veniva murata un'epigrafe: "Questo Tempio in onore della Beata Vergine del Rosario, costruito dalle fondamenta con offerte del popolo a cura del sacerdote Raffaele Lopez, Giuseppe Maria Leo, arcivescovo di Trani lo consacrò. 12 novembre 1933".

    Nel 1969, nell'adeguare l'altare alle nuove riforme conciliari, fu rinvenuta una piccola pergamena autografa dell'arcivescovo mons. Leo : "Giorno 12 novembre 1933 Io Giuseppe Maria Leo Arcivescovo ho consacrato la Chiesa e l'Altare in onore della Beata Vergine Maria del Santissimo Rosario, ed ho incluso in esso le reliquie dei Santi Martiri Mauro, Sergio e Pantaleone, concedendo a tutti i fedeli che visiteranno questa chiesa nel giorno anniversario della consacrazione, cento giorni di indulgenza da lucrare nella consueta forma stabilita dalla Chiesa. Giuseppe M. Leo Arch.".

    Con una solenne concelebrazione presieduta da mons. Giovan Battista Pichierri, arcivescovo di Trani, sono stati ricordati sia i simboli della consacrazione della chiesa e il loro significato. Alla concelebrazione erano stati invitati gli ex parroci della parrocchia, ma ha presenziato solo padre Innocenzo Santangelo, mentre, per la veneranda età, padre Carmelo Lilliu e, per l'improvvisa malattia, padre Bruno Dessì non hanno potuto presenziare all'avvenimento, mentre un buon numero di fedeli nati nell'anno 1933 facevano da cornice alla concelebrazione e con la curiosità che una parrocchiana era nata proprio il 12 novembre 1933.

    Nunzio Todisco


    Chiesa-del-Rosario1 Chiesa-del-Rosario2 Chiesa-del-Rosario3 Chiesa-del-Rosario4

  • concorso presepe2

    Dal 27 Dicembre un gruppo di catechisti e operatori parrocchiali, visiterà le famiglie per ammirare e fotografare i presepi

    Lunedì 6 Gennaio 2014, giorno dell'Epifania, dopo la Celebrazione Eucaristica, ci sarà la consegna a tutti i partecipanti di un diploma e un riconoscimento a quelli considerati più significativi.
    Le foto di tutti i presepi saranno pubblicate sul sito della Parrocchia:
    www.smrosario.org
  • logo strada facendo anno di fede



    PIENA DI GRAZIA

    Dal Vangelo secondo Luca (1,26-38)

    piena di graziaIn quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».

    A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

    Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».

    Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.


    il parroco

    Nel cammino dell'Avvento incontriamo diverse persone che ci accompagnano nell'andare incontro al Signore, tra queste ha un ruolo predominante, Maria. Oggi 8 dicembre La festeggiamo, Piena di grazia, Immacolata. La sua vita è comprensibile solo in riferimento a Gesù. Dobbiamo tornare alle origini, alla creazione, quando l'uomo con la sua disobbedienza si allontana, si nasconde, è cercato e non sa rispondere agli interrogativi: "Dove sei?" e "Che hai fatto?". La risposta di Adamo si fa incerta e paurosa: "Ho avuto paura...". Maria con il suo "Eccomi", non solo, non si non nasconde, ma si abbandona con fiducia, si fa "serva", si lascia prendere dallo Spirito ed in Lei si compie l'incarnazione di Gesù, diventa Madre. L'angelo la riconosce "piena di grazia", tutta bella, tutta santa. In Maria ritorna l'immagine originale dell'uomo creato senza colpa, nella sua bellezza. In Maria si anticipa la bellezza della Chiesa che nell'acqua e nello spirito rigenererà l'uomo alla vita di Figlio di Dio. Allora nella festa dell'Immacolata vediamo rispecchiata la bellezza di grazia di ciascuno di noi. La scelta che il Signore ha fatto di Maria, quale Madre del Redentore è diretta all'uomo, perché dopo la sbandata del peccato possa tornare alla pienezza dell'amore. In Maria c'è stato il primo incontro, momento, così forte e decisivo che l'amore l'ha abbracciata, anticipando quella grazia di salvezza in modo unico e totale: "Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te". Anche per ciascuno di noi si rinnova questo incontro d'amore. Che bello sapere che una creatura così bella, viene a visitarci comunicandoci questa pienezza di grazia e di gioia. A un dono così grande non rimane che lo stupore e il canto, prendendo in prestito da Lei, esperta nella lode: "L'anima mia magnifica il Signore, grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente".

    Un grazie di cuore a Lofoco Benedetta per le sue parole sul Vangelo.

    P. Raffaele Angelo Tosto(tostangelo@yahoo.it)



    NELLE MANI DI DIO

    Nella vita ci troviamo spesso a fare scelte e sperimentiamo quanto sia difficile e allora ci affidiamo a qualcuno per prendere la decisione giusta. Dio ha chiamato Maria e Lei non ha esitato un solo istante ad accettare la Sua volontà. Il Signore la lascia libera di decidere, avrebbe potuto rifiutarsi, ma la fiducia in Dio era tale e tanta che non c'era motivo di tirarsi indietro. Quando il Signore chiama, ha in serbo per noi sempre cose buone, anche se, non riusciamo a capirlo, almeno in un primo momento. Dio chiede a Maria di diventare Madre di Gesù, di allevarlo, dargli una famiglia, farlo crescere sano e robusto. Maria con il suo eccomi si mette nelle mani di Dio. Anche a noi viene chiesto di prenderci cura di un bambino. Sono tanti i bambini che oggi hanno bisogno di una mamma. Quante sofferenze, miserie e quanti bambini abbandonati! Se riscoprissimo la bontà dell'affido potremmo portare un mondo di amore, di tenerezza , nel cuore tanti bambini. Ma spesso crediamo che sia difficile, impossibile. A guardare Maria troviamo la forza, il coraggio di aprire il cuore per accogliere un bambino e vedere in lui, Gesù, Figlio di Dio.

    Lofoco Benedetta

      

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  • fate attenzione pregate

    "Fate attenzione, vegliate" (Mc13,33)

    Da Lunedì al Sabato: 6.45 Ufficio letture e lodi Mattutine

    16.00 Novena di Natale con i Bambini

    19.00 Novena di Natale

    Sabato:20.00 Primi Vespri della domenica.

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    FA RISPLENDERE IL TUO VOLTO E SAREMO SALVI

    Dal Vangelo secondo Luca (3,39-45)

    elisabetta mariaIn quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.

    Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.

    Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce:

    «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».


    il parroco

    Siamo alla Vigilia del Natale di Gesù, Figlio di Dio, che "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo". Ad accompagnarci a Betlemme sono due donne: Maria ed Elisabetta. Maria che "si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa" per prestare servizio alla parente Elisabetta e rivelare le meraviglie che il Signore ha compiuto in Lei, ed Elisabetta, anche essa stupita per una maternità, non solo inattesa, ma segno dell'agire di Dio nel preparare la via alla salvezza. La loro fede le rende protagoniste di annuncio pasquale ora dell'evento della Natività e poi, saranno altre donne nel mattino della Pasqua. Il loro cuore esulta di gioia e di benedizione per le meraviglie compiute. Anche noi siamo chiamati al gaudio della fede per le cose grandi che il Signore compie in noi.

    La visita pastorale alle famiglie con la benedizione e il dono del calendario, si sta rivelando grazia, e "Strada facendo" vuol suggerire lo stupore di una preghiera cara a Giovanni XXIII, il Papa del Concilio, da vivere davanti al presepio. Grazie a Matteo De Candia per la lettura del Vangelo.

    "Signore Gesù, dolce bambino di Betlemme, fa che possa accostarmi con tutta l'anima al profondo mistero del tuo Natale. Metti nel cuore degli uomini quella pace che essi cercano talvolta così faticosamente e che tu solo puoi dare. Unisci tutti nella carità e donaci la tua celeste pace. Amen".

    Santo Natale e Buon Anno 2013 da P. Raffaele Angelo Tosto, P. Luigi Murra e P. Luigi Piccolo con la benedizione di Gesù Bambino.



    I PASSI DI MARIA

    La quarta domenica di Avvento ci presenta la visita di Maria alla cugina Elisabetta. Maria, che custodisce nel suo cuore l'immenso dono di essere stata visitata dall'angelo, in fretta si mise in cammino e quanta strada per giungere alla casa! Ed ora si abbracciano, celebrano la gioia della Parola incarnata e, in punta di piedi, cantano. Anche il bambino sussultò nel grembo di Elisabetta. Una celebrazione piena di Spirito Santo che è giunta a noi per indicarci come credere superando dubbi, incertezze, resistenze. Portare questa fede nelle nostre famiglie senza farsi vincere dalle prove che la vita presenta: perdere il lavoro, debiti, mancanza di affetto, fatica a perdonare ed altro ancora. Se viene meno la fede quel bambino che doveva nascere dentro di me viene abortito. Maria della Visitazione è tutt'uno con il bambino, come la Chiesa è tutt'uno con il Signore e i cristiani devono essere tutt'uno con la Chiesa. I passi di Maria sono faticosi, ma sostenuti dalla fede portano alla gioia e all'esultanza, non si arrende mai, ma si consegna totalmente a Dio per realizzare il suo progetto. Nel nostro cammino di fede sappiamo riconoscere il progetto di Dio su di noi?

     Matteo De Candia



    NATALE: L'INIZIO DI UNA PRESENZA

    natale inizio presenzaLa nascita non è altro che l'inizio di una presenza. Nella nascita c'è già tutto. Ma nello stesso tempo non c'è ancora nulla, almeno dal punto di vista del risultato pratico. L'angelo che annuncia una grande gioia promette ai pastori un "segno": un bambino, circondato da cure affettuose. È poco, ma è anche tutto.

    Tutto comincia con una presenza. Un semplicissimo legame. Un segno minimo, ma potente. Il sì di Dio, fatto carne in Gesù, determina un'inversione della storia. Come un pulsante che fa esplodere una bomba. Come un semplice tasto, che accende la comunicazione. Le parole semplici, ma dense del prologo di Giovanni ci dicono che tutta la realtà, tutto ciò che vediamo, che sperimentiamo, che costruiamo, deriva da Dio, ha la sua origine in lui: «Tutto è stato fatto per mezzo di lui», perché tutto nasce dalla volontà di Dio di comunicarsi, di trasmettere il suo amore. «In lui era la vita» aggiunge, perché il semplice fatto di vivere è bello, è importante e dà gioia, ma egli ci dona un sovrappiù di vita, una vita in pienezza: "a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio". Se solo anche noi accettassimo di dire il nostro «Sì»! È lo stesso che dire «Credo, Amen, mi affido a te, Signore».

    Come il Verbo di Dio, fatto carne, comincia con l'essere un bambino, e noi siamo chiamati a contemplare la potente semplicità di quell'inizio; così anche la nostra fede comincia con l'essere, per così dire, bambina, piccola, limitata, anche se ha in sé la potenzialità di crescere. Come dire, oggi il nostro sì al Signore? Come potremo permettere alla nostra fede di ripartire? Potrebbe essere un gesto estremamente circoscritto, eppure potente, non di una forza nostra, ma della potenza di Dio. Potrebbe bastare una preghiera davanti al presepe; un abbraccio ai familiari, una preghiera questa sera, la confessione dopo tanti anni... o forse anche un saluto a chi avevamo lasciato perdere, il perdono a una persona che ci ha fatto un torto, e a cui torniamo a fare gli auguri... il più semplice degli assensi di fede a Dio, ci porta molto lontano: oltre il Natale, fino alla Pasqua. Se cominciamo davvero ad amare come Gesù ama, prima o poi ci sarà chiesto il dono della vita... Come ha fatto Gesù, che da un'obbedienza al Padre ad un'altra, arriva a morire e risorgere per manifestarci il suo perdono, per invitarci a perdonare e a lasciarci perdonare. Dalla semplicità dell'inizio siamo rimandati alla profondità della fine. Dal balbettare iniziale siamo passati a un grande discorso: ma la parola chiave è ancora il sì, il sì dell'amore. Gesù accetta di compiere la volontà del Padre, fino alla morte, e alla morte di croce. Fino alla risurrezione. Il bambino mostra già, in tutta la sua drammaticità, il percorso che porta alla croce e alla glorificazione.


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    RALLEGRATEVI, IL SIGNORE E' VICINO

    Dal Vangelo secondo Luca (3,10-18)

    il signore vicinoIn quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».

    Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».

    Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

    Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.


    il parroco

    E' tempo ormai di riprendere il cammino! Ed anche se, sostenuto ancora dal bastone, mi auguro per pochi giorni, sto muovendo i primi passi per portare nelle famiglie, nella gioia del Natale del Signore, la sua benedizione di pace, di salute e di ogni bene consegnando il calendario 2013, che "Strada facendo" ha realizzato, fissando nei giorni volti e immagini di particolare memoria. Spero di poter raggiungere ogni famiglia.

    Siamo nella terza domenica di Avvento segnata ancora dalla figura poliedrica di Giovanni Battista. La sua voce, pur gridata "nel deserto" raggiunge le folle, pubblicani e perfino i soldati che si sentono toccati dal suo richiamo a conversione, entrano in crisi, e domandano: " che cosa dobbiamo fare?" Ad ognuno la risposta concreta e personale. Ecco l'effetto della Parola, se accolta nella verità, porta a farsi domande serie, alla conversione. Allora anche noi che ascoltiamo la Parola ci dobbiamo chiedere: "Che cosa dobbiamo fare?" Forse dovrò aprirmi all'amore del prossimo, ad essere giusto, a riscoprire la sobrietà. Porsi domande vere e serie è già un primo passo per la conversione. Perché non provarci?

    Seguiamo quanto Leonardo De Lillo ci suggerisce sul Vangelo. A lui il nostro grazie.

    P. Raffaele Angelo Tosto


    MAESTRO, CHE DOBBIAMO FARE?

    Ci avviciniamo sempre di più al Santo Natale, ancora una volta il Signore Gesù viene ad abitare in mezzo a noi, nei nostri cuori, sempre che noi siamo disposti ad accoglierlo. Ecco dunque il bisogno di qualcuno che ci indichi la via, nella sapienza dello Spirito.

    Giovanni Battista, che il Signore aveva mandato a preparare l'avvento del Messia, ci invita con chiarezza a cambiare stile di vita.

    Rispondendo alla domanda su cosa fare, che gli viene posta dalla gente, dai pubblicani e dai soldati, Giovanni ci rende partecipi che non si può amare Dio e meritare la sua amicizia, se non si è disposti a condividere i propri beni e la propria vita con chi ne ha bisogno; a praticare la giustizia e l'onestà senza mai abusare della propria posizione.

    Osannato dalle folle, Giovanni si schernisce dandoci esempio di umiltà e parlandoci di Colui che viene dopo di lui e che era già prima di lui, il Quale battezzerà in fuoco e Spirito Santo liberando totalmente l'uomo dal suo male e praticando il giudizio inesorabile alla fine del tempo.

    Siamo tutti bisognosi di trovare finalmente la Via, la Verità e la Vita: Gesù Cristo gioia vera e pace duratura, ma prima occorre preparare la nostra grotta per ospitarlo. Siamo disposti a farlo?

    Il Signore ci benedica e ci aiuti nei nostri propositi.

     Leonardo De Lillo



    AVVENTO: LA GIOIA DI UN AGIRE ACCESSIBILE

    gioia agire accessibileDal Catechismo della Chiesa cattolica: [1723] La beatitudine promessa ci pone di fronte alle scelte morali decisive. Essa ci invita a purificare il nostro cuore dai suoi istinti cattivi e a cercare l'amore di Dio al di sopra di tutto. Ci insegna che la vera felicità non si trova né nella ricchezza o nel benessere, né nella gloria umana o nel potere, né in alcuna attività umana, per quanto utile possa essere, come le scienze, le tecniche e le arti, né in alcuna creatura, ma in Dio solo, sorgente di ogni bene e di ogni amore: La ricchezza è la grande divinità del presente; alla ricchezza la moltitudine, tutta la massa degli uomini, tributa un omaggio istintivo. Per gli uomini il metro della felicità è la fortuna, e la fortuna è il metro dell'onorabilità... Tutto ciò deriva dalla convinzione che in forza della ricchezza tutto è possibile. La ricchezza è quindi uno degli idoli del nostro tempo, e un altro idolo è la notorietà... La notorietà, il fatto di essere conosciuti e di far parlare di sé nel mondo (ciò che si potrebbe chiamare fame da stampa), ha finito per essere considerata un bene in sé stessa, un bene sommo, un oggetto, anch'essa, di vera venerazione (John Henry Newman).

    [1724] Il Decalogo, il Discorso della Montagna e la catechesi apostolica ci descrivono le vie che conducono al Regno dei cieli. Noi ci impegniamo in esse passo passo, mediante azioni quotidiane, sostenuti dalla grazia dello Spirito Santo. Fecondati dalla Parola di Cristo, lentamente portiamo frutti nella Chiesa per la gloria di Dio(cf. Mt 13,3-23).

    Se guardiamo solo all'efficacia delle nostre azioni, le scopriamo drammaticamente limitate. Verifichiamo ogni giorno una sproporzione drammatica tra ciò che possiamo fare e il peso dell'ingiustizia nel mondo. Le parole del Battista invitano a semplici gesti di onestà e condivisione che trovano il loro senso non tanto in un risultato visibile a livello mediatico e sociale, quanto piuttosto nella consapevolezza di agire bene di fronte a Dio. L'agire buono è prezioso per se stesso, agli occhi di Dio, al di fuori del suo risultato sociale. Ma quando un agire buono e fiducioso è condiviso ed esteso, allora davvero anche per la società può avere riflessi positivi.

    Vorremmo ora soffermarci su un pericolo: vale a dire, il rifiuto del limite in quanto tale. O meglio: si rifiuta e si allontana dalla mente e dall'esperienza tutto ciò che fa percepire il limite. E ci si trastulla, al contrario, in tutte quelle esperienze che danno l'illusione di poter superare la finitezza della creaturalità.

    Indubbiamente ogni nostro tentativo di compiere il bene ci conduce a riscoprire i confini della nostra condizione: un genitore vorrebbe il meglio per i propri figli, ma non può sottrarli alle contraddizioni del mondo; chi aiuta i poveri, i malati, si ritroverà sempre una bocca in più da sfamare, un problema che risulta incurabile: più si avanza sulla via della carità, più ci si ritrova come i discepoli di fronte alla folla, prima della moltiplicazione dei pani: "cinque pani e due pesci: che cosa è questo per tanta gente?". Se si guarda solo al risultato pratico del nostro agire, diventa forte la tentazione di abbandonare il campo, di abbandonare la sfida, per non andare incontro ad una sicura sconfitta.

    Il valore più grande è dato da ciò che non si vede e da ciò che non si organizza: Dio non dimentica neppure un bicchiere d'acqua, dato nel suo nome.

    Passim da: www.chiesacattolica.it

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  • Pascucci1Martedì 11 dicembre 2012 alle ore 12.00 mentre risuonavano i rintocchi dell'Angelus nella Clinica M. D. Barbantini di Lucca, è morto P. Vittorio Pascucci sacerdote professo dell'Ordine della Madre di Dio, Rettore della Casa Madre di Lucca, già Vicario generale e storico dell'Ordine. Dopo alcuni mesi di malattia, le forze di P. Vittorio si sono arrese all'abbraccio materno di Maria Madre di Dio contemplata nel mistero della Casa di Nazareth nella quale il Verbo si è fatto carne. In questa "Casa" che ha servito e raccontato, trovi oggi la sua dimora insieme a San Giovanni Leonardi di cui nella vita, è stato luminoso interprete e promotore con gli scritti e con la fedeltà all'Ordine.

    I funerali sono stati celebrati Giovedì 13 dicembre alle ore 15.30 dall'Arcivescovo di Lucca Mons. Italo Castellani nella Chiesa di Santa Maria Corteolandini in Lucca.

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    IL SIGNORE VERRA' A SALVARCI

    Dal Vangelo secondo Luca (3,1-6)

    preparate via signoreNell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.

    Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:

    «Voce di uno che grida nel deserto:

    Preparate la via del Signore,

    raddrizzate i suoi sentieri!

    Ogni burrone sarà riempito,

    ogni monte e ogni colle sarà abbassato;

    le vie tortuose diverranno diritte

    e quelle impervie, spianate.

    Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».


    il parroco

    Eccomi a casa!

    Che bello ritrovare volti e luoghi nella loro concretezza, il pensiero e il cuore non li ha mai dimenticati in questi lunghi giorni di assenza, ma entrare in Chiesa, in casa e rivedersi uniti intorno all'altare sotto lo sguardo di Maria, la tutta bella, la piena di grazia è non solo gioia umana, ma comunione che "strada facendo" deve crescere nel percorso pastorale.

    E' la seconda domenica di Avvento e "la parola di Dio venne su Giovanni nel deserto" è quanto deve avvenire su ciascuno di noi. Luca descrive tempi e uomini di potere politico e religioso, ma la Parola trova la strada del deserto per farsi sentire. E' lo stile di Dio che sceglie l'impensabile per l'uomo ed è capace di parlare perfino nel deserto e farlo... fiorire! Ma a quali condizioni? Eccole: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri, ogni burrone riempito, monte abbassato, vie tortuose diverranno diritte" che dire? Ce n'è per tutti! Incominciamo a far deserto, il resto lo farà la forza della Parola come in Giovanni.

    Intanto seguiamo Roberto Riondino, che ci accompagna nella lettura del Vangelo, esprimendogli il nostro grazie.

    P. Raffaele Angelo Tosto



    FARE DESERTO

    Nei primi versetti del capitolo terzo del suo vangelo, Luca inquadra la figura di Giovanni il Battista come profeta e precursore del Messia.

    Giovanni, figlio di Zaccaria, semplice ed umile servitore del Tempio, verrà da questo momento annoverato tra i grandi profeti dell'Antico Testamento, come segno e annunciatore della venuta della salvezza di Dio. Ed è proprio dal deserto, luogo prediletto da Dio per incontrare il suo Popolo, per stringere alleanze e per parlare ai suoi profeti, che Giovanni denuncia e ricorda l'identità religiosa del suo popolo: il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe è fedele al suo legame e mantiene le sue promesse di salvezza. Malgrado le paure che ispira, il deserto è, nella memoria religiosa del popolo di Israele, il luogo di riunione, dove Dio ha parlato al cuore del suo popolo, il luogo dove Dio è stato più che mai il pastore del suo gregge. Ed ora convoca di nuovo i suoi nel deserto, per annunciare loro l'arrivo del Messia. Bisogna solo rispondere a questa chiamata. I tempi sono compiuti ed il Regno si avvicina: bisogna convertirsi, farsi perdonare i peccati e prepararsi alla venuta del Messia. E' questo ciò che Giovanni "grida" nel deserto, e grida di "fare deserto"! Riempire ogni burrone con opere di misericordia, abbassare ogni colle di invidia, ogni monte di intolleranza, raddrizzare le vie tortuose della nostra vita, spianare le vie impervie dei nostri rapporti interpersonali: solo così il nostro cuore vedrà la salvezza di Dio. Egli si aspetta sempre da noi un minimo di collaborazione ed esige un battesimo di conversione, la purificazione dai peccati, e lo sforzo di superare gli ostacoli che gli impediscono di vedere l'alba della salvezza.

    Prepariamoci, quindi, il Messia sta per arrivare.

     Roberto Riondino



    AVVENTO: CREDERE NELLA POSSIBILITA' DI CAMBIARE

    credere possibilita cambiareDal Catechismo della Chiesa cattolica: [1427] Gesù chiama alla conversione. Questo appello è una componente essenziale dell'annuncio del Regno: «Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è ormai vicino: convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Nella predicazione della Chiesa questo invito si rivolge dapprima a quanti non conoscono ancora Cristo e il suo Vangelo. Il Battesimo è quindi il luogo principale della prima e fondamentale conversione. È mediante la fede nella Buona Novella e mediante il Battesimo che si rinuncia al male e si acquista la salvezza, cioè la remissione di tutti i peccati e il dono della vita nuova.

    [1428] Ora, l'appello di Cristo alla conversione continua a risuonare nella vita dei cristiani. Questa seconda conversione è un impegno continuo per tutta la Chiesa che «comprende nel suo seno i peccatori» e che, «santa insieme e sempre bisognosa di purificazione si applica alla penitenza e al suo rinnovamento». Questo sforzo di conversione non è soltanto opera umana. È il dinamismo del «cuore contrito» (Sal 51,9) attirato e mosso dalla grazia a rispondere all'amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo.

    Credere è anche aver fiducia nella possibilità di cambiare. Credere nel Dio di Gesù Cristo è aver fiducia che lui stesso ci trasforma, e agisce nel nostro cuore e nel cuore dei fratelli. Credere è aver fiducia di poter cambiare insieme, talvolta può essere condividere la pazienza di Dio, che attende anche il peccatore, che dà nuove possibilità a chi si indurisce nei suoi errori, colui che risana chi sembrava perduto.

    Se il cambiamento dipendesse soltanto dalle risorse umane, da un calcolo delle possibilità e dei fattori, il risultato sarebbe la disperazione.

    Nella storia noi crediamo che non intervengano solo i fattori economici e sociali: anche la potenza di Dio è in azione, a partire dalla coscienza di ognuno, a partire dalle comunità che credono in lui.

    Certamente, i tempi sono molto lenti. I risultati non sono così eclatanti. I mercati finanziari, con i loro ritmi forsennati di scambio, con la loro pretesa di un ritorno immediato, non hanno più tempo di aspettare la crescita dei figli, la pazienza della responsabilità, la fatica di costruire giorno per giorno. Ma sono queste cose ad essere sbagliate, o la pretesa dei mercati finanziari? Noi crediamo che nella fatica e nella pazienza di crescere giorno per giorno stia uno dei segreti della vera gioia. Noi crediamo nella bellezza di attendere la crescita dei fratelli, anche quando è faticosa, anche quando procede a salti, perché noi per primi ci sentiamo perdonati da Dio, e ricordiamo quanto lui ha dovuto aspettarci; noi crediamo nella gioia di crescere insieme, costruendo una vera comunità, fondata sull'amore di Dio. E mentre lo crediamo, ci rendiamo conto di quanto siamo distanti, e di quanto ancora abbiamo bisogno di essere trasformati: e continuiamo a camminare...

    da: www.chiesacattolica.it

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    FUGA PER LA SALVEZZA

    vegliate pregandoDal Vangelo secondo Luca (21, 25-28.34-36)

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.

    Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.

    Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.

    State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».


    .

    il parroco

    Qui Acquaviva delle Fonti. La quarantena, dei giorni della riabilitazione sta volgendo al termine. Per la festa dell'Immacolata sarò a casa, anche se ho bisogno del sostegno del bastone per tornare alla piena normalità. Un'esperienza di fragilità che mi ha avvicinato a tanti ammalati e spero che mi abbia reso più umile e più sapiente, anche questo è grazia e dalla sosta obbligata, possa nascere un entusiasmo maggiore per il ministero pastorale. Ancora un grazie a tutti gli operatori sanitari che mi hanno curato con scienza e coscienza e a tutti voi che mi avete accompagnato con l'affetto e la preghiera, vi ho sentito tutti vicini. Grazie!

    Ed ora con la prima domenica di Avvento apriamoci ad incontrare il Signore Gesù che il vangelo di Luca ci offre invitandoci ad alzare la testa mettendoci davanti gli ultimi eventi drammatici. "Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte." La paura prende il cuore dell'uomo che "si appesantisce in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno vi piombi improvviso." Alla paura si deve opporre la vigilanza e la preghiera, "vegliate in ogni momento pregando". Una merce rara in ogni tempo e, forse, ancora più rara nei giorni dell'Avvento che ci accompagnano al mistero della Natività di Gesù. Proviamo a non subire le seduzioni che facilmente addormentano il cuore, vigilando e pregando.

    Un grazie a Michele Scarcelli per il vangelo di questa domenica.

    P. Raffaele Angelo Tosto



    ATTESA, VEGLIA E PREGHIERA

    Con la prima Domenica di Avvento iniziamo un nuovo Anno Liturgico in cui l'Evangelista Luca ci accompagnerà e ci guiderà a percorrere il nostro cammino di Fede.

    La Chiesa, come ogni anno, coglie l'occasione di questo tempo forte e ci invita a fermarci ed interrogarci sul nostro essere cristiani per far nascere in noi un comportamento quotidiano fatto di attesa, veglia e preghiera. Infatti la liturgia nelle sue letture ci introduce nel clima più vero del Natale: un clima che deve essere si di attesa, ma anche di impegno, di vigilanza e di speranza.

    Sono immagini apocalittiche quelle che incontriamo nel vangelo di oggi, ma sono anche un messaggio di consolazione e speranza. Ci dicono che non stiamo andando verso un vuoto e un silenzio eterni, ma verso l'incontro con Colui che ci ha creati e ci ama.

    La nostra attesa pertanto non deve essere un lasciar passare il tempo. Gesù ci dice anche come devono comportarsi i suoi discepoli per non essere colti di sorpresa: "Vegliate e pregate in ogni momento".

    Perché non approfittare di questi giorni per riprendere un quotidiano ritmo di preghiera dedicando più tempo all'ascolto della Parola di Dio, dedicando tempo alla nostra riflessione e alla carità verso i fratelli più deboli e soli!

    Il Natale deve essere per noi soprattutto recupero di un modo di vivere da cristiani impegnati nella preghiera e nella vigilanza, solo così possiamo essere pronti a rispondere alla chiamata del Signore quando verrà alla fine dei tempi.

     Michele Scarcelli



    AVVENTO... APRIRE LA PORTA A CRISTO

    avvento portaLa liturgia chiama "avvento" sia l'attesa della nascita storica di Gesù, sia il compimento" nella storia della sua missione.

    Ecco la porta che di domenica in domenica si aprirà sul mistero della natività, per rinnovare, come credenti la nostra fede e vivere evangelicamente il tempo dell'attesa.

    Ma perché attendiamo?

    Attendiamo per far sì che un frammento del progetto di vita di Gesù germogli e si incarni nel territorio delle nostre comunità, nella nostra storia, che è storia di salvezza. E la salvezza passa attraverso l'adesione allo stile di vita di Gesù, ai suoi valori e progetti, con il solo aiuto del suo Spirito.

    Cosa attendiamo?

    Non una generica attesa del ritorno di Cristo, quanto piuttosto l'attesa della trasformazione della storia. Gesù, che ha dato inizio alla comunità messianica - che ha come desiderio che venga il Regno di Dio - assicura i suoi che tale trasformazione viene, ma non in modo automatico e non senza la compromissione dei credenti. Viene nella misura in cui ogni comunità, dopo la sua morte, rimane attenta alla sua predicazione. Ritorno quindi inteso come momento di compimento. Siamo chiamati a desiderare che in ogni tempo giunga il compimento dell'invocazione "Venga il tuo regno!" (Mt 6,10). Allora preghiamo: "Signore vieni! Venga il tuo regno!", infatti, come ci insegna la liturgia, Colui che viene è già venuto, ciò che deve compiersi è la regalità definitiva di Dio.

    Siamo chiamati a desiderare l'avvento delle opere messianiche di Gesù.

    Ne deriva un compito, una coscienza e una pratica missionaria di vera e profonda umanizzazione: comprendere nel nostro tempo, nella nostra cultura, i germogli, i segni della presenza salvifica e liberante di Dio (GS 11 e 4) attraverso l'esercizio di lettura dei segni dei tempi.

    L'espressione "segno dei tempi" è stata utilizzata da Gesù per indicare il valore salvifico delle sue azioni e dei suoi segni perché fossero appunto segni per i tempi, in modo che i discepoli fossero preparati a riconoscere il futuro di Dio anche dopo la sua ascensione al cielo.

    Nella prospettiva teologica, segni dei tempi sono tutte le manifestazioni di Cristo risorto nella storia. Sono azioni, fatti, scelte, movimenti che rendono presente qualcosa di importante della prassi messianica di Gesù (prassi del regno) in ogni tempo e in questo modo anticipano la venuta finale.

    La comunità cristiana è chiamata a comprendere attraverso quali scelte i segni dei tempi inaugurati da Gesù di Nazareth si rendono presenti nel nostro tempo. Tutto ciò che attualizza la prassi messianica di Cristo aiuta l'avvento del regno di Dio.

    Segno dei tempi è espressione dell'agire di Dio nella storia. Segni dei tempi sono eventi che contribuiscono a cambiare la storia come ad esempio costruire se stesso come punto di riferimento per gli altri (come educatore) oppure, si può guardare alla coppia come una possibilità "santificata" perché può far venire nell'oggi il Regno di Dio (costruire una società più giusta...). La relazione di coppia come strumento dell'agire di Dio.

    Il programma è: cambiare se stessi per promuovere il cambiamento dell'altro.

    Viviamo allora questo tempo di attesa cercando di far nascere o crescere un germoglio, un frammento della prassi messianica inaugurata da Gesù.

    libro animato

  • Anche nella nostra Parrocchia continua la tradizione dei presepi...

    Il presepe è di circa 20 mq. realizzato su più livelli, la parte sottostante è costituita dalle grotte dei pastori, la parte sovrastante da un paesaggio montano, in cui vengono rappresentate scene di vita quotidiana.

    Il presepe è stato realizzato con i seguenti materiali:

    sughero, legno, das, polistirolo e tutto quello che la natura mette a disposizione, piante, pietre, sabbia e acqua.

    Tutto rigorosamente costruito a mano e artigianalmente dalla nostra famiglia, dalle case ai vasi, dalla frutta ai cestini, dal banco del pesce al pane, dai sandali alle fontane, oggetti che arricchiscono il presepe.

    Si compone di alcuni diorami oltre alla natività quali: l'annunciazione, l'annuncio dell'angelo ai pastori, la fuga in Egitto, l'accampamento dei Re Magi, il tutto accompagnato da effetti luce e narrazione della profezia della venuta del Salvatore, dell'annunciazione e della nascita.

     

    Pietro Piazzolla e Lucia Arnese

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